Sono rimasti per una settimana senza acqua né cibo, in balia delle onde e del terrore. Ai soccorritori hanno raccontato l’incubo di quel viaggio, delle sessanta persone morte in mare, davanti ai loro occhi. Tra loro anche un bambino di un anno e mezzo, insieme con la mamma. È l’ennesima tragedia nel Mediterraneo, in quel cimitero d’acqua dove nelle ultime 24 ore la Ocean Viking, la nave di Sos Mediterranee, ha salvato quasi 300 persone, compresi i 25 sopravvissuti del gommone in avaria al largo della Libia. Un salvataggio proprio mentre, sul fronte giudiziario, è arrivata la notizia della decisione della Corte di giustizia europea di respingere l’iter urgente per il decreto Cutro che, dunque, sarà trattato con procedura ordinaria. Strasburgo dovrà decidere su alcuni ricorsi che il ministero dell’Interno aveva avanzato in Cassazione contro le ordinanze del Tribunale di Catania di non convalidare il trattenimento di alcuni migranti tunisini a Pozzallo, in applicazione di quanto disposto dal decreto del governo dopo la tragedia di Cutro.
Cronaca giudiziaria a parte, quello che resta dell’ennesima strage nel Mediterraneo sono le parole di chi è riuscito a salvarsi. Il gommone era partito da Zawiya, una settimana fa, ma dopo 3 giorni di navigazione il motore si è rotto. I migranti sono rimasti così in balia del mare per quattro lunghissimi giorni, senza acqua né cibo, prima che l’equipaggio della Ocean Viking li individuasse. Ore interminabili in cui a decine sono morti. “Ho incontrato un uomo che ha perso la moglie e il figlio di un anno e mezzo – racconta la portavoce dell’ong, Lucille Guenier -. Il bimbo è morto i primi giorni di navigazione, la mamma il quarto. Erano tutti senegalesi e si trovavano in Libia da più di due anni”. Con loro, a bordo del gommone, c’erano circa cento persone arrivate “allo stremo della loro resistenza fisica”, come spiegano i medici della Ocean Viking.
“Due persone erano svenute – racconta Anne -, molti altri in ipotermia e quasi tutti estremamente disidratati avendo bevuto solo un po’ di acqua di mare per restare in vita”. Inevitabile anche il contraccolpo psicologico, dopo aver assistito alla morte di decine di persone, familiari, amici o soltanto conoscenti, inghiottiti dal mare. Due dei sopravvissuti sono stati evacuati dalla Ocean Viking con un elicottero della Guardia Costiera che li ha trasbordati fino a Lampedusa. Dall’isola i due migranti sono stati nuovamente trasferiti a bordo di due elicotteri e ricoverati negli ospedali di Agrigento e Palermo per le cure del caso. Ma il salvataggio disperato della scorsa notte non è stato l’unico per la nave di Sos Mediterranee, che ha operato altri due soccorsi su indicazione della Guardia Costiera italiana, salvando la vita ad altre 224 persone, tra le quali diverse donne e 35 minori non accompagnati. Ora ad attenderli è un altro lungo viaggio verso il porto sicuro assegnato loro, quello di Ancona.
“Il viaggio di 1.450 km – denuncia l’ong – rischia di peggiorare le condizioni mediche dei naufraghi, alcuni sono ancora attaccati all’ossigeno per riprendersi”. Inevitabile esplode la polemica, con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni che definisce “ampiamente insufficiente” il sistema di soccorso in mare e lancia un appello a “fare di più per salvare vite”. L’Unhcr ha espresso “profonda tristezza” lanciando un appello affinché “le persone non devono essere messe nelle condizioni di rischiare la loro vita in cerca di salvezza”. Parla di “ennesima strage di innocenti” il capogruppo in Senato di dell’Alleanza verdi e Sinistra, Peppe De Cristofaro, mentre il responsabile del Pd per le politiche migratorie, Pierfrancesco Majorino, accusa il governo italiano per la “vergognosa ennesima strage senza soccorsi”. Critiche arrivano anche da M5S e +Europa, con il segretario Riccardo Magi che invoca una missione europea di monitoraggio e soccorso nel Mediterraneo.
Il 23 novembre 1980 è una data incisa nella memoria dell’Italia. Alle ore 19:35, una scossa di terremoto di magnitudo 6,8, seguita da un’altra di magnitudo 5, devastò le province di Avellino, Salerno e Potenza, colpendo anche altre zone della Campania e della Basilicata. Una tragedia che causò migliaia di vittime e distrusse interi paesi, lasciando ferite profonde nel cuore delle comunità.
A 44 anni di distanza, i Vigili del Fuoco di Avellino, insieme alle istituzioni e ai cittadini, vogliono rendere omaggio alle vittime e ai feriti di quella catastrofe, ricordando anche il sacrificio di chi, con coraggio e abnegazione, si mobilitò per portare soccorso.
Il ricordo dei soccorritori
I Vigili del Fuoco furono tra i protagonisti della risposta all’emergenza. Nonostante le difficoltà rappresentate da un territorio montagnoso, dalle condizioni meteorologiche avverse e dalle vie di comunicazione interrotte, operarono senza sosta per mesi. Ragazzi che, con il loro spirito di adattamento, riuscirono a superare ogni ostacolo, guadagnandosi il rispetto e l’ammirazione della popolazione colpita.
«Vogliamo ricordare l’immane lavoro dei nostri colleghi Vigili del Fuoco, che affrontarono sacrifici personali senza precedenti per fronteggiare una situazione straordinaria», sottolineano oggi i rappresentanti del corpo.
Un messaggio dal Ministro Piantedosi
Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha partecipato alle commemorazioni a Sant’Angelo dei Lombardi, uno dei comuni più colpiti dal sisma, ricordando con commozione il sacrificio delle vittime e il moto di solidarietà che ne seguì.
«Quella tragedia rappresentò uno spartiacque per il nostro Paese, evidenziando la necessità di un Sistema nazionale di protezione civile. Oggi, la Protezione Civile italiana è un modello d’eccellenza riconosciuto a livello internazionale», ha dichiarato Piantedosi.
L’impatto storico e umano
La scossa devastò un’area di 17.000 chilometri quadrati, rendendo i soccorsi estremamente complessi. Cinque giorni dopo il sisma, tutti i corpi erano stati estratti dalle macerie, ma il lavoro di ricostruzione e assistenza durò per mesi. Allora, il presidente Sandro Pertini denunciò i gravi ritardi nei soccorsi, sollevando l’urgenza di migliorare le risposte alle emergenze.
Quella tragedia fu il punto di partenza per la nascita, nel 1982, del Dipartimento della Protezione Civile, che oggi coordina le emergenze sul territorio nazionale con rapidità ed efficacia.
Un tributo all’Italia solidale
L’anniversario del terremoto in Irpinia è un’occasione per ricordare non solo il dolore, ma anche la straordinaria solidarietà che unì il Paese. Da ogni angolo d’Italia arrivarono soccorritori e aiuti per sostenere le popolazioni colpite.
I Vigili del Fuoco di Avellino celebrano oggi il coraggio e la dedizione di chi si sacrificò per portare speranza e sollievo in un momento di disperazione, riaffermando il valore della memoria collettiva e dell’impegno civile.
Questa mattina, alle ore 8:35, è stata registrata una lieve scossa di terremoto di magnitudo 2,2 della scala Richter sul Vesuvio, precisamente sul versante di Ottaviano. La scossa, localizzata a una profondità di appena 20 metri, è stata percepita dalla popolazione locale, sebbene senza provocare danni.
Un evento di natura superficiale
La particolarità di questo evento sismico è la sua natura superficiale: essendo avvenuto a una profondità molto ridotta, il movimento del suolo è stato avvertito con maggiore intensità nelle aree circostanti l’epicentro, pur trattandosi di una magnitudo contenuta.
La rete di monitoraggio sul Vesuvio
Il Vesuvio, uno dei vulcani attivi più monitorati al mondo, è costantemente sotto osservazione dagli esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Gli eventi sismici di bassa intensità e profondità, come quello di questa mattina, rientrano nelle normali attività vulcaniche e tettoniche dell’area.
Cosa significa per la popolazione
Gli esperti sottolineano che una scossa di questa entità non rappresenta un motivo di preoccupazione. Tali fenomeni sono parte della normale attività geodinamica dell’area vesuviana e non indicano necessariamente cambiamenti significativi nel comportamento del vulcano.
Consigli per la cittadinanza
È sempre utile che la popolazione residente in aree vulcaniche adotti semplici pratiche di prevenzione e segua le comunicazioni ufficiali delle autorità locali e degli enti scientifici.
L’evento odierno, pur avvertito dalla cittadinanza, rientra nella casistica di scosse leggere che non destano particolari allarmi, ma che ricordano l’importanza di vivere consapevolmente in una zona caratterizzata da fenomeni naturali unici.
Ad Avellino l’intervento congiunto dei Vigili del Fuoco e della Polizia di Stato hanno portato al salvataggio di una donna e dei suoi figli da una situazione critica.
Il delicato intervento si è svolto ad Avellino, in via Circumvallazione, dove i Vigili del Fuoco sono intervenuti su richiesta della Polizia di Stato per affrontare una grave situazione di emergenza familiare. Un uomo, armato di coltello, minacciava la sua compagna, una donna di origini senegalesi, e i loro tre figli: due bambine e un maschietto.
La donna, temendo per la propria vita e quella dei suoi figli, si era rifugiata in una stanza chiusa a chiave. In cerca di aiuto, aveva portato i bambini sul balcone, attirando così l’attenzione delle forze dell’ordine e dei soccorritori. La tempestività dei Vigili del Fuoco, intervenuti con un’autoscala, ha permesso di mettere subito in salvo le due bambine, che sono state portate in un luogo sicuro.
Mentre l’operazione di soccorso continuava per raggiungere la madre e il figlio, l’uomo è riuscito a sfondare la porta della stanza, aumentando ulteriormente il rischio per i presenti. È stato in quel momento che gli agenti della Polizia di Stato, già sul posto, sono intervenuti con prontezza, riuscendo a bloccare e neutralizzare l’aggressore prima che potesse ferire qualcuno.
Completata la messa in sicurezza dell’uomo, i Vigili del Fuoco hanno riportato le bambine al fianco della madre, concludendo con successo l’intervento. Nessuno tra i coinvolti ha riportato ferite, e la donna e i suoi figli sono stati affidati alle cure dei servizi sociali per il supporto necessario.