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Italia da leggenda, ai Giochi Olimpici di Tokyo già 38 medaglie: e non è finita ancora

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Italia Paese di santi, navigatori e atleti. La versione aggiornata di un vecchio luogo comune trova il suo compimento nella piu’ bella giornata dello sport azzurro in generale, e dell’atletica in particolare. L’Italia celebra in un colpo solo il primato di medaglie in un’Olimpiade (38, staccate nettamente le nazionali di Los Angeles ’32 e Roma ’60), i cinque ori nell’atletica e soprattutto, quello che appare siderale, il dominio assoluto nella velocita’ mondiale.

La 4X100 azzurra infatti bissa il successo di Jacobs nei 100 con una prestazione che e’ un tripudio di integrazione, amicizia e riscatto. Due neri e due bianchi trascinano tutto il Paese a una gioia pari a quella delle imprese della nazionale di calcio. Una felicita’ quasi incredula, ma giustificata oltre che dalla prestazione leggendaria da come si configura il successo: con quattro staffettisti-moschettieri che corrono l’uno per l’altro dandosi il testimone, metafora in questo caso di affidamento e fiducia. E a chiudere la scena di Grande Bellezza sportiva, in ultima frazione, c’e’ Filippo Tortu, fino a questa mattina il volto triste dell’atletica italiana: fuori dalla finale dei 100, oscurato dal lampo di Jacobs, un pulcino bagnato apparentemente destinato a un rapido declino agonistico. E invece, fulmineo e omerico, il riscatto: una frazione da guerriero lucido.

Sembrava Valery Borzov, l’azzurro, mentre correndo rotondo come mai riprendeva l’avversario inglese Mitchell-Blake per superarlo sul traguardo. Un centesimo separa i due alla fine. Un piccolo passo per un atleta, un grande balzo per lo sport italiano che oggi celebra anche gli ori di Antonella Palmisano e Luigi Busa’ a ribadire una tradizione, quella della marcia, e una grande novita’, quella di un’arte marziale come il karate. La Bella estate dello sport italiano, cominciata con la prima volta di un azzurro alla finale di Wimbledon, Berrettini, proseguita con il successo agli europei di calcio, dunque sembra non finire piu’: con queste medaglie che si inseguono, una tira l’altro, e portano la spedizione a Tokyo al settimo posto in classifica. Dieci ori, dieci argenti e 18 bronzi: al momento Germania e Francia sono dietro.

“E’ la migliore Olimpiade azzurra di sempre” rivendica giustamente Giovanni Malago’, presidente del Coni. E aggiunge “e’ dedicata agli italiani che hanno sofferto tanto in questi due anni per il Covid”. Giusta considerazione, e forse c’e’ un fondo di verita’ anche nel fatto che certe prestazioni siano figlie delle difficolta’ vissute in questo periodo: nei momenti piu’ difficili, gli italiani danno il meglio e fanno miracoli. Persino quello di diventare gli uomini piu’ veloci al mondo, e in un momento storico in cui di poesia ce n’e’ poca, trasformarsi in un vecchio detto da poeti in atleti.

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Bremer e McKennie: senza segnare è difficile vincere partite

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“Un peccato non aver vinto la partita, abbiamo dominato ma se non fai gol è difficile. Ma siamo sulla strada giusta e dobbiamo continuare così”. Così Gleison Bremer commenta ai microfoni di Dazn il pareggio per 0-0 contro il Napoli. “Stiamo iniziando un percorso, dobbiamo continuare ad ascoltare il mister. Oggi abbiamo fatto possesso palla, ma è mancato l’ultimo passaggio”, ha aggiunto il difensore brasiliano. Sulla stessa lunghezza d’onda Westo McKennie, secondo cui “è difficile vincere senza segnare, con Koopmeiners abbiamo provato a farci vedere di più in avanti”. Sulla sostituzione di Vlahovic, l’americano ha detto: “Dusan è un attaccante e che vive per il gol, ogni partita lui dà sempre il massimo e sono sicuro che il gol arriverà. Ma tutta la squadra deve metterlo in condizione di segnare”.

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Juventus e Napoli, è pari senza gol allo Stadium

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E’ finita con un pareggio senza reti l’attesa sfida della quinta giornata all’Allianz Stadium di Torino tra la Juventus di Thiago Motta e il Napoli dell’ex Antonio Conte. Terzo 0-0 di fila per i bianconeri che hanno il merito di aver mantenuto ancora una volta la porta inviolata. Quarto risultato utile di fila per gli azzurri che, grazie a una gara in cui sono stati a lunghi tratti asserragliati in difesa, invece sono rimasti una lunghezza davanti ai bianconeri. Prima del fischio d’inizio, la Juventus ha celebrato il suo ex portiere Szczesny con una targa e una maglia ricordo per le 252 presenze.

Settore ospiti con poche presenze, vista la decisione del Prefetto di Torino di impedire ai tifosi ospiti la trasferta a Torino per precedenti scontri tra i supporters campani e quelli del Cagliari. Nonostante la successiva sospensione decretata del Tar del Piemonte poiché gli scontri erano avvenute tra “tifoserie contendenti diverse”, all’Allianz Stadium si sono presentati in pochi esponendo uno striscione sul quale era scritta la parola “vergogna”. In campo, invece, primo tempo molto equilibrato e avaro di emozioni, partita chiusa a lunghi tratti e pochissime occasioni degne di nota.

Le più pericolose di marca partenopea, la prima al 29′ figlia di una conclusione rasoterra dalla distanza di McTominay respinta da Di Gregorio e la seconda in pieno recupero con il portiere juventino ancora attento a deviare in corner una punizione insidiosa dalla destra di Politano sulla quale Lukaku aveva coperto la visuale del numero 29 bianconero. Al 10′ della ripresa ancora Politano pericoloso con una conclusione col mancino finita di poco alta sopra la traversa. Per vedere la prima (e ultima) vera conclusione della Juventus sono invece passati 26 minuti dall’inizio del secondo tempo: da un’incursione per vie centrali di Cambiaso la palla è finita sui piedi di Koopmeiners la cui conclusione a giro con il destro è finita fuori misura.

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La prima Roma di Juric: è la mia grande occasione

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Allenatore della Roma da poco più di 72 ore e un silenzio attorno a lui che fa rumore. Ivan Juric si presenta da solo alla vigilia dell’esordio sulla panchina giallorossa contro l’Udinese. I Friedkin, infatti, non sono più nemmeno a Trigoria, hanno lasciato la capitale dopo un blitz nato e concluso per esonerare Daniele De Rossi, mentre il resto della dirigenza resta in silenzio come negli ultimi otto mesi. Dunque nessun’eccezione, nemmeno per le prime parole del nuovo allenatore che ricorda da solo il proprio curriculum: “Alleno da 14 anni, di cui gli ultimi otto in Serie A e a buon livello, ma la Roma è la squadra più forte che mi è capitata. Per me è una grandissima occasione, con un club così non pensi al contratto, devi solo dimostrare di essere capace”. Una missione non certo semplice e non tanto per il valore della rosa che definisce “ottimo”, quanto per il clima creatosi intorno alla squadra dopo la cacciata di De Rossi.

Domani è prevista una forte contestazione all’Olimpico con i gruppi organizzati che entreranno dopo mezz’ora e poi continueranno a protestare contro giocatori e proprietà. Contestazione preannunciata in questi giorni con striscioni contro la proprietà e l’amministratore delegato, Lina Souloukou (“Ddr il mare di Roma… Lina il male di Roma” la scritta esposta dai tifosi): per questo la ceo giallorossa è stata sottoposta a ‘misure di tutela’. All’Ad della società non è stata assegnata una scorta vera e propria: le valutazioni verranno fatte nei prossimi giorni in sede di Comitato per l’ordine e la sicurezza in prefettura. Ecco allora che a difendere la Roma ci prova Juric, prima elogiando il lavoro fatto dal suo predecessore e poi mettendosi a scudo dei suoi nuovi calciatori. “Il lavoro di Daniele non è tutto da buttare – ha spiegato – Ci sono tanti spunti da prendere e ai quali poi aggiungere alcune mie caratteristiche, come l’aggressività. Ma questa è una squadra che ha dimostrato di poter scendere in campo in un certo modo e di potersela giocare con chiunque”.

Per la sua Roma “servirà tempo”, ma dopo esser subentrato di problemi non ne ha riscontrati. “E’ una squadra che ha dato tutto per De Rossi, non c’erano problemi all’interno. Purtroppo gli allenatori pagano i risultati”, le parole di un tecnico che vorrebbe concentrarsi solo sull’Udinese e invece è costretto a occuparsi anche di tanto altro per cercare di mantenere a galla una nave che nell’ultima settimana ha rischiato di affondare. Sugli obiettivi non si nasconde: “La proprietà è stata molto chiara, ha chiesto risultati e sviluppo dei giocatori, alzando il livello della rosa, poi dobbiamo arrivare in Champions e rimanerci”. Più facile a dirsi che a farsi, soprattutto quando all’esordio affronti un Udinese che “sta over perfomando”, sempre parole di Juric.

Per contrastare i friulani pensa al 3-4-2-1 e non esclude la possibilità di far giocare insieme Dybala e Soulé dietro Dovbyk. In squadra, inoltre, potrebbe rivedersi anche Zalewki, finito fuori rosa per volere della proprietà, ma la cui situazione “sta rientrando” ha spiegato l’allenatore croato, sottolineando come Nicola sarebbe “un elemento valido per lo sviluppo della stagione”. Ma alla fine solo i risultati possono allontanare tensioni e polemiche dell’ultimo periodo. Lo sa bene Juric che già con l’Udinese non può sbagliare.

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