Attraverso un progetto di ricerca indipendente, il medico milanese Vittorio Agnoletto proverà a ricostruire la gestione dell’emergenza Coronavirus in Lombardia e in Italia e l’impatto del virus sul Servizio Sanitario Nazionale. Dalla ricerca sarà tratto il libro “Senza respiro. Un’inchiesta indipendente sulla pandemia Coronavirus, in Lombardia, Italia, Europa. Come ripensare un modello di sanità pubblica”. I diritti d’autore del libro, finanziato con una campagna di crowdfunding e pubblicato da Altreconomia, saranno versati all’ospedale Sacco di Milano, una struttura pubblica che ha svolto un ruolo fondamentale durante la fase più critica dell’epidemia.
Il programma di ricerca ed inchiesta sarà curato dall’Osservatorio Coronavirus, un’equipe di lavoro costituita da Medicina Democratica e dalla redazione di “37e2”, la trasmissione sulla salute di Radio Popolare. A dirigere la ricerca Vittorio Agnoletto, medico, attivista, responsabile scientifico dell’Osservatorio Coronavirus e professore a contratto di Globalizzazione e Politiche della Salute all’Università degli studi di Milano.
Dottor Agnoletto, qual è l’obiettivo della sua ricerca?
La ricerca intende ricostruire passo dopo passo ciò che è avvenuto in Lombardia, incrociando i dati istituzionali con la grande mole di testimonianze raccolte in questi mesi con l’Osservatorio Coronavirus, così da verificare quali sono state le conseguenze delle decisioni istituzionali sulla vita quotidiana delle persone. Da questo lavoro consegue anche il tentativo di individuare se ci sono delle responsabilità nella gestione dell’emergenza. Infine c’è anche un aspetto propositivo: cercare di comprendere come si potrebbe modificare l’organizzazione della sanità, in particolare in Lombardia, per evitare che di fronte ad una situazione analoga si ripercorra la stessa strada.
Com’è stata condotta la ricerca?
La ricerca è in divenire, non è conclusa. Abbiamo lanciato un crowdfunding per sostenere questo progetto. La ricerca intreccerà dati istituzionali (delibere, decreti legge, circolari), dati forniti dalla Protezione civile e dall’Istituto Superiore di Sanità con le testimonianze delle migliaia di persone che ci hanno scritto in questi mesi, fra cui molti cittadini direttamente coinvolti, e tanti operatori sanitari e sociosanitari: medici, infermieri, operatori sociali delle RSA. Ci sarà un quadro generale dell’impatto iniziale del virus a livello europeo, per analizzare differenze e analogie nella gestione dell’epidemia fra una nazione e l’altra. Poi un quadro del contesto italiano, ma il focus della ricerca sarà sulla Lombardia.
Perché ha scelto di realizzare questa inchiesta indipendente?
In questi mesi, come volontario, sono stato responsabile scientifico dell’Osservatorio Coronavirus; inoltre conduco la trasmissione sulla salute “37e2” di Radio Popolare, in cui abbiamo raccolto tanto materiale. D’altra parte insegno globalizzazione e politiche della salute e non c’è nulla di più globale di una pandemia; secondo me era rilevante analizzare come i servizi sanitari hanno reagito di fronte alla pandemia. Con questa ricerca ho quindi unito la mia competenza scientifica e il mio ruolo didattico con il lavoro di volontario di questi mesi.
Perché il sistema sanitario lombardo è stato travolto dall’emergenza Covid-19?
L’ipotesi principale, che andrà ovviamente verificata, è che abbiamo un servizio sanitario che lascia ampio spazio al privato accreditato, cioè a quel privato che è parte integrante dell’offerta interna al servizio sanitario nazionale. Questo privato è chiaramente concentrato sulla cura e non sulla prevenzione, nello specifico è interessato a quei settori che producono maggiori profitti: alta chirurgia, cardiologia, patologie croniche; ha meno interesse ad investire nei dipartimenti d’emergenza e nel pronto soccorso e nessun interesse ad investire nella prevenzione. E però questo privato in Lombardia raccoglie circa il 40% della spesa sanitaria pubblica corrente.
Quali conseguenze ha prodotto questo modello?
Gli investimenti hanno riguardato soprattutto la medicina curativa ad alta tecnologia, mentre è stata tralasciata la medicina di tutti i giorni: la maggior parte delle persone, se deve prenotare una visita o un esame, si trova di fronte a liste d’attesa di mesi e mesi. Questo modello ha fatto sì che venissero tagliati finanziamenti alla medicina preventiva, alla sorveglianza sanitaria ed epidemiologica, quelle branche della medicina che servono ad esempio ad intercettare il prima possibile una nuova presenza infettiva sul territorio, consentendo così alla Regione di attivare per tempo le risposte necessarie. Adesso noi sappiamo che il virus in Lombardia è arrivato a dicembre e ha circolato per due mesi totalmente indisturbato, senza che nessuno se ne accorgesse. Con la nostra ricerca verificheremo se e come sono stati effettivamente tagliati i finanziamenti alla medicina preventiva e all’assistenza territoriale e con quali conseguenze. Il libro uscirà in autunno e i diritti d’autore sanno destinati all’ospedale Sacco di Milano.
“Pompei non può essere associata al turismo di massa, ma deve avere come obiettivo quello della qualità”. Gabriel Zuchtriegel stringe tra le mani il suo biglietto nominativo, quello che da oggi è obbligatorio per entrare negli scavi che dirige dal febbraio 2021. È una delle novità introdotte all’interno del parco archeologico. La più importante riguarda il numero chiuso per gli ingressi giornalieri, che non potranno mai superare quota 20mila. Nel periodo di maggiore afflusso (dal primo aprile al 31 ottobre), poi, saranno anche previste specifiche limitazioni a seconda delle fasce orarie: dalle 9 alle 12 massimo 15mila ingressi; altri 5mila da mezzogiorno alle 17.30. L’acquisto dei ticket è consentito sul posto e online. “Alla base – spiega ancora Zuchtriegel – ci sono soprattutto motivi di sicurezza, sia dei visitatori, sia di tutela del patrimonio. Partiamo in questo periodo di bassa stagione per sperimentare tale misura, i cui numeri saranno poi esaminati con calma in vista delle giornate di maggiore afflusso”.
Obiettivo è anche combattere il fenomeno del bagarinaggio, che portava i turisti ad acquistare biglietti rivenduti a prezzi maggiorati e con l’aggiunta di “servizi” già compresi nel costo abituale del ticket. Altro proposito è puntare a distribuire i visitatori anche sugli altri siti del parco (Boscoreale, Torre Annunziata, Villa dei Misteri, Civita Giuliana e Stabia). Gli scavi di Pompei introducono le novità del numero chiuso e del biglietto nominativo dopo un’estate da record, che ha fatto registrare flussi mai visti in passato, con oltre quattro milioni di visitatori e punte di oltre 36.000 presenze in occasione di una delle prime domeniche del mese (quelle a ingresso gratuito). Questa mattina Zuchtriegel ha deciso di seguire personalmente l’avvio del cambiamento insieme con Prefettura, vigili del fuoco e consulenti dei lavoratori insieme ai quali è stata ravvisata la necessità di prevedere una gestione in piena sicurezza del sito Unesco.
“Abbiamo avuto in autunno, estate e primavera – sottolinea ancora il direttore – giornate in cui il limite dei 20.000 ingressi è stato superato: ci siamo resi conto di dover garantire a tutti i visitatori una esperienza di qualità. Pompei non deve essere un sito per il turismo di massa. Abbiamo un territorio meraviglioso e ci impegneremo a canalizzare maggiormente i flussi, ma anche gli investimenti, la ricerca e la valorizzazione di questi luoghi. Questo non è una misura contro la crescita. Anzi, noi puntiamo sulla crescita”. Nessuna gara sui numeri, come avviene in particolare in occasione delle domeniche ad ingresso gratuito: “La nostra priorità è la sicurezza – conclude Zuchtriegel -. E in caso di emergenza, abbiamo pensato di assicurare uscite controllate ai visitatori. Attenzione, siamo orgogliosi dei dati che abbiamo raggiunto in questi anni: spesso eravamo al primo posto nelle giornate di ingressi gratuiti. Questa classifica è carina, ma logica ci impone di scegliere la conservazione del nostro patrimonio: non vorremmo mai che qualche classifica finisca per danneggiarlo”.
Calano i contagi da Covid-19 in Italia. Nella settimana dal 17 al 23 ottobre si registrano 8.660 nuovi casi rispetto ai 11.433 della rilevazione precedente mentre i decessi sono 116 a fronte di 117. Il maggior numero di nuovi casi è stato registrato in Lombardia (2.693), Veneto (1.206), Piemonte (998) e Lazio (928). Mentre continua la corsa della variante Xec. E’ quanto emerge dal bollettino aggiornato e dal monitoraggio settimanale a cura del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità. Nell’ultima settimana sono stati effettuati 89.792 tamponi, in calo rispetto ai 94.880 della precedente rilevazione, e scende anche il tasso di positività, da 12% a 9,6%.
L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero ospedaliero, al 15 ottobre è pari a 0,84 rispetto a 1,06 del 9 ottobre. È in lieve diminuzione, in quasi tutte le regioni, l’incidenza settimanale: la più elevata è stata in Lombardia (27 casi per 100mila abitanti) e la più bassa in Sicilia (con 0,2 casi per 100mila abitanti). Al 23 ottobre, si legge, “l’occupazione dei posti letto in area medica è pari a 3,7%, stabile rispetto alla settimana precedente (3,8% al 16 ottobre). In lieve diminuzione l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 0,9% (76 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (1,0% al 16 ottobre)”. In base ai dati di sequenziamento nell’ultimo mese si osserva la co-circolazione di differenti sotto-varianti di JN.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di KP.3.1.1. In crescita, inoltre, la proporzione di sequenziamenti attribuibili a Xec (17% nel mese di settembre contro il 5% del mese di agosto).
Dopo il calo delle ultime settimane, tornano a salire i contagi da Covid-19 in Italia. Dal 19 al 25 settembre sono stati 11.164 i nuovi positivi, rispetto agli 8.490 della settimana precedente, pari a un aumento di circa il 30%. La regione con più casi è la Lombardia (3.102), seguita dal Veneto (1.683) e Lazio (1.302). E a crescere sono anche i decessi settimanali, passati da 93 a 112. Stabile l’impatto sugli ospedali mentre cresce la variante Xec.
Questi i dati dell’ultimo bollettino settimanale pubblicato dal ministero della Salute e del monitoraggio a cura dell’Istituto superiore di Sanità. Ad aumentare sono stati anche i tamponi, passati dai 81.586 del 12-18 settembre a 85.030, mentre il tasso di positività è passato dal 10% al 13%. Stabile invece il numero di posti letto occupati da pazienti Covid nei reparti di area medica (pari a 3% con 1.885 ricoverati), così come quelli occupati in terapia intensiva (0,7% con 62 ricoverati). I tassi di ospedalizzazione e mortalità restano più elevati nelle fasce di età più alte.
L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero, è pari a 0,9, in lieve aumento rispetto alla settimana precedente. Mentre l’incidenza è di 19 casi per 100mila abitanti, anche questa in aumento rispetto alla settimana precedente (14 casi per 100mila abitanti). L’incidenza più elevata è in Veneto (35 casi per 100mila abitanti) e la più bassa nelle Marche (1 per 100mila). In base ai dati di sequenziamento genetico, nell’ultimo mese circolano insieme differenti sotto-varianti di Jn.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di Kp.3.1.1 (68%). In crescita, e pari a circa il 5%, i sequenziamenti del lignaggio ricombinante Xec, appartenente alla famiglia Omicron.