Probabilmente se l’aspettava da giorni. E quando i carabinieri del Ros sono andati ad arrestarla non ha detto una parola. Ha preso le sue cose e li ha seguiti in carcere. L’ultima puntata, almeno per ora, della indagine sulla rete di fiancheggiatori che ha coperto la latitanza di Matteo Messina Denaro ha per protagonista Laura Bonafede, maestra, figlia dello storico padrino di Campobello Leonardo Bonafede, per molto tempo ha intrattenuto una relazione sentimentale con il boss latitante. La procura di Palermo l’accusa di essere stata un pezzo fondamentale del meccanismo che per 30 anni ha protetto la latitanza di Messina Denaro. I due, insieme alla figlia della donna, Martina Gentile, indagata per favoreggiamento e procurata inosservanza della pena come la madre, avrebbero vissuto insieme e si sarebbero comunque sempre frequentati.
“Eravamo una famiglia”, scrive il capomafia in un pizzino diretto a Blu, uno dei nomi in codice usati per la maestra. Lei si occupava del sostentamento e della sicurezza del boss, gli faceva la spesa durante la pandemia nel timore che si ammalasse e non potesse uscire di casa, condivideva con lui linguaggi cifrati, segretissimi pizzini, affari e informazioni sulla cosca. Secondo il gip, per il padrino nutriva una sorta di adorazione, sentimento che emerge dalle lettere d’amore trovate nei covi del latitante. “Tale adorazione – scrive il giudice – non ha alcuna possibile spiegazione razionale e trova un senso solo nella totale adesione allo spirito, gli ideali ed i comportamenti di uno dei più feroci mafiosi conosciuti in territorio italiano”. Moglie di un killer di Cosa nostra, Salvatore Gentile, all’ergastolo per due omicidi commissionati da Messina Denaro, avrebbe continuato a vedere il capomafia fino a pochi giorni prima del suo arresto, come testimonia il frame di un video girato dalle telecamere di sorveglianza di in un supermercato di Campobello che li immortala mentre chiacchierano davanti al banco dei formaggi.
Prima in nascondigli segreti che la donna, nei pizzini, chiama “tugurio” e “limoneto”, poi a distanza, furtivamente, ogni sabato alle 11, Laura Bonafede e il boss hanno continuato a frequentarsi o anche solo a guardarsi da lontano: un legame forte il loro ricordato dal capomafia in un pizzino nel quale ringrazia la donna per l’affetto ricevuto. Gelosa delle altre frequentazioni femminili del boss, astiosa nei confronti dei ‘nemici’, così chiamava le forze dell’ordine che la tenevano sotto controllo, è rimasta fedele amica di Messina Denaro fino alla fine. La prova dei rapporti col capomafia è in decine di lettere, in una sorta di diario indirizzato al padrino e trovato nel suo covo di Campobello. E negli appunti del latitante sulle spese sostenute per regali acquistati per lei e la nipotina, la figlia di Martina Gentile. Anche con la ragazza, per cui il gip non ha disposto gli arresti domiciliari nonostante la richiesta della Procura, il capomafia aveva un rapporto strettissimo. “Io ho cresciuto una figlia che non è mia figlia biologica, ma per me è mia figlia, e mi ha dato l’amore di una figlia, mi ha voluto bene e mi vuole bene, ha molto di me perché l’ho insegnata io, se vedessi il suo comportamento ti sembrerei io al femminile.”, scriveva alla sorella Giovanna parlando di Martina.
Laura e la figlia, due donne che, anche condizionate dall’aria respirata in famiglia, subivano la fascinazione esercitata dal boss e se ne prendevano cura. Come Lorena Lanceri, la “vivandiera” arrestata col marito per favoreggiamento, la sorella del capomafia Rosalia, esecutrice degli ordini del padrino, e Maria Mesi, fidanzata di gioventù, recentemente tornata sotto inchiesta per aver aiutato il latitante.