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Italia si astiene all’Onu, opposizioni ‘grave errore’

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E’ arrivata nella notte – dall’ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante permanente all’Onu – la notizia dell’astensione dell’Italia sulla risoluzione Onu per una tregua umanitaria a Gaza con la sospensione dei combattimenti. “Manca la condanna inequivocabile degli attacchi di Hamas a Israele, manca il riconoscimento del diritto di difendersi di ogni Stato sotto attacco, in questo caso Israele, e non si menziona la richiesta del rilascio immediato e incondizionato degli ostaggi del 7 ottobre”, spiega subito il diplomatico. “Era la più equilibrata tra le posizioni possibili, per evitare una escalation” difende oggi la scelta da Acqualagna la premier Giorgia Meloni. “Non era accettabile, perché non c’era la condanna esplicita di Hamas”, rincara la dose il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani. Ma il vento della disapprovazione delle opposizioni già soffiava forte su questa decisione dell’Italia, che Elly Schlein ha giudicato un “errore” e Giuseppe Conte una scelta “pilatesca”.

Di “errore grave” e “clamoroso” parlano anche Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli, Laura Boldrini e Maurizio Landini, leader della Cgil. La premier rivendica la decisione e sottolinea che “non a caso è stata la posizione della gran parte dei Paesi del Consiglio europeo, dei Paesi europei e di quelli del G7”. Tajani rimarca invece che non è stato un voto contrario: “ci siamo astenuti perché non era in linea con la visione del governo”. Da FdI, il deputato Giangiacomo Calovini, capogruppo in commissione Esteri alla Camera, fa notare che la stessa decisione è stata presa dal Regno Unito ma anche dalla Germania “che ha un governo socialista”. Hanno detto sì 120 membri dell’Assemblea generale dell’Onu, 14 hanno votato no e 45 si sono astenuti.

La presidente del Consiglio ha poi assicurato che con gli altri leader si cerca di mantenere posizioni “unite e quindi forti”, “questo non è accaduto ieri nell’assemblea dell’Onu, ma è accaduto al Consiglio europeo, dove c’è stata una discussione molto lunga che alla fine ci ha portato a un testo condiviso”. Meloni ha poi sottolineato quanto sia importante “dare dei segnali che intanto offrano a tutti una traccia su cui lavorare anche nei contatti con i Paesi terzi e rafforzino la nostra possibilità di giocare un ruolo grazie a unità e compattezza”. All’attacco le opposizioni. Per la segretaria dem Elly Schlein “hanno fatto bene Francia, Spagna, Portogallo a votare a favore”. “Chiamatela tregua, chiamatelo cessate il fuoco umanitario, chiamatela pausa umanitaria, basta che si fermi questa strage di civili”, ha implorato. Il presidente del M5s Giuseppe Conte è duro e sostiene che quella “accampata da Meloni” sarebbe “una scusa”. Ma soprattutto, secondo Conte, per raggiungere la pace servono “schiena dritta e coraggio, non la debolezza e la codardia di un Governo che con una decisione pilatesca dimostra di considerare la sofferenza dei civili un drammatico ma inevitabile ‘effetto collaterale’ della guerra”. Ma per il governo italiano la cosa più importante ora è lavorare per una de-escalation.

Molto importante a tale fine sarebbe per la premier avere delle novità che riguardano gli ostaggi: “speriamo ci possano essere, a un certo punto pareva ci fossero”. E’ “un lavoro certosino, che conduciamo con grande responsabilità ed equilibrio anche rispetto al nostro ruolo nel consiglio europeo e all’Onu”. E sugli aiuti umanitari a Gaza, la premier ha assicurato di essere in costante contatto con il ministro per la difesa Guido Crosetto e “con gli alleati”. “Abbiamo un pattugliatore multidimensione che è pronto a raggiungere le acque di fronte a Gaza per portare aiuti umanitari. E abbiamo altre due fregate e una nave anfibia se servissero anche ospedali da campo”, ha spiegato, con il pensiero rivolto a “civili inermi che non hanno responsabilità” e decisa a “mantenere il più possibile un equilibrio che non ci impedisca di parlare con tutti gli attori in campo, con Israele, con i Paesi arabi e islamici della regione come stiamo continuando a fare”

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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