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Salute

In Ue 35mila morti l’anno per microbicoresistenza

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Prevedere nuovi investimenti contro l’antibioticoresistenza e progetti per la produzione di farmaci nei Paesi africani per far fronte alle esigenze della popolazione. Di queste priorità hanno discusso oggi in una sessione congiunta al G7 Salute di Ancona i ministri della Salute e delle Finanze. I numeri dell’antibioticoresistenza, in termini di casi e decessi ma anche di perdite economiche per i diversi Paesi, infatti, spaventano. Azioni di contrasto sono dunque urgenti, hanno sottolineato i ministri del G7. In Europa, si stima che l’Amr sia responsabile di circa 35.000 decessi all’anno. A livello globale, ricorda il ministero della Salute, un rapporto pubblicato su The Lancet nel 2022 ha stimato che l’antimicrobicoresistenza ha contribuito a circa 1,27 milioni di morti dirette nel 2019.

Se si includono anche i decessi in cui l’antimicrobicoresistenza (Amr) ha giocato un ruolo indiretto, la cifra sale a circa 4,95 milioni di morti. Stime della Banca Mondiale analizzano che, a livello globale, la resistenza antimicrobica potrebbe comportare 1.000 miliardi di dollari di costi aggiuntivi per l’assistenza sanitaria all’anno entro il 2050 e perdite da 1.000 a 3.400 miliardi di dollari di prodotto interno lordo all’anno entro il 2030. Secondo una stima Ocse, fra il 2015 e il 2050, se le attuali tendenze non cambieranno, il trattamento delle infezioni resistenti, nei Paesi del G7, comporterà in media una spesa straordinaria, ogni anno, di circa 7 milioni di giorni di degenza ospedaliera in più e l’Italia contribuirà a questo calcolo con circa 1,3 milioni di giorni di degenza ospedaliera in più ogni anno.

L’attuazione di un pacchetto di interventi con approccio One Health produrrebbe, a livello globale, risparmi sulla spesa sanitaria pari a 4.390 miliardi di dollari entro il 2035 e a 9.141 miliardi di dollari entro il 2050. Il continente africano, rispetto al resto del mondo, è colpito in modo sproporzionato dalla mortalità per resistenza antimicrobica, che è direttamente collegata all’elevato carico di infezioni batteriche. Questo rende l’Africa , rleva il ministero, fortemente dipendente dall’importazione di prodotti farmaceutici e ha un impatto negativo sulla disponibilità, accessibilità e qualità dei medicinali e dei vaccini essenziali. Con il Piano Mattei per l’Africa, presentato dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante il Summit Italia-Africa del gennaio 2024, l’Italia ha messo al centro della propria Presidenza G7 un forte impegno per promuovere la cooperazione con il continente africano al fine di favorire una crescita condivisa e sostenibile, anche sostenendo lo sviluppo della capacità di produzione farmaceutica in Africa.

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Salute

Faro su IA al G7 Salute, mercato da 190 mld in sanità

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L’IA sta acquistando un peso sempre maggiore anche nell’ambito sanitario. Si stima che il mercato globale dell’Intelligenza artificiale in sanità raggiunga i 190 miliardi di dollari entro il 2025, con una crescita annuale del 42%. Ma se da un lato sono enormi le potenzialità di questo strumento anche a fini diagnostici, dall’altro è necessario governarne i rischi. Il tema è stato al centro dei lavori del G7 dei ministri della Salute ad Ancona, che hanno prodotto una dichiarazione finale in cui so sottolinea pure la necessità di colmare i ‘gap’ di conoscenza rispetto al mondo dell’Ia a livello globale. “Bisogna ulteriormente valorizzare le opportunità della tecnologia rappresentate dalla robotica e dall’Intelligenza artificiale, di cui abbiamo parlato durante l’ultima sessione del G7, che hanno iniziato a trasformare le nostre capacità diagnostiche, terapeutiche e riabilitative”, ha affermato il ministro della Salute Orazio Schillaci nella conferenza stampa finale del G7 Salute.

Schillaci ha sottolineato come l’Ia non vada “temuta o contrastata ma governata avendo sempre un approccio etico e ricordando che nessuna tecnologia può sostituire la decisione dell’uomo, in questo caso dai medici e dagli operatori sanitari. Proprio su questo argomento così importante e innovativo, la nostra Presidenza – ha aggiunto – ha prodotto un altro risultato concreto e significativo. Per la prima volta i membri del G7 hanno approvato un policy brief su Intelligenza Artificiale e Salute”. Nel policy brief, ovvero un documento di indirizzo comune, i paesi del G7 evidenziano i rischi dell’Ia, oltre alle sue opportunità: uno “sviluppo e diffusione incontrollati e non regolamentati dell’intelligenza artificiale nei sistemi sanitari- affermano – possono comportare gravi rischi per gli operatori sanitari e pazienti. Questo è il motivo per cui sono stati creati quadri giuridici aggiornati”.

Il documento di indirizzo punta inoltre i riflettori sul ‘gap digitale’ degli operatori sanitari e della popolazione generale per quanto riguarda i sistemi di intelligenza artificiale: “E’ probabilmente dovuto a una combinazione di scarse conoscenze delle tecnologie a causa dei rapidi sviluppi, della mancanza di comprensione delle possibili applicazioni e mancanza di incentivi e sostegno per l’attuazione di soluzioni digitali, oltre a sfiducia nella tecnologia”. I Paesi del G7 affermano dunque di sostenere “il lancio di campagne di comunicazione dedicate alla popolazione generale sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale in sanità attraverso i media tradizionali e i social media”. Ed ancora: l’obiettivo è “superare la sfiducia tecnologica. Allo stesso modo, riconosciamo la necessità che le persone aumentino la propria alfabetizzazione in materia di intelligenza artificiale”. La Commissione Europea prevede di investire un miliardo di euro all’anno nell’IA grazie ai programmi Europa digitale e Orizzonte Europa. Si prevede che l’IA nel settore sanitario genererà 150 miliardi di dollari di risparmi annuali per il sistema sanitario degli Stati Uniti entro il 2026 grazie a diagnosi migliorate e a maggiori efficienze operative. Inoltre, l’uso dell’IA in telemedicina è aumentato del 150% durante la pandemia di Covid, dimostrando il suo potenziale nel garantire assistenza a distanza.

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Prima cornea artificiale ibrida trapiantata in Italia

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L’innesto della prima cornea artificiale ibrida, frutto della ricerca italiana, ha restituito a una profuga palestinese dalla Siria, Rasha, tre decimi di acuità visita e la possibilità di tornare a vedere. Si chiama Intra-ker, ed è stata messa a punto da Massimo Busin, dell’Università di Ferrara, in collaborazione con Fondazione Banca degli Occhi del Veneto Ets, ed è un dispositivo sintetico che viene inglobato all’interno di due strati di tessuto corneale proveniente da donatore, innestato nell’occhio del paziente.

Il trapianto ideato da Busin con l’ausilio della banca degli occhi veneta si trova oggi al centro di un progetto di ricerca finanziato con i fondi del Pnrr e guidato da Teresio Avitabile, ordinario dell’Università di Catania, che vede coinvolti per la fase clinica anche Vincenzo Scorcia, dell’Università Magna Græcia di Catanzaro e Marco Mura, dell’Università di Ferrara. L’intervento è avvenuto il 29 maggio scorso a Forlì, dove Busin stava mettendo a punto la sua cornea artificiale. Due giorni dopo l’intervento la benda è stata tolta, e Rasha ha iniziato a vedere ed è riuscita a leggere il primo giugno all’Ospedale Villa Igea. In tutto sono stati effettuati tre interventi su altrettanti pazienti presso le strutture di Ospedali Privati Forlì, e a distanza di oltre quattro mesi offrono risultati incoraggianti.

“Ogni anno nel mondo – commenta Busin – si effettuano 185mila trapianti di cornea, tuttavia settemila falliscono e 12,7 milioni di cittadini a livello globale restano in attesa di trapianto. Il dispositivo Intra-ker è stato ideato come una protesi ottica intracorneale e può essere utilizzato come cornea artificiale in interventi ad hoc, a scopo compassionevole, in pazienti per i quali il normale trapianto sistematicamente fallisce perché l’occhio non tollera la cornea da donatore”. Il dispositivo in polimetilmetacrilato si compone di una parte ottica centrale e di estremità periferiche che servono a stabilizzare la protesi nell’occhio.

La protesi viene inserita avvolta da due sottili innesti di cornea da donatore, forniti dalla Banca degli occhi e ricavati dall’isolamento di uno strato interno, chiamato ‘pre-descemetico’, spesso una decina di micron. Questi due sottili lembi evitano il rischio di estrusione della protesi e mantengono nel tempo la loro trasparenza permettendo al paziente di tornare a vedere. Per la Fondazione Banca degli Occhi del Veneto, responsabile della validazione e dell’invio dei tessuti da donatore, si tratta della prima preparazione di tessuto per trapianto di questo genere.

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Salute

Sos internisti, a rischio assistenza negli ospedali

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“Senza adeguati provvedimenti, la sanità italiana vivrà una crisi peggiore rispetto a quella avuta con il Covid”. Il presidente della Società italiana di medicina interna (Simi), Giorgio Sesti, lancia l’allarme. Una crisi in “radioterapia, medicina nucleare e cure palliative” che si aggiungerà a quella degli internisti, alimentata da sottofinanziamento, sovraffollamento dei pronto soccorso, ostilità verso il personale sanitario, con oltre 16mila casi di violenza nel 2023. “Andando avanti così nel prossimo futuro non saremo più in grado di gestire gli ospedali dedicati a queste attività”, conferma Gerardo Mancuso, vicepresidente, alla vigilia del 125° Congresso Simi, da domani a domenica 13 ottobre a Rimini.

Nel 2024 solo il 79% delle borse di specializzazione in medicina interna è stato coperto: scarsa attrattività per un ruolo chiave negli ospedali grazie alla sua visione globale e olistica, controparte della chirurgia generale, che ha visto assegnato solo il 51% dei posti. “Servono maggiori investimenti sul personale, una legge adeguata sulle richieste di risarcimento danni, maggiore sorveglianza, sicurezza e prevenzione delle aggressioni”, sottolinea Mancuso.

“Una legge non basta”. Tra i temi del Congresso non solo criticità, ma anche traguardi (come l’incremento dei soci Simi a 4.800, il 70% under40), scoperte e prospettive. Attenzione su ambiti di interesse “classici” per gli internisti, come l’ipertensione: con le nuove linee guida della Società europea di cardiologia (Esc), la platea italiana da attenzionare si alza a 25-28 milioni di persone con ipertensione o “pressione elevata”. Nuova categoria che “serve soprattutto a sensibilizzare i pazienti”, spiega Giovanbattista Desideri, segretario Simi. E nuovi percorsi di ricerca, tra cui l’obesità, per cui oggi si può disporre di farmaci simili agli ormoni naturali in grado di far perdere peso in modo sano, con importanti effetti anche su protezione cardiovascolare, renale, epatica, e sui disturbi neurocognitivi, aprendo la strada a nuove aree di studio per una patologia sempre più “da internisti” e multidisciplinare. Infine, nuove scoperte.

Un gruppo di ricercatori italiani, guidati dal presidente onorario Simi, Francesco Violi, ha individuato un nuovo meccanismo alla base di infarti e ictus che parte dalla barriera intestinale. Responsabile è il lipopolisaccaride (Lps), presente in alcuni batteri, che può arrivare nel sangue trasportato dal colesterolo “cattivo” e infiammare le arterie: le piastrine “formano un trombo, andando a interrompere il flusso del sangue nell’arteria”, spiega Violi, “dando luogo a infarto o ictus”. Al vaglio nuove terapie, tra cui una “che sfrutta l’Lps come nuovo target terapeutico anti-trombosi”.

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