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Israele, ‘trovato il corpo di una donna ostaggio, uccisa’

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Mentre Israele afferma di essersi assicurato il controllo della parte ovest di Gaza City, dicendosi pronto ad aprire una nuova fase nell’operazione di terra, il corpo di una donna rapita da Hamas lo scorso 7 ottobre è stato rinvenuto dai soldati. Lo hanno trovato in una struttura vicino all’ospedale al Shifa, dove da giorni è in corso una caccia ai miliziani nella speranza di ritrovare alcune delle persone prese in ostaggio. Secondo l’esercito la donna è stata uccisa. Si chiamava Yehudit Weiss, aveva 65 anni e, ha spiegato il portavoce militare israeliano, era stata rapita nel kibbutz Beeri, a ridosso della Striscia, dove il marito ha trovato la morte. Il portavoce ha spiegato anche che nel luogo dove è stato scoperto il cadavere è stato trovato dell’equipaggiamento militare, compresi alcuni fucili Kalashnikov e un lanciagranate.

L’ospedale al Shifa resta un elemento centrale delle operazioni delle truppe di terra israeliane, che continuano a presidiare una parte della struttura con operazioni “focalizzate” nei vari edifici, piano per piano: un’attività – è stato spiegato – collegata proprio agli ostaggi. Se Hamas – che ha riferito di 200 medici e infermieri uccisi – ha denunciato la “distruzione di alcuni reparti” dell’ospedale, il portavoce militare israeliano ha fatto sapere che l’esercito – sono più di 50 i soldati morti in combattimento – ha in suo possesso “informazioni chiare” che indicano una connessione tra l’attività di Hamas nello Shifa e gli ostaggi. Così come – ha aggiunto – “nuove prove” che rivelano una rete di tunnel della fazione islamica sotto l’ospedale. Sono state infatti ritrovate “armi e materiale di intelligence, comprese informazioni relative agli attacchi di Hamas del 7 ottobre”.

In uno dei pc portatili rinvenuti in uno dei reparti, poi, è stata trovata l’immagine della soldatessa Ori Megidish – poi liberata – scattata prima di essere catturata. Hamas, in un comunicato diffuso a Beirut, sottolinea come allo Shifa i soldati israeliani abbiano orchestrato una messa in scena, mostrando armi, munizioni, computer e uniformi militari sugli scaffali delle corsie come se si fosse in un supermercato. Ma l’esercito israeliano ribatte: quanto trovato per ora “è solo la punta dell’iceberg. Hamas non era qui – si sostiene – perchè ha capito che stavamo arrivando. Questo è probabilmente ciò che sono stati costretti a lasciarsi alle spalle”. Intanto il ministero della sanità dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) denuncia come “nell’ospedale non c’è né acqua né cibo, né per i pazienti né per il personale”. E una fonte – riferita dalla Bbc che non ha potuto verificare il contenuto delle affermazioni – ha detto che “i soldati sono ovunque, sparano in tutte le direzioni”. L’esercito israeliano ha tuttavia smentito questa ricostruzione, sostenendo di essere al lavoro “con discrezione, pazienza e completezza”. L’Onu nel frattempo ha denunciato che 18 ospedali della Striscia sono stati chiusi ed evacuati dall’inizio delle ostilità, di cui 3 – Nasser, Rantisi e al Quds – negli ultimi tre giorni.

La Mezzaluna Rossa ha invece fatto sapere che l’al-Ahil – altro ospedale della Striscia a Gaza – pur operativo “è attualmente sotto assedio da parte dei carri armati israeliani”. La strategia militare israeliana – dopo che l’esercito ha annunciato la presa del porto di Gaza sottratto ad Hamas – è stata illustrata dal ministro della Difesa Yaov Gallant. L’esercito, ha spiegato, ha completato la “cattura e il rastrellamento della parte occidentale di Gaza City”. Ora l’operazione di terra dell’esercito si “sta muovendo verso la fase successiva”. Ismail Haniyeh, capo politico di Hamas – la cui casa è stata bombardata a Gaza – dall’estero ha però lanciato l’ennesimo avvertimento: “Se il nemico vuole che la battaglia sia lunga, la nostra capacità è ancora più lunga”. Intanto Hamas ha portato il conflitto in Cisgiordania dove ha rivendicato un attentato compiuto ad un posto di controllo vicino Betlemme da 3 suoi miliziani, poi uccisi. Nello scontro a fuoco è morto un soldato israeliano e altri 5 sono rimasti feriti. Le scintille del conflitto si riverberano quindi al nord di Israele, dove gli Hezbollah continuano a lanciare razzi ai quali l’artiglieria israeliana ha risposto centrando una postazione della milizia sciita. La situazione umanitaria nella Striscia intanto continua a precipitare: tutti i servizi di telecomunicazione sono stati interrotti a causa dell’esaurimento di tutte le fonti di energia che sostenevano la rete.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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Mandato di arresto della Corte Penale Internazionale contro Netanyahu e Gallant: accuse e reazioni

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La Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso un mandato di arresto internazionale nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. La decisione riguarda le accuse legate alle azioni militari israeliane durante la guerra a Gaza e ha suscitato reazioni contrastanti a livello internazionale.

Le accuse della Corte Penale Internazionale

Secondo la Camera preliminare I della CPI, esistono fondati motivi per ritenere che azioni come il blocco dell’accesso a cibo, acqua, elettricità e forniture mediche abbiano creato condizioni di vita tali da causare la morte di civili nella Striscia di Gaza, inclusi bambini.

La corte ha precisato che, pur non potendo confermare tutti gli elementi necessari per configurare il crimine di sterminio come crimine contro l’umanità, ha riscontrato prove sufficienti per l’accusa di omicidio come crimine contro l’umanità.

La reazione di Israele

La decisione della CPI è stata duramente criticata dal presidente israeliano Isaac Herzog, che l’ha definita un “giorno buio per la giustizia e l’umanità”. Secondo Herzog, la decisione è “presa in malafede” e rappresenta una distorsione della giustizia internazionale.

Il presidente ha anche evidenziato che:

  • La corte “ignora la difficile situazione degli ostaggi israeliani” detenuti da Hamas.
  • Non considera l’uso di civili come scudi umani da parte di Hamas.
  • Trascura il diritto di Israele a difendersi dopo l’attacco subito.

Herzog ha inoltre accusato la CPI di schierarsi con il terrore anziché con la democrazia e la libertà, sottolineando il rischio di destabilizzazione regionale causato dall’”impero iraniano del male”.

Le implicazioni della decisione

La decisione della CPI ha messo in discussione il delicato equilibrio tra il diritto internazionale e la sovranità nazionale. Da un lato, le accuse sottolineano presunte violazioni del diritto umanitario internazionale; dall’altro, il governo israeliano sostiene che la corte stia ignorando le circostanze che hanno portato al conflitto, come gli attacchi subiti e la necessità di difesa.

Questo mandato di arresto solleva interrogativi su come le istituzioni internazionali possano bilanciare il perseguimento della giustizia con il riconoscimento delle complessità dei conflitti moderni.

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Spagna, imprenditore sotto inchiesta denuncia: diedi 350mila euro a ministro e consulente

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L’imprenditore Victor de Aldama (nella foto col premier, che non è sotto accusa in questa inchiesta), uno dei principali accusati della rete di corruzione e tangenti al centro dell’inchiesta nota come ‘caso Koldo’, ha tentato oggi di coinvolgere numerosi esponenti dell’esecutivo, mentre il Psoe ha annunciato azioni legali per diffamazione. In dichiarazioni spontanee oggi davanti al giudice dell’Audiencia Nacional titolare dell’indagine, de Aldama ha segnalato anche il premier Pedro Sanchez, che a suo dire lo avrebbe ringraziato personalmente per la gestione che stava realizzando a favore di imprese spagnole in Messico, della quale “lo tenevano informato”, secondo fonti giuridiche presenti all’interrogatorio citate da vari media, fra i quali El Pais e Tve.

Al punto che lo stesso presidente avrebbe chiesto di conoscerlo, per ringraziarlo, in un incontro che – a detta dell’imprenditore, presidente del club Zamora CF e in carcere preventivo per altra causa – avvenne nel febbraio 2019 nel quartiere madrileno di La Latina, durante un meeting socialista. Un incontro che sarebbe documentato nella fotografia con Pedro Sanchez, pubblicata da El Mundo il 3 novembre scorso. Il presunto tangentista avrebbe sostenuto che Koldo Garcia, da cui deriva il nome del ‘caso Koldo’, divenne consulente dell’ex ministro dei Trasporti, José Luis Abalos, per decisione dello stesso Sanchez. Avrebbe sostenuto, inoltre, di aver consegnato tangenti per 250.000 euro ad Abalos e per 100.000 euro Koldo Garcia, arrivando a dire “io non sono la banca di Spagna, state esagerando”, secondo le fonti citate.

La rete di corruzione si sarebbe avvalsa dell’ex segretario di organizzazione del Psoe, Santos Cerdàn, al quale Aldama sostiene di aver consegnato una busta con 15.000 euro. Il tangentista avrebbe affermato anche si essersi riunito in varie occasioni con la ministra Teresa Ribera, per un presunto progetto di trasformazione di zone della Spagna disabitata in parchi tematici, secondo fonti giuridiche citate da radio Cadena ser. Un progetto al quale avrebbe partecipato anche Javier Hidalgo, Ceo di Globalia e al quale fu presente, in almeno una riunione, Begona Gomez, moglie di Pedro Sanchez. Fonti governative, riportate da Cadena Ser, definiscono un cumulo di menzogne le dichiarazioni di Aldana, che “non ha alcuna credibilità” ed è in carcere preventivo, per cui punterebbe a ottenere un trattamento favorevole in una prevedibile condanna.

“Il presidente del governo non ha né ha avuto alcuna relazione” con Aldama, segnalano le fonti. “Tutto quello che dice è totalmente falso”, ha dichiarato da parte sua ai cronisti Santos Cerdàn, “Questo signore non ha alcuna credibilità, sta tentando di salvarsi dal carcere. Non ha alcuna relazione con il presidente del governo, io non ho ricevuto mai denaro da lui e non lo conosco”, ha aggiunto l’esponente socialista, annunciando azioni .giudiziarie. Lo stesso ha fatto il portavoce parlamentare del Psoe, Patxi Lopez, che ha confermato “azioni legali” del partito della rosa nel pugno “perché la giustizia chiarisca tutte queste menzogne”.

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