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Impasse Csm, idea Cartabia su sorteggio collegi

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Mentre la Camera approva la riforma dell’ergastolo ostativo, sollecitata l’anno scorso dalla Corte Costituzionale, la fondamentale riforma del Csm segna ancora il passo, con una nuova riunione del ministro Marta Cartabia con la maggioranza che pero’ non e’ stata risolutiva. Per uscire dall’impasse sul sorteggio temperato per l’elezione del Csm, sostenuto da Fi, Lega e Iv, la Guardasigilli ha ipotizzato un altro tipo di sorteggio, quello nella formazione dei collegi elettorali. Una ipotesi su cui torneranno a confrontarsi lunedi’ la Ministra con la maggioranza. Proprio il voto in Aula a Montecitorio della legge sull’ergastolo ostativo, ha fatto si’ che l’incontro tra Cartabia ed i partiti che sostengo il governo si svolgesse alle 8.30 del mattino. Da una parte si sono registrati punti di sintesi sulle porte girevoli, dall’altra sul sistema elettorale del Csm le posizioni non si sono avvicinate. Pierantonio Zanattin (Fi), Roberto Turri (Lega) e Cosimo Ferri (Iv) hanno confermato che non intendono rinunciare alla proposta del sorteggio temperato. I tre parlamentari hanno affermato che tale proposta “non e’ nelle loro disponibilita’”, nel senso che hanno un mandato dai vertici dei rispettivi partiti a portarla avanti, facendola comunque votare in Commissione. Cartabia ha ribadito i propri dubbi di costituzionalita’ sul sorteggio, seppur temperato, riguardante l’elettorato passivo (cosi’ come sulla responsabilita’ diretta dei magistrati e sul divieto per i parlamentari di essere eletti al Csm); per uscire dall’impasse il Guardasigilli ha dunque invitato a fare “un ragionamento” sull’ipotesi di sorteggio per l’ abbinamento dei vari distretti di Corte d’ Appello per formare i collegi. Uno “spunto”, ha precisato, in vista della riunione di lunedi’. Ma l’idea al momento non ha convinto i presenti. Per quanto riguarda invece le porte girevoli un primo accordo equiparerebbe i magistrati che assumono cariche di governo (sottosegretari, ministri, assessori) a quelli eletti in Parlamento o nei Consigli regionali: concluso il mandato finirebbero fuori ruolo per un certo periodo. I magistrati candidati ma non eletti non potrebbero rientrare nei distretti in cui si sono candidati. Quanto ai magistrati che assumono incarichi apicali amministrativi (capo di Gabinetto, capo ufficio legislativo), rimarrebbe per un solo anno il divieto di ritornare a funzioni giurisdizionali, e per tre anni l’impossibilita’ di assumere ruoli direttivi o semi-direttivi. Lunedi’ la nuova riunione deve sciogliere diversi nodi, anche perche’ da martedi’ la Commissione deve cominciare a votare. A fronte di una riforma che arranca, ne e’ stata approvata dalla Camera un’altra che all’inizio vedeva le posizioni della maggioranza distanti, quella dell’ergastolo ostativo, sollecitata dalla Corte costituzionale nel maggio 2021 quando stabili’ l’illegittimita’ dell’attuale normativa. La nuova legge licenziata da Montecitorio, con l’astensione pero’ di Italia Viva, va ora al Senato. Il testo prevede che la non collaborazione con i magistrati di condannati per mafia e terrorismo non sia un elemento ostativo assoluto per chiedere i benefici penitenziari, bensi’ relativo: per ottenerli occorrera’ loro dimostrare di aver rotto i legami con la mafia e gli ambienti in cui sono maturati i loro reati.

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Giustizia, stretta sulle toghe politicizzate e sui reati informatici: il decreto del governo in arrivo

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La riforma della giustizia torna al centro del dibattito con il nuovo decreto che il governo si appresta a varare lunedì prossimo in Consiglio dei Ministri. Tra le novità principali, spiccano due misure destinate a far discutere: l’introduzione di sanzioni per i magistrati che non rispettano il dovere di astensione in casi di conflitto di interesse e una stretta sui reati informatici e sul dossieraggio illegale.

Sanzioni per le toghe politicizzate

Il decreto introduce una nuova norma che obbliga i magistrati a astenersi dal giudicare su questioni rispetto alle quali si sono già espressi pubblicamente attraverso editoriali, convegni o social network. In caso di violazione, il Consiglio Superiore della Magistratura potrà adottare sanzioni che vanno dall’ammonimento alla censura, fino alla sospensione.

Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, questa norma intende tutelare il principio di imparzialità della magistratura, un obiettivo che la maggioranza considera fondamentale per garantire l’equilibrio tra i poteri dello Stato.

La misura ha già suscitato polemiche tra le toghe e riacceso il dibattito sulla presunta politicizzazione della magistratura. L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha espresso preoccupazione per quella che definisce un’“invasione di campo” da parte del governo.

La questione delle migrazioni e il caso Silvia Albano

La norma sulle toghe politicizzate sembra trarre origine da recenti tensioni tra il governo e alcune sezioni della magistratura, in particolare sui temi legati all’immigrazione. Emblematico il caso della giudice Silvia Albano, che aveva criticato l’accordo tra Italia e Albania sui migranti, trovandosi poi a giudicare direttamente su questa materia.

Albano, presidente di Magistratura Democratica, è stata bersaglio di critiche da parte della maggioranza per la sua posizione pubblica contro il “decreto Paesi sicuri”. La sua decisione di non convalidare il trattenimento di 12 migranti nel centro italiano in Albania ha sollevato ulteriori tensioni.

Stretta sui reati informatici e dossieraggi

Il decreto affronta anche il problema dei reati informatici, introducendo nuove misure per contrastare l’accesso abusivo ai database pubblici. Tra le novità principali:

  • Arresto in flagranza per chi viola sistemi informatici di interesse pubblico, militare o legati alla sicurezza nazionale.
  • Trasferimento delle indagini sui reati di estorsione tramite mezzi informatici alla procura Antimafia, guidata da Giovanni Melillo.

Queste misure arrivano in risposta a recenti scandali legati al dossieraggio illegale, come l’indagine della DDA di Milano sulla “centrale degli spioni” che trafugava dati sensibili da banche dati governative, coinvolgendo figure politiche di primo piano come la premier Giorgia Meloni.

Un antipasto per la riforma delle carriere

Questo decreto rappresenta solo l’inizio di un più ampio progetto di riforma delle carriere di giudici e pm che il governo sta portando avanti in Parlamento. La maggioranza intende ridefinire i rapporti tra i poteri dello Stato, nonostante le inevitabili polemiche con la magistratura.

Secondo il ministro Nordio, l’obiettivo è garantire un sistema giudiziario più equo e trasparente, ma l’ANM e altre voci critiche temono che queste misure possano indebolire l’autonomia delle toghe.

Un Natale caldissimo per la giustizia italiana

Le nuove norme, che toccano temi delicati come la gestione dell’immigrazione, i reati informatici e l’imparzialità dei magistrati, promettono di accendere il dibattito politico e giudiziario. Il governo va avanti, ma il confronto con le toghe e le associazioni di categoria si preannuncia acceso.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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