Collegati con noi

Economia

Ita-Lufthansa, date risposte ad Ue, nessuna proroga

Pubblicato

del

O la va o la spacca: il ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato in commissione Antitrust le risposte agli ultimi rilievi sollevati dall’organismo europeo sulla fusione Ita-Lufthansa. E non ci sono richieste di rinvio della decisione da parte dello stesso organismo guidato da Margrethe Vestager, che resta fissata al 4 luglio. Il colosso tedesco punta ad acquisire dall’azionista Mef una quota del 41% di Ita Airways attraverso un aumento di capitale di 325 milioni di euro, per poi salire in una seconda fase al 100%. Mentre è in fase di conclusione lo schema per la cessione degli slot nello scalo di Milano-Linate, il nodo più complicato da sciogliere per il via libera al matrimonio tra le due compagnie resta quello sulle rotte a lungo raggio, verso il nord America.

Le condizioni dell’Antitrust Ue su questo sono chiare: la newco e la compagnia tedesca devono restare rivali. In quest’ottica la proposta di congelare per due o tre anni l’ingresso di Ita nella joint venture transoceanica di Lufthansa formata con United Airlines e Air Canada, non convince Bruxelles. Ma secondo quanto trapela, nell’ultimo pacchetto sarebbero stati inclusi degli incentivi per le compagnie concorrenti proprio sulle rotte verso gli Usa. Sull’intricata vicenda fanno sentire la propria voce anche i sindacati italiani di Ita: Filt Cgil, Uiltrasporti, Fit-Cisl, Anpac, Ugl Ta e quelli di Lufthansa, preoccupati per le sorti dei lavoratori. In una lettera congiunta, hanno scritto alla Commissaria Vestager chiedendole di “ascoltare le voci dei dipendenti”.

Nella missiva le organizzazioni sindacali sottolineano di “essere disponibili al dialogo in ogni momento” e ribadiscono il loro “pieno sostegno” all’operazione di aggregazione tra le due compagnie, anche nell’ottica di fronteggiare la “concorrenza sleale”, proveniente da fuori l’Europa. “O creiamo un settore aereo forte e resistente entro i confini di una Europa liberale e democratica o il nostro mercato sarà conquistato da Paesi autoritari e non democratici”, avvertono i sindacati, sottolineando che ciò comporterà “la perdita di posti di lavoro, perdita di entrate fiscali e la perdita di una connettività indipendente”. Intanto proprio i sindacati sono stati convocati, su loro richiesta, da Ita Airways per un incontro il prossimo 11 giugno alle 14.30.

Advertisement

Economia

Tim tratta in esclusiva col Mef su Sparkle

Pubblicato

del

La vendita di Sparkle non solo porta nelle casse di Tim altri 700 milioni di euro ma risolverebbe una ‘anomalia’ nella struttura del gruppo che ormai si è dato un’impronta da ‘società di servizi’. Non è da escludere poi che la società dei cavi internazionali possa confluire nella rete unica a cui punta il Mef che, se realizzata entro il 2026, sbloccherebbe quei 2,5 miliardi di ‘earn out’ legati alla cessione di Netco a Kkr. La Borsa, dove il titolo ha fatto un altro piccolo passo avanti (+2% a 0,26 euro) e gli analisti leggono l’operazione come positiva e si aspettano che Tim accetti la proposta del Mef e, con una quota di minoranza, del fondo spagnolo Asterion, attraverso la controllata Retelit.

E Tim non perde tempo. Il cda, dopo meno di 24 ore, si riunisce, esamina la proposta e dà mandato all’amministratore delegato, Pietro Labriola, di avviare interlocuzioni con gli offerenti, in via esclusiva, finalizzate ad approfondire i profili economici e finanziari dell’operazione e a ottenere la presentazione – entro il 30 novembre – di un’offerta vincolante secondo i migliori termini e condizioni.

L’offerta che c’è ora in campo, rispetto alla precedente di 625 milioni di euro più 125 milioni di euro di earn-out, è qualitativamente migliorativa perché i 700 milioni offerti dal Mef e da Asterion sarebbero ‘tutti subito’. “Gli 0,7 miliardi di euro di liquidità in entrata si aggiungerebbero agli 0,24 miliardi proventi dalla vendita di Inwit – ricordano gli analisti di Mediobanca – con un ulteriore taglio di 1 miliardo di euro alla posizione debitoria di Tim, portando il rapporto di leva finanziaria (ebitda/debito) ben al di sotto di 2 volte”.

Equita e Intermonte hanno invece colto le recenti dichiarazioni del direttore generale del Mef Marcello Sala a un convegno che ha espressamente indicato l’obiettivo del governo di avere “un’unica società nel Paese per la fibra ottica”. “Riteniamo che il governo italiano sia estremamente interessato a evitare un default di Open Fiber anche per il rischio di perdere 1,8 miliardi di euro di fondi Pnrr se il progetto Italia a 1Giga non sarà completato entro giugno 2026” scrivono gli analisti.

Continua a leggere

Economia

Zuckerberg batte Bezos, è il secondo più ricco al mondo

Pubblicato

del

Mark Zuckerberg supera Jeff Bezos e diventa il secondo uomo più ricco al mondo alle spalle di Elon Musk. Zuckerberg vale 210,7 miliardi di dollari contro i 209,2 di Bezos. Musk ha una fortuna di 262,8 miliardi. E’ quanto emerge dal Bloomberg Billionaires Index.

Continua a leggere

Economia

Salvo l’uso di ‘bistecca’ e ‘salsiccia’ per prodotti veg

Pubblicato

del

In Francia e in Unione Europea l’uso di nomi tipicamente associati alla carne per i prodotti a base vegetale è salvo: i cibi a base di proteine vegetali potranno continuare a chiamarsi ‘salsicce’, ‘bistecche’ o ‘hamburger’ e nessuno Stato membro può impedirlo. Lo ha messo nero su bianco la Corte di Giustizia dell’Ue accogliendo, in forma di sentenza, l’istanza di quattro organizzazioni francesi attive nel settore dei prodotti vegetali e vegani (l’Association Protéines France, l’Union vegetarienne européenne, l’Association végétérienne de France e la società Beyond Meat Inc.) che hanno contestato al governo di Parigi un decreto che vietava l’uso di termini come ‘bistecca’ o ‘salsiccia’ per indicare prodotti a base vegetale.

Un decreto pensato, secondo Parigi, per tutelare la trasparenza delle informazioni sui cibi, ma finito prima sul tavolo del Consiglio di Stato francese, e poi direttamente alla Corte di Lussemburgo. Per i giudici comunitari le norme sull’etichettatura alimentare tutelano già “sufficientemente i consumatori”, anche in questi casi. Dunque, uno Stato membro “non può impedire con un divieto generale ed astratto” ai produttori di alimenti a base di proteine vegetali di adempiere all’obbligo di indicare la denominazione di questi alimenti con “denominazioni usuali” o “descrittive”. A meno che il Paese non abbia adottato una “denominazione legale” per indicarli e purché le modalità di vendita o di promozione di quel prodotto non siano fuorvianti per i consumatori, inducendoli all’errore.

La Corte dell’Ue parla alla Francia, ma in realtà parla a tutta Europa, dove l’uso di termini associati a cibi contenenti proteine animali a quelli vegetali è sempre più dibattuto, soprattutto per via della diffusione di questi ultimi sul mercato europeo. Le prime divisioni a Bruxelles sono emerse nel 2020, quando nel quadro dei negoziati sulla Politica agricola comune (Pac) al Parlamento europeo di Strasburgo ci fu il tentativo di inserire nella revisione delle norme una serie di emendamenti per eliminare l’uso delle denominazioni di carne per i prodotti a base vegetale. Ma il blitz fallì e il blocco di emendamenti al regolamento sull’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli fu respinto. Il dibattito è rimasto aperto ed è, tra l’altro, particolarmente sentito in Italia. La sentenza, ad esempio, potrebbe non piacere a Lega e FdI, che del divieto di etichettatura tradizionale per i prodotti veg ne hanno fatto da tempo una bandiera.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto