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Cronache

Inchiesta sugli ultrà, Inzaghi e Zanetti tra primi testi in Procura a Milano

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Tra una settimana o poco più parte delle carte dell’inchiesta sulle curve di San Siro, che ha azzerato vertici e sodali ultrà della Nord interista e della Sud milanista, arriveranno alla Procura federale della Figc, che dovrà verificare, sul fronte della giustizia sportiva, eventuali condotte “rilevanti” da parte di Inter e Milan o dei loro tesserati. La Procura di Milano, guidata da Marcello Viola, infatti, la prossima settimana, dopo aver valutato e selezionato gli atti utili da inviare, li inoltrerà al procuratore federale, Giuseppe Chinè, che già otto giorni fa, quando c’è stato il maxi blitz con 19 arresti, aveva richiesto agli inquirenti la documentazione non coperta da segreto investigativo.

Intanto, nell’inchiesta coordinata dai pm della Dda Paolo Storari e Sara Ombra, condotta da Polizia e Gdf, saranno tra non molto ascoltati l’allenatore nerazzurro Simone Inzaghi, il vicepresidente del club Javier Zanetti e il capitano del Milan Davide Calabria. Questi i nomi dei primi tre testimoni in relazione a quei contatti, tra telefonate e presunti incontri, e a sospette pressioni subite dagli ultras, in particolare interessati al “bagarinaggio” dei biglietti, per come era già emerso dagli atti, che hanno portato pure ad un procedimento di prevenzione nei confronti dei due club per spezzare quei legami.

Le audizioni saranno calendarizzate a breve, ma non è detto, al momento, che si tengano entro la prossima settimana. Successivamente dovrebbero essere sentiti, sempre come testimoni, il centrocampista interista Hakan Çalhanoglu e anche l’ex difensore nerazzurro, ora al Psg, Milan Skriniar. Dalle centinaia di pagine di atti depositati, nel frattempo, escono dettagli e riferimenti su due fatti di sangue, al momento ancora irrisolti, che potrebbero rientrare in dinamiche e contrasti interni alle curve e ai business illeciti con giri di affari milionari.

Così, ad esempio, vengono riportate intercettazioni tra Francesco Intagliata, uno degli ultrà interisti arrestati, e Nazzareno Calajò, presunto “ras della droga” alla Barona, noto quartiere popolare milanese. I due parlano, riassumono i pm, della “motivazione” del “tentato omicidio” del 2019 dell’ultrà e “narcotrafficante” milanista Enzo Anghinelli e in particolare di “contrasti nati con Luca Lucci”, leader della curva rossonera “per il posizionamento dei Black Davil”, uno dei gruppi ultras, nello stadio.

Poi, il 27 febbraio del 2023 in intercettazioni della famiglia Calajò, che “esaltavano il valore e il prestigio di Lucci” nella gestione della Sud, si parlava anche dell’omicidio dell’ottobre 2022 di Vittorio Boiocchi, leader della curva nerazzurra, freddato da due killer scappati in moto. “E’ andata a rompere i cog….. dove ci sono le cose e lo hanno ammazzato a Vittorio – dicevano – ha preso la curva come niente… era sua da mo’, e quando è uscito (dal carcere, ndr) per rispetto gliel’hanno ridata! Poi siccome sei andato a nuocere, diciamo così…”.

Fatto sta che subito dopo l’omicidio Boiocchi, come risulta dagli atti, si era creato, prendendo quasi a “modello” la “gestione Lucci”, il “nuovo” direttivo della curva interista con Andrea Beretta, Marco Ferdico e Antonio Bellocco, erede dell’omonima cosca ‘ndranghetista e poi ucciso il 4 settembre dallo stesso Beretta. A casa Calajò, non coinvolto nell’inchiesta sulle curve ma condannato di recente ad oltre 17 anni per narcotraffico, ci furono incontri anche con “pregiudicati della criminalità organizzata di origini palermitane”, ossia “Cosa Nostra”. E in più vennero a galla “evidenti contatti e incontri tra i due direttivi” delle due curve per una “comunanza di interessi”. Per la finale della Supercoppa italiana del 18 gennaio 2023 a Riad, tra l’altro, Ferdico e Beretta “erano in contatto continuo per l’organizzazione della trasferta” proprio con Lucci per la questione biglietti.

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Coraggio e giustizia: una 63enne mette fine alle vessazioni di un figlio tossicodipendente

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È stato il coraggio di una donna di 63 anni a porre fine alle terribili vessazioni subite da un’anziana di 82 anni, vittima di ripetuti maltrattamenti da parte del figlio tossicodipendente. Un gesto decisivo che ha permesso di portare alla luce una situazione di violenza e soprusi quotidiani, grazie a una semplice telecamera del cellulare.

La drammatica situazione familiare

Il figlio, un uomo di 47 anni, affetto da tossicodipendenza, pretendeva ogni giorno denaro dalla madre per affrontare l’astinenza. Le sue richieste variavano dai 20 ai 50 euro, una somma che veniva sottratta dalla modesta pensionedell’anziana, appena sufficiente a coprire le spese per l’affitto e le bollette. Ogni rifiuto da parte della madre scatenava una serie di insulti, minacce e violenze.

La prova inconfutabile: il video della badante

A documentare le violenze ci ha pensato la badante della donna, che al momento giusto ha attivato la telecamera del suo cellulare e ha registrato i maltrattamenti di cui era vittima l’anziana. Tra le immagini riprese, si vede chiaramente l’uomo lanciare una bottiglia di vetro contro la madre, uno dei tanti gesti umilianti che sono poi finiti nella denuncia presentata ai Carabinieri.

In uno degli episodi più gravi, il 47enne avrebbe addirittura puntato un coltello contro la madre, minacciandola per ottenere quei pochi euro di cui aveva bisogno.

L’intervento dei carabinieri e l’arresto

Dopo aver ricevuto la denuncia e acquisito i video registrati, i Carabinieri della stazione di Pianura si sono recati nell’abitazione dell’anziana, trovando il figlio vestito con gli stessi abiti che indossava durante l’ultimo video delle violenze. L’uomo è stato arrestato in flagranza differita per maltrattamenti in famiglia e tentata estorsione, e ora si trova in carcere in attesa di giudizio.

Questa vicenda mette in luce l’importanza del coraggio di chi denuncia e la necessità di intervenire tempestivamente in situazioni di violenza domestica.

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Il confine tra scooter e bici elettriche: controlli dei Carabinieri a Napoli e Sorrento

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Il confine tra scooter e bici elettriche si fa sempre più sottile, con una distinzione che, semplificando, corre sul filo dei 25 chilometri orari. Fino a questa velocità, salvo modifiche alla batteria e all’impianto di accelerazione, parliamo di ebike. Tuttavia, se la velocità supera i 25 km/h, ci troviamo di fronte a veicoli che devono essere immatricolati, assicurati e per i quali è obbligatorio anche l’uso del casco.

I controlli dei carabinieri a Napoli e Sorrento

I carabinieri del comando provinciale di Napoli svolgono controlli quotidiani per assicurarsi che la normativa sia compresa e rispettata. Dopo un intervento significativo a Capri lo scorso mese, i militari della compagnia di Sorrentohanno replicato i controlli anche in penisola sorrentina, con il supporto del personale della Motorizzazione civile di Bari, dotato di una piattaforma per le verifiche tecniche.

Su 40 veicoli a due ruote ispezionati, ben 32 sono risultati non a norma. Tra questi, alcuni erano dotati di manopole per l’accelerazione, mentre altri raggiungevano velocità superiori ai 40 km/h. Molti dei conducenti controllati hanno dichiarato di non essere a conoscenza delle normative riguardanti le bici elettriche. Il totale delle sanzioni elevate durante i controlli ha sfiorato i 160mila euro.

Come riconoscere una e-bike a norma?

Per evitare problemi, è importante sapere come riconoscere una e-bike conforme alla normativa:

  1. Potenza del motore: non deve superare i 250 W.
  2. Velocità massima: l’assistenza del motore deve interrompersi automaticamente una volta raggiunti i 25 km/h. Se la bici può superare questa velocità senza pedalare, potrebbe non essere conforme.
  3. Funzionamento del motore: il motore deve funzionare solo quando si pedala, e la presenza di una manopola dell’acceleratore indica che la bici non è conforme.
  4. Marcatura CE: assicurati che la bici abbia la marcatura CE di conformità e sia accompagnata da una Dichiarazione CE di conformità.

Prima di acquistare una bici elettrica, è sempre consigliabile verificare che soddisfi tutti questi requisiti per evitare sanzioni e viaggiare in sicurezza e conformità alle normative vigenti.

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Ucciso a Crotone, il poliziotto indagato per omicidio

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É indagato con un’ipotesi di reato di omicidio Giuseppe Sortino, il viceispettore della Polizia di Stato che ieri pomeriggio a Crotone ha ucciso un 44enne, Francesco Chimirri, dopo avere assistito ad un incidente stradale provocato dalla vittima che é poi fuggita. A renderlo noto, con una nota stampa, è stato il Procuratore della Repubblica, Giuseppe Capoccia. Nel comunicato della Procura si ricostruiscono le fasi che hanno preceduto e seguito l’omicidio di Chimirri, sposato e padre di quattro figli e che di professione faceva il pizzaiolo. La vittima, tra l’altro, era nota per il suo attivismo sui social, tanto da avere quasi 158 mila follower su Tik Tok.

Secondo la ricostruzione tutto ha origine da un incidente stradale a Isola Capo Rizzuto, comune limitrofo a Crotone, al quale aveva assistito Sortino. Incidente in cui era rimasto coinvolto Chimirri, il quale, anziché fermarsi per chiarire la dinamica del sinistro e le relative responsabilità, si era allontanato. É stato a questo punto che Sortino, sia pure in borghese e libero dal servizio, nel tentativo di porre Chimirri di fronte alle sue responsabilità, avrebbe inseguito la vettura condotta dal pizzaiolo, che viaggiava insieme ad un’altra persona, presumibilmente il padre, raggiungendolo a Crotone, nel quartiere “Campanaro” peraltro noto alle forze dell’ordine per essere luogo di residenza di numerosi pregiudicati. Una volta bloccate le auto, Sortino é sceso dalla sua vettura e, dopo essersi qualificato, ha chiesto delucidazioni a Chimirri su quanto era accaduto poco prima. Ne sono seguite “un’aggressione brutale”, secondo quanto riferito la Procura, ai danni del viceispettore, ed una “violenta colluttazione” al culmine della quale il poliziotto ha sparato tre colpi contro Chimirri, uno soltanto dei quali lo ha raggiunto, provocandone la morte.

Nelle concitate fasi successive, tra l’altro, il figlio di Chimirri, che aveva assistito insieme ad altri familiari, all’omicidio del padre, ha raccolto la pistola, caduta di mano al poliziotto finito in terra, ed ha tentato di sparare all’agente senza però riuscire nel suo intento. Soltanto l’arrivo dei carabinieri ha consentito di allentare la tensione e di riportare la situazione alla calma. Saranno adesso le indagini dei carabinieri a chiarire l’intera dinamica dei fatti. Lo stesso Procuratore Capoccia, tra l’altro, afferma che gli accertamenti che sono stati avviati “riguardano tutte le persone coinvolte, a vario titolo, nella vicenda”. Permangono stazionarie, intanto, le condizioni del viceispettore Sortino, che é stato ricoverato nell’ospedale “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro. Il poliziotto, che non é in pericolo di vita, ha riportato, a causa delle percosse subite nell’aggressione, gravi traumi al volto, tanto da rendere necessario un intervento chirurgico al quale sarà sottoposto a breve termine.

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