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Cronache

Ischia, la guerra a perdere dei tassisti contro turisti e regole

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Dieci euro per una corsa sul territorio comunale. Che sia una tratta di 100 metri o di un chilometro, il prezzo è 10 euro. Si chiama tariffa predeterminata. Il comune di Ischia vuole che sia questa la tariffa per le corse comunali. L’ha applicata due mesi fa, ha intenzione di mantenerla ancora. Si tratta di due euro in meno rispetto a quello che i tassisti percepivano prima di questa tariffa predeterminata. Era, o meglio è, un modo per invogliare la gente (non solo i turisti) ad usare il taxi che non utilizzano più. Perché la questione cruciale è: a Ischia ci sono troppi tassisti, non tutti in ordine con autorizzazioni, non sempre hanno taxi decenti, quasi sempre non sono nemmeno adeguati ad una località turistica rispettabile quale Ischia è, aspira ad essere o pretende di essere. Perchè non sempre ci sono storie edificanti da raccontare nei rapporti tra tassisti e passeggeri. In ogni caso, quali che siano le pretese dei tassisti e le esigenze della amministrazione comunale, i tassisti del Comune di Ischia sono entrati in “sciopero”. Gli scioperi in un paese normale si proclamano, si organizzano, si gestiscono, richiedono una controparte con cui parlare. A Ischia, quando ci sono di mezzo i tassisti, lo sciopero diventa anarchia. E così di sabato mattina, quando arrivano i turisti a frotte, i tassisti per protestare contro la decisione del Sindaco di Ischia Enzo Ferrandino di continuare (dopo 2 mesi di sperimentazione) la sperimentazione della tariffa predeterminata sul territorio ischitano, hanno scioperato.

La guerra dei taxi. Il sindaco di Ischia Enzo Ferrandino potrebbe di nuovo incontrare la categoria ma è irremovibile

Perchè? Contro chi? A favore di che cosa? Per determinare quali decisioni dell’amministrazione comunale? Loro, i tassisti, dicono che hanno fatto sciopero per protestare contro la decisione del Sindaco di imporre la tariffa predeterminata di 10 euro. Non solo. Dicono anche che il sindaco non avrebbe ridotto l’utilizzo di auto a noleggio sul territorio isolano. Sostengono che il sindaco non avrebbe eliminato o ridotto l’uso dei mezzi privati degli alberghi che a Ischia mandano a prendere i loro clienti agli imbarchi. Questi mezzi a noleggio e questi mezzi degli alberghi, sostengono i tassisti, fanno concorrenza sleale,  tolgono lavoro.  Ma può un sindaco fare la caccia ai mezzi a noleggio? Può impedire a strutture ricettive di dotarsi di vetture aziendali che possono essere usate alla bisogna per rendere migliore la permanenza degli ospiti nella struttura privata? E soprattutto può un sindaco, di qualunque posto in Italia, fare gli interessi dei tassisti mazzolando altre categoria (Ncc o auto o mezzi di alberghi) e consentendo di spennare le migliaia di turisti che arrivano sull’isola e costretti a veri e propri salassi? Sono domande retoriche. Non abbisognano di risposte. La protesta dei tassisti a Ischia, dopo qualche ora si è conclusa. Come? Con l’intervento della Polizia di Stato che ha identificato 41  tassisti presenti ad una sorta di presidio o assembramento. Una manifestazione pacifica, ma i tassisti (le organizzazioni di categoria)  avevano dimenticato di comunicare alla Digos del locale Commissariato l’interruzione del servizio. Ed interrompere un servizio, pubblico o di utilità pubblica, in Italia sarebbe ancora reato. Pertanto i tassisti sono stati obbligati a sciogliere l’assemblea spontanea e il presidio E si sono dati appuntamento a lunedì in mattinata. Forse, non è ancora ufficiale, il sindaco di Ischia, Enzo Ferrandino, è sull’isola e non ha alcuna difficoltà ad ascoltare le loro istanze. “Ho una interlocuzione costante con i tassisti. Provo a spiegare che dobbiamo far tornare la gente ad usare i taxi e che il giusto prezzo accompagnato a servizi buoni erogati è il futuro su cui dobbiamo puntare” spiega Ferrandino che ovviamente non si sognerebbe mai di negare un incontro a chicchessia.  Certo, dire che Ischia ha bisogno di servizi decenti, al prezzo giusto, per i suoi ospiti sembra una cosa rivoluzionaria e invece è normale. Forse i tassisti hanno le stesse esigenze dei turisti. Certo, ci vorrebbe qualcuno che riuscisse  farglielo capire bene.

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Non solo sciolti per mafia, ipotesi tutor per i Comuni

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Un delicato equilibrio tra il rispetto del voto dei cittadini e la gravità dell’infiltrazione criminale. Questo il tema che oggi il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha portato all’attenzione dell’Anci, lanciando la proposta di rimodulare l’articolo del testo unico sugli enti locali sullo scioglimento delle amministrazioni ‘sospette’. L’idea del titolare del Viminale è quella di creare una nuova figura, una sorta di tutor, che possa intervenire nelle situazioni meno gravi e complesse evitando quindi lo scioglimento del Comune, provvedimento “lacerante e doloroso”, come ha spiegato lui stesso all’assemblea dei sindaci riunita a Torino. Ma non solo, Piantedosi ha anche confermato l’intenzione del governo di voler ripristinare le Province, con l’elezione diretta e la rimodulazione delle competenze. “La cosiddetta abolizione si è rivelata fallimentare – ha detto – pensiamo ad un un passo indietro”. Il focus dell’intervista che oggi ha visto protagonista il ministro dell’Interno è stato quello della riforma del Tuel, un testo che – ha detto lo stesso Piantedosi – “ha ormai un quarto di secolo di vita”.

“Credo – ha ribadito – che ci sia un unanime convincimento che la riforma sia indispensabile e necessaria”. Tra le “questioni da limare” ci sarebbe proprio quella delle province, un tema che già dal suo insediamento anche il ministro per l’Autonomia, Roberto Calderoli, aveva fortemente rilanciato. “Noi – le parole di Piantedosi – cercheremo di condividere questa ipotesi di riforma con tutte le parti politiche, compresa l’attuale opposizione”. La revisione del testo, inoltre, potrebbe prevedere anche novità sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose, previsto dall’articolo 143. “L’esperienza pratica ci ha insegnato” che è meglio mettere “nel sistema qualcosa in mezzo tra scioglimento e non scioglimento, come misure di affiancamento, una sorta di commissariamento”.

“Nessuno – ha sottolineato il titolare del Viminale – immagina di poter arretrare rispetto ai presidi di legalità. Ma è sempre lacerante e doloroso il fatto che ci siano misure molto forti che incidono sui principi democratici. Bisogna cercare una ulteriore forma di equilibrio tra mantenimento dell’esito dei circuiti democratici e il presidio di legalità”. Prima di lasciare il palco, il ministro è tornato a ribadire la volontà del governo di spingere sulla videosorveglianza nella città. “Vorremmo creare un paniere di risorse economiche per implementare e aggiornare i sistemi – ha concluso -. Non è che ci piace il Grande Fratello, ma i dati ci dicono che più del 50% dei reati che viene scoperto si avvale di strumenti di indagine legati alla videosorveglianza. Andiamo incontro all’intelligenza artificiale, è illusorio pensare che la privacy possa frenare le enormi potenzialità che questi sistemi danno. Credo che la soluzione sia nell’avere fiducia nelle istituzioni”.

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Porno attore italo-egiziano arrestato in Egitto, la preoccuoazione della mamma in Italia

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Del figlio non sa più nulla dal 10 novembre scorso, dal giorno dopo un arresto al Cairo dai contorni tutti da chiarire. E’ la vicenda che riguarda Elanain Sharif, 44enne nato in Egitto ma cittadino italiano, di cui la madre dice di avere perso le tracce dopo che è stato fermato dalle autorità egiziane al suo arrivo dall’Italia. Un caso seguito con la “massima attenzione” dalla Farnesina dopo la denuncia della donna che era col figlio al momento del fermo. L’uomo si troverebbe, comunque, in una struttura nota anche alle autorità italiane. La madre avrebbe appurato che si trova nel carcere di Alessandria d’Egitto.

Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. L’uomo vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano. “E’ una vicenda che inevitabilmente ci riporta ai casi di Regeni e Zaky – afferma l’avvocato Alessandro Russo, legale della famiglia -. Sono andati al Cairo dove hanno un appartamento, erano lì per commissioni come avevano fatto tante altre volte ma appena arrivato è stato bloccato e gli hanno sequestrato il passaporto italiano”. Su punto a quanto si apprende, essendo anche cittadino italiano, Sharif aveva scelto di rientrare in Egitto col passaporto egiziano, e anche per questo è stata più lenta la procedura per una visita consolare. Sui motivi dell’arresto gli elementi sono al momento pochi. “Ciò che ha portato all’arresto non è chiaro, si tratterebbe di qualcosa legato a contenuti su Facebook ma non abbiamo capo di imputazione”, dice l’avvocato. Sharif lavora nell’industria del porno (è noto come Sheri Taliani) e questo potrebbe essere il motivo dell’arresto e in particolare l’avere diffuso immagini vietate dalle leggi egiziane.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aggiunge – Le procedure di arresto sono state effettuate utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. Sharif è stato, quindi, trasferito nel carcere della Capitale. “E’ stato lì per alcuni giorni, in condizioni inumane: senza potere dormire, poteva stendersi solo per mezzora, per sedersi su una sedia, anche per pochi minuti, doveva pagare. La madre l’ha visto per pochi istanti, il 10 novembre poi più nulla”, aggiunge il legale.

Russo ha immediatamente allertato la Farnesina e l’ambasciata italiana. La sede diplomatica al Cairo, in stretto coordinamento con il Ministero degli Esteri, sta seguendo “con la massima attenzione il caso” e l’ambasciata sta avendo costanti contatti con la madre dell’uomo. La donna, non senza difficoltà, è riuscita ad appurare che Sharif è stato trasferito nel carcere di Alessandria d’Egitto. “Lei ora è lì, assieme al fratello che lavora nella polizia egiziana e spera di avere notizie di un suo rilascio ma è preoccupatissima”, aggiunge Russo.

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Imprenditore campano arrestato in Gallura per frode fiscale

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Avrebbe occultato beni mobili e somme di denaro per oltre 450mila euro e trasferito la sua attività commerciale da Cava De’ Tirreni a Santa Teresa di Gallura per sottrarre i suoi averi al recupero forzoso: un affermato imprenditore campano di 60 anni, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta, frode fiscale e reati tributari. Firmato anche un decreto di sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca. Le indagini che hanno portato all’applicazione della misura cautelare nei confronti dell’industriale, molto conosciuto nella provincia di Salerno, sono partite dalla Procura di Tempio Pausania e affidate alla tenenza della Guardia di Finanza di Palau e altri reparti. E’ stato così possibile ricostruire la vicenda fiscale dell’imprenditore attivo nel settore del commercio di abiti da cerimonia. A Santa Teresa di Gallura, attraverso il figlio, gestiva un bar ristorante, dichiarato poi fallito nel luglio del 2021.

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