Il colpo, nell’indagine che vede accusato di favoreggiamento a Cosa nostra l’ex pm antimafia palermitano Gioacchino Natoli, stavolta lo mette a segno la difesa che, scartabellando negli archivi della Procura di Palermo, ha scoperto un particolare che potrebbe fare la differenza. L’ordine di distruzione delle intercettazioni e dei brogliacci dell’inchiesta sull’ imprenditore mafioso Antonino Buscemi, indizio, per la Procura di Caltanissetta, del tentativo di Natoli di affossare gli accertamenti sul costruttore, in realtà era un provvedimento prestampato che, all’epoca, – parliamo degli anni ’90 – veniva usato in tutti i casi di archiviazione e nei processi definiti.
La scoperta contrasta nettamente con la tesi che vedeva proprio nell’ordine di smagnetizzare le bobine e distruggere i brogliacci trovato nel fascicolo su Buscemi la volontà dell’ex magistrato di insabbiare le indagini sui legami tra mafia, politica e imprenditoria. Indagini che, secondo alcuni, sarebbero il vero movente della strage di via D’Amelio, organizzata proprio per impedire che Paolo Borsellino mettesse il naso nelle relazioni pericolose dei boss. Per i pm nisseni il piano sarebbe stato progettato dall’allora procuratore di Palermo Giammanco, nel frattempo deceduto, e dall’ex pm Giuseppe Pignatone, anche lui iscritto nel registro degli indagati per favoreggiamento aggravato. E Natoli, esecutore del disegno altrui, “per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche, avrebbe disposto la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci”.
Ma la tesi degli inquirenti, che peraltro le bobine le hanno pure trovate, deve fare ora i conti con la scoperta che l’identico ordine, con tanto di identica aggiunta a penna relativa alla distruzione dei brogliacci, si trova in 62 di fascicoli di indagini di diverso tipo (mafia, droga…). Quel che cambia nei fogli allegati è ovviamente il numero del provvedimento, la firma del magistrato che disponeva la smagnetizzazione e la presa in carico della segreteria. La cancellazione dei nastri, dunque era una prassi – l’aveva detto lo stesso Natoli audito dalla commissione nazionale antimafia – ed era legata all’esigenza di riutilizzare le cassette. Inoltre, una volta smagnetizzati i nastri, evidentemente ritenuti non rilevanti, conservare i brogliacci sarebbe stato inutile. La difesa dell’ex pm continua nelle sue indagini difensive e ha inviato alla Procura di Caltanissetta una nota con le conclusioni dei primi accertamenti.
La vicenda Natoli avrà comunque dei risvolti anche in commissione parlamentare antimafia, che nelle prossime ore esaminerà in ufficio di presidenza il caso che coinvolge anche uno dei suoi stessi componenti, Roberto Scarpinato di M5s, dopo quanto pubblicato su La Verità. Secondo il quotidiano lo stesso senatore avrebbe provato a concordare domande e risposte con Natoli proprio in occasione della sua audizione in commissione.
Questo episodio è stato però smentito dallo stesso Scarpinato, il quale ha invece già specificato: “è radicalmente falso” anche perché “non vi sarebbe stato nulla da contestare. Con Natoli ho condiviso un lunghissimo percorso di lavoro” che “ha reso normale un costante e approfondito scambio di idee tra noi”. Tra le ipotesi, così come è successo anche per l’altro membro M5s in antimafia, l’ex procuratore Federico Cafiero de Raho, c’è quella di ricorrere alla presidenza di Senato e Camera per chiedere l’autorizzazione per l’audizione dei due membri nella stessa commissione. In merito al caso de Raho le polemiche furono sollevate per le vicende legate all’inchiesta di Perugia sui presunti dossieraggi, visto che all’epoca dei fatti de Raho era procuratore nazionale antimafia. Al momento non si esclude che – sul caso Scarpinato – alcuni membri della commissione possano invocare l’intervento del questore del Senato.