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Politica

Incubo astensionismo, in gioco equilibri nel centrodestra

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Alla vigilia di un voto dal finale apparentemente già scritto con una vittoria del centrodestra sia in Lombardia che nel Lazio, è l’astensione lo spettro più temuto di queste regionali. Insieme al rischio di scombinare i rapporti di forza fra i partiti della coalizione – tra attese di boom di Fratelli d’Italia e presagi di tracollo degli alleati – fino ad alterare la tenuta complessiva della maggioranza. E chissà se qualche riflesso ricadrà pure sulle opposizioni, per accelerare alleanze e strategie di sopravvivenza.

Nelle prossime 48 ore andranno alle urne 2 regioni che contano in tutto 12 milioni di elettori, circa 1/5 degli italiani. Per misurare l’astensionismo, si useranno i numeri delle ultime politiche e delle stesse regionali del 2018. A livello nazionale, cinque mesi fa, l’affluenza si fermò a un passo dal 64%. Una soglia che raccontava già il profondo distacco degli elettori – calati quasi del 9%, il livello più basso che si ricordi – ma che potrebbe accentuarsi ancora. Il confronto non va meglio se si guarda al dato locale di 5 anni fa. Quando la Lombardia incoronò il leghista Attilio Fontana, dopo il passo indietro di Roberto Maroni, l’affluenza fu del 73% (oltre al sostegno del 29,65% della Lega, del 14 di FI e appena il 3,64 di FdI). Una partecipazione da miraggio, vista con gli occhi di oggi. Idem, in proporzione, nel Lazio dove ci fu il bis del segretario del Pd, Nicola Zingaretti, e al voto andò il 66,5% degli aventi diritto. Due percentuali difficilmente raggiungibili e che rischiano di condizionare soprattutto le performance di Lega e Forza Italia, più in sofferenza rispetto a Fratelli d’Italia.

No comment su questo – e anzi ampio fair play – da Matteo Salvini che lunedì seguirà il voto nella roccaforte milanese di via Bellerio. Tacciono sull’astensionismo Dem, 5 Stelle e Terzo polo, consapevoli che potrebbero accusare il colpo anche loro, in una partita elettorale tutta in salita. Specie nel Lazio, dove il Pd rischia di perdere una ‘casella’ storica dopo 10 anni e, in generale, per la scelta di dividersi tra Roma e Milano con schemi alternati che potrebbero penalizzare tutti i tre rivali. Nel Lazio al candidato del centrodestra, Francesco Rocca, si contrappongono Alessio D’Amato, l’ex assessore sostenuto dal Pd e Terzo Polo, e Donatella Bianchi, la giornalista messa in campo dai 5S. Lo schema si ribalta in Lombardia con Francesco Majorino del Pd (su cui c’è la convergenza 5S) e Letizia Moratti che, appoggiata da Renzi e Calenda, prova a strappare voti a Fontana, ma probabilmente anche a sinistra.

In ogni caso, non si può escludere che una “debacle” al voto apra uno spiraglio di alleanza imprevista nel centrosinistra. L’opposizione potrebbe così sfruttare la tentazione di Lega e Forza Italia, debilitate dai risultati del voto, di ampliare la conflittualità interna alla maggioranza. In effetti, stando ai sondaggi, nel centrodestra si prospetta una ‘consacrazione’ dei ‘meloniani’ al nord. Sarebbe così se rafforzassero quel 27,6% strappato a settembre in Lombardia, contro il 13,9 dei leghisti e poco più del 7% degli azzurri. Uno smacco, quindi, per gli alleati nati e cresciuti al nord e che, pur restando nella squadra data per vincente, dovrebbero cedere il passo a un partito storicamente romano come quello di Giorgia Meloni ma capace di imporsi nettamente fuori dall’Urbe. E di farlo ad esempio nella futura giunta Fontana – si vocifera di una poltrona per Romano La Russa, fratello del presidente del Senato, in pole come assessore alla Sanità – o nella regia dei fondi per le Olimpiadi Milano-Cortina o del Pnrr.

A Roma, FdI potrebbe ‘stravincere’, costretta però a ridisegnare non solo la giunta ma anche le gerarchie del partito in costante crescita. Sondaggi a parte, sono i leghisti della prima ora i più pessimisti, convinti che per l’ex Carroccio sarà un flop annunciato. Soprattutto nelle valli lombarde, che ai tempi di Bossi trainavano voti e ‘armavano’ i cori di Pontida e adesso potrebbero protestare, restando a casa. Del resto non scalda i cuori nemmeno il primo ok sulla riforma dell’autonomia scritta dal ministro Calderoli, concesso dal governo a ridosso dal voto, ma che ne richiederà molti altri. A disagio pure i berlusconiani: l’emorragia di voti di FI prosegue inesorabile da cinque anni (in Lombardia è sceso dal 14% al 7,9 e nel Lazio dal 14,6 al 6,8) ma le due regioni sono i feudi di due ‘colonelli’ azzurri come Licia Ronzulli al nord e Antonio Tajani al centro, che comunque proveranno a frenare la deriva.

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Politica

Caso Cospito, il testimone Donzelli: Delmastro disse che erano notizie non riservate

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“Delmastro mi assicurò che quelle notizie che mi aveva riferito” sul caso dell’anarchico Alfredo Cospito “non erano segrete” ed in prima battuta “non gli ho chiesto da chi arrivassero queste informazioni ma supponevo arrivassero dal Dap”. E’ quanto ha sostenuto in tribunale, a Roma, il parlamentare di Fdi, Giovanni Donzelli, sentito come testimone nel processo che vede imputato il sottosegretario alla Giustizia per l’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio in relazione al caso dell’anarchico abruzzese protagonista, tra l’ottobre del 2022 e l’inizio del 2023, di un lungo sciopero della fame attuato per protestare contro il regime del carcere duro a cui è sottoposto.

Il processo ruota intorno alle dichiarazioni fatte nel gennaio del 2023 dal responsabile dell’organizzazione di Fdi, Donzelli, alla Camera dei deputati. L’esponente di Fratelli d’Italia riferì il contenuto di conversazioni avvenute nell’ora d’aria nel carcere di Sassari tra Cospito e alcuni detenuti di camorra e ‘ndrangheta, anche loro al 41 bis. Informazioni che Donzelli ebbe proprio dal sottosegretario, che ha la delega del ministro della Giustizia al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Nel processo compaiono, come parti civili, quattro parlamentari Pd: Silvio Lai, Debora Serracchiani, Walter Verini e Andrea Orlando. Nel corso dell’audizione, davanti ai giudici dell’ottava sezione collegiale di piazzale Clodio, Donzelli ha fornito la sua versione ricostruendo le tappe dei colloqui avuti con il collega di partito.

“Ricordo che il 30 gennaio del 2023 parlai con lui per la prima volta dei rapporti tra Cospito e altri detenuti – ha detto il testimone -. Fu un colloquio generico, il tema era il 41 bis. La mattina seguente, dopo avere letto un articolo su un quotidiano, ho incontrato Delmastro per caso in Transatlantico: gli ho chiesto ulteriori dettagli sui colloqui tra Cospito e altri detenuti al 41 bis. Mi fece anche i nomi che mi sono appuntato sul cellulare. Non gli ho chiesto da chi arrivassero queste informazioni ma supponevo venissero dal Dap”.

Dopo l’intervento alla Camera le opposizioni vanno alla carica. “Dopo l’esplosione del caso chiesi della natura di quelle informazioni a Delmastro: lui mi assicurò che quelle notizie che mi aveva riferito non erano segrete e aggiunse di averlo chiesto anche al magistrato Sebastiano Ardita che gli assicurò che non si trattava di notizie riservate”.

E ancora: “Delmastro ha una memoria incredibile su tutto, cita anche cose di dieci anni prima, io ho una memoria pessima. Suppongo che lui lo avesse letto il verbale del Nic, Nucleo Investigativo Centrale della Polizia penitenziaria, non l’ha letto davanti a me, mi ha riferito delle parti. Io quel verbale non l’ho mai letto”. Donzelli è quindi tornato sul suo intervento alla Camera. “Ho pensato che fosse necessario evidenziare in Parlamento quanto fosse utile difendere il 41bis. Perché ero preoccupato delle posizioni che avevo visto”. Donzelli ha aggiunto che era sua intenzione “fare i nomi in Aula dei parlamentari del Pd che incontrarono Cospito in carcere e ricordo che mi appuntai anche quanto avevano dichiarato fuori dal penitenziario. Io reputo che fu un errore istituzionale andare a trovare Cospito in carcere mentre erano in corso attentati in relazione al suo sciopero della fame”.

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Il futuro del M5s, nuovo scontro Grillo-Conte

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Nuovo scontro fra Beppe Grillo e Giuseppe Conte sul futuro del M5S. La Costituente voluta dal leader del Movimento altro non sarebbe che una “farsa per farmi fuori”: questa la convinzione del garante cinquestelle. Si tratta solo dell’ennesima iniziativa di Grillo, volta a impedire lo svolgimento del percorso partecipativo e a delegittimare i risultati, la replica. E dunque il percorso andrà avanti, basta con “i finti vittimismi”, dicono dal Movimento.

A parlare per primo stavolta è il fondatore: fonti a lui vicine raccontano di una “lettera privata” inviata da Conte, i cui toni sarebbero “al limite del ricatto”. Un’iniziativa che avrebbe “estremamente infastidito” Grillo, certo che se i contenuti venissero resi pubblici metterebbero in “seria difficoltà” l’ex premier. Tutt’altro, è la risposta che arriva dopo qualche ora. Non saranno certo “diffide, carte bollate e sgambetti di ogni tipo a fermare questo processo democratico”, è la tesi. Le distanze fra Grillo e Conte non sono certo una novità ma la tensione continua a salire. Il primo, accusato spesso di comportarsi come “un padre padrone”, ribalta l’addebito: nel mirino l’apertura di Conte al campo largo sancita dal “patto della birra” con la leader del Pd Elly Schlein e i vertici di Avs.

La linea politica andrebbe condivisa: “queste scelte perché non vengono decise alla Costituente? E viene esclusa la Comunità 5 Stelle?”, le domande di Grillo ai suoi interlocutori. E non servirebbe dunque a rilanciare il dibattito interno neanche la scelta di convocare l’Assemblea Costituente e tantomeno il suo percorso. Perché Conte – è la tesi di Grillo – vuole farsi “un partito tutto suo”. Parole pesanti, “esternazioni e tentativi” che “delegittimano l’assemblea degli iscritti” e “contrastano con gli specifici obblighi contrattuali che il Garante ha sottoscritto con il M5S per ciò che concerne malleveria e consulenza comunicativa”, mettono in chiaro fonti del Movimento.

Modi e toni che appaiono come un sabotaggio, secondo la lettura sempre del M5s, che temono anche conseguenti “danni di immagine”. E’ ora, l’ultimo invito che arriva da chi è vicino a Conte, che Grillo “dimostri di avere ancora a cuore il Movimento” lasciando che “la comunità si misuri in questo percorso democratico che ha sinora raccolta tanto entusiasmo”. Qualora il clima non dovesse rasserenarsi, avvertono infine dal Movimento, lo stesso “carteggio” potrebbe essere pubblicato dal Movimento” e così “tutta la Comunità potrà esserne informata”.

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Economia

Lavoro, Mattarella: c’è bisogno delle donne, basta barriere e basta divario con uomini

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“Il lavoro è motore di crescita sociale ed economica: il nostro Paese, al pari degli altri, non può permettersi di rinunciare all’apporto delle donne, che costituisce un fattore indispensabile”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una lettera inviata al Corriere della Sera, organizzatore del festival Il Tempo delle Donne in corso a Milano. “Il divario del quasi 20% tra occupazione maschile e femminile costituisce un punto critico di sistema: ogni sforzo va compiuto per ridurlo sempre di più. Il lavoro è anche libertà, dignità e riscatto. Nei rapporti di lavoro occorre rispettare i diritti di parità e di eguaglianza, previsti dalla nostra Costituzione. Ancora oggi nel lavoro femminile sono presenti ostacoli, rallentamenti e disparità, per l’accesso, nella retribuzione, nella progressione di carriera, negli incarichi di vertice” ha aggiunto il capo dello Stato. “Le barriere possono alzarsi fino a giungere a inaccettabili e odiose discriminazioni: licenziamenti, dimissioni in bianco, pressioni indebite, persino forme di stalking e di violenza, fisica o psicologica. Il rispetto delle norme e dei diritti va assicurato anche attraverso una vigilanza ferma ed efficace. Allo stesso modo, vanno rimossi gli ostacoli rendono difficile la conciliazione tra occupazione e cura della famiglia” ha continuato.

“Il lavoro non allontana la donna dalla maternità. È vero il contrario: l’occupazione femminile è un fattore che sostiene in modo decisivo la famiglia e le nascite. Per cercare di frenare l’impoverimento demografico. ma anche per venire incontro ai legittimi desideri delle giovani coppie, sarà sempre più necessario impegnarsi per una migliore gestione dei servizi, per la conciliazione dei tempi di lavoro, per una più forte cultura di sostegno della famiglia” ha proseguito. “Ringrazio il ‘Tempo delle Donne’ e tutti coloro che vi hanno preso parte in questi giorni. Anche quest’anno dall’ormai tradizionale appuntamento del Corriere della Sera dedicato all’universo femminile, sono venute idee, proposte, provocazioni utili per un dibattito sul ruolo della donna nella società all’altezza dei tempi e delle sfide a cui siamo tutti chiamati” ha concluso.

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