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Cronache

Il sindaco ladro di biciclette finito nel frullatore mediatico ora rischia di essere processato

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La vicenda è paradossale. Perchè evidenzia tutti i limiti della giustizia italiana e della narrazione dei fatti che accadono in questo Paese. Oggi sui giornali napoletani c’è una notizia che se non fosse vera sarebbe da ridere. C’è un sindaco che sarebbe indagato per furto di biciclette. Dice: ma è impazzito? Un sindaco che ruba biciclette? Non solo ruberebbe biciclette, ma le ruberebbe a migranti. Dunque moralmente oltre che penalmente la cosa sarebbe ancora più grave. E chi è questo sindaco ladro di biciclette? Un sindaco di destra, uno che nel suo profilo social si mostra assieme a Giorgia Meloni. Un sindaco di Fdi.  Basta mettere nel frullatore mediatico in sequenza il sindaco di Fdi, il furto di biciclette e i migranti e lo scandalo politico è dietro l’angolo. Il sindaco ladro di biciclette  (questa è l’accusa su cui poi ci soffermiamo meglio) è di Striano, provincia di Napoli. Si chiama Antonio Del Giudice, e  questa mattina appena sveglio ha trovato sul suo telefonino una marea di messaggi di amici, parenti, elettori e affini che lo rincuoravano e solidarizzavano per l’inchiesta che lo vedeva coinvolto come ladro di biciclette. A proposito, ladro in concorso: non da solo. Ci sarebbe a Striano, questo delizioso paesino del Napoletano, una banda di ladri di biciclette. Alla cui testa ci sarebbe il sindaco. Per ora il sindaco e altri due componenti della banda sono stati indagati. I due complici del sindaco sono niente di meno che due volontari della protezione civile. Tutti e tre sono stati raggiunti da un avviso di conclusione indagini con un’ipotesi precisa di reato: furto pluriaggravato. Una cosa seria, una inchiesta delicatissima. Una bomba giudiziaria. Lui, il sindaco, il capo della banda di ladri di biciclette, dice “non ho commesso nessun furto, mi sono semplicemente limitato a rimuovere alcune biciclette ferme, con tanto di catena, nell’androne del Comune e poste in modo da ostruire anche il regolare passaggio. Per giunta personalmente non sapevo a chi appartenessero quei mezzi. Ho fiducia nella magistratura e porterò nelle sedi opportune le prove che dimostrano l’estraneità ai fatti che mi vengono contestati’’. Sono parole riportate da Il Mattino che correttamente chiede al sindaco indagato la sua versione dei fatti.

La dichiarazione forbita sembra essere tratta da un manuale di difesa dell’indagato. C’è la fiducia nella magistratura (in Italia la fiducia nelle toghe è al 39 per cento, quindi questo sindaco è parte di quella minoranza che si fida dei giudici) ed ha pure le prove per dimostrare di non essere  un ladro e di non avere manco complici.  Però la Procura della Repubblica di Torre Annunziata e i carabinieri che hanno svolto le indagini dopo la denuncia presentata da uno dei proprietari delle bici, potrebbero essersi convinti che quei mezzi “sono stati portati via intenzionalmente ben sapendo  a chi appartenessero” scrive il Mattino. Cioè, il sindaco e i suoi due complici avrebbero preso le bici e le avrebbero portate via sapendo che erano di cittadini extracomunitari che “sfruttavano la vicinanza del Comune con la stazione della Circumvesuviana per fermare lì i loro mezzi di trasporto e partire alla volta di Napoli, dove lavorano come ambulanti in aree mercatali”. Non risulta, almeno il Mattino non lo fa rilevare, che ci sia anche la contestazione dell’aggravante razziale nel reato di furto. Però le inchieste sono sempre molto riservate e non è detto che agli indagati non siano stati contestati anche altri reati.

Ma come nasce questa delicatissima inchiesta? Era metà novembre. Secondo quanto riportato da Il Mattino, che cita le conclusioni degli inquirenti, il sindaco si sarebbe armato di una grossa tronchese e, facendosi aiutare dagli altri due indagati, avrebbe spezzato le catene che assicuravano le biciclette dalle azioni dei malintenzionati e le avrebbe portate via. Le foto all’epoca finirono sui social. Dai social al dibattito politico del paesino il passo fu breve. Nel paesino per tutto il mese di novembre e fino ad oggi non s’è parlato d’altro. A Striano se ne sono fregati del Covid, della pandemia sanitaria, della pandemia sociale, dei problemi di bilancio del Comune. No, si discute solo delle biciclette rubate dal sindaco e dai suoi complici a questi poveri migranti che le parcheggiavano dentro il Comune e le incatenavano per evitare che qualche ladro (altri ladri, non il sindaco) le portassero via.  La discussione su quell’episodio finì in consiglio comunale. L’opposizione attaccò Antonio Del Giudice a testa bassa. Un sindaco di Fratelli d’Italia che ruba le biciclette è una roba che non si può non cavalcare. Se poi uno ruba ai migranti, apriti cielo! Sta di fatto che quando i proprietari sono tornati e non hanno più trovato le loro bici, dopo aver chiesto spiegazioni ottenendo a quanto pare risposte evasive o non convincenti, si sono convinti del furto ed hanno deciso di rivolgersi ai carabinieri. Che ritrovarono le biciclette e le riconsegnarono ai migranti. Le bici, scrive il Mattino, furono trovate “a casa del sindaco Del Giudice”. Ora i tre indagati potranno presentare proprie memorie difensive o farsi interrogare dai magistrati (di cui hanno fiducia) entro venti giorni. Su questa storia, con ogni probabilità, si farà un processo. Un accertamento di legalità come altri? Sì. Ed è bene che si faccia. Ma la storia è così paradossale, kafkiana, assurda, che ti viene il sospetto che si stia perdendo del tempo.  Però in Italia l’azione penale è obbligatoria e i magistrati oltre ad essere inamovibili sono irresponsabili: nel senso che non rispondono delle perdite di tempo oltre che degli errori giudiziari. Ah, piccola notazione: nel nome di questo sindaco c’è la parola Giudice. E questo sindaco spera di trovare un giudice per evitare un processo che nasce già morto.

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Avellino, una donna e i suoi figli tratti in salvo da Polizia e Vigili del fuoco

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Ad Avellino l’intervento congiunto dei Vigili del Fuoco e della Polizia di Stato hanno portato al salvataggio di una donna e dei suoi figli da una situazione critica.

Il delicato intervento si è svolto ad Avellino, in via Circumvallazione, dove i Vigili del Fuoco sono intervenuti su richiesta della Polizia di Stato per affrontare una grave situazione di emergenza familiare. Un uomo, armato di coltello, minacciava la sua compagna, una donna di origini senegalesi, e i loro tre figli: due bambine e un maschietto.

La donna, temendo per la propria vita e quella dei suoi figli, si era rifugiata in una stanza chiusa a chiave. In cerca di aiuto, aveva portato i bambini sul balcone, attirando così l’attenzione delle forze dell’ordine e dei soccorritori. La tempestività dei Vigili del Fuoco, intervenuti con un’autoscala, ha permesso di mettere subito in salvo le due bambine, che sono state portate in un luogo sicuro.

Mentre l’operazione di soccorso continuava per raggiungere la madre e il figlio, l’uomo è riuscito a sfondare la porta della stanza, aumentando ulteriormente il rischio per i presenti. È stato in quel momento che gli agenti della Polizia di Stato, già sul posto, sono intervenuti con prontezza, riuscendo a bloccare e neutralizzare l’aggressore prima che potesse ferire qualcuno.

Completata la messa in sicurezza dell’uomo, i Vigili del Fuoco hanno riportato le bambine al fianco della madre, concludendo con successo l’intervento. Nessuno tra i coinvolti ha riportato ferite, e la donna e i suoi figli sono stati affidati alle cure dei servizi sociali per il supporto necessario.

 

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Il mercato dei cimeli: una ciocca di capelli di Diego Maradona all’asta per 50mila euro

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Il mercato dei cimeli legati alle grandi leggende del passato non smette di stupire, e anche Diego Armando Maradona ne è protagonista. Tra ciocche di capelli, maglie storiche e pezzi unici, la passione per il Pibe de Oro continua a ispirare collezionisti e fan in tutto il mondo.

Capelli da record: Elvis Presley e Maradona

Il mercato delle ciocche di capelli ha visto protagonisti nomi leggendari, come Elvis Presley, la cui ciocca fu venduta nel 2002 per la cifra record di 100mila euro. Ora è il turno di Maradona: il 15 dicembre, la casa d’aste Aguttes di Parigimetterà in vendita una ciocca dei capelli del campione, tagliata nel 2018 a Dubai quando allenava il Fujairah. La ciocca è custodita da Stefano Ceci, assistente e amico di Maradona, ed è stimata tra i 35mila e i 50mila euro. «L’ho conservata e ora la propongo per beneficenza», spiega Ceci, che gestisce anche i diritti d’immagine di Diego.

La maglia della Mano de Dios

Tra i pezzi pregiati messi all’asta, spicca una maglia commemorativa della Nazionale argentina, realizzata nel 2006 per celebrare i 20 anni dal trionfo ai Mondiali di Città del Messico del 1986. Sul retro, la maglia reca l’autografo di Maradona e l’impronta in oro della sua mano sinistra, simbolo del celebre gol contro l’Inghilterra, la “Mano de Dios”. Stimata tra i 40mila e gli 80mila euro, è accompagnata da un video che documenta Diego mentre lascia la sua impronta.

Cimeli contesi e maglie milionarie

Il mercato dei cimeli di Maradona ha visto altre aste straordinarie. Nel 2022, Sotheby’s ha venduto per 8,8 milioni di eurola maglia indossata da Maradona contro l’Inghilterra, il pezzo sportivo più costoso mai venduto. Altrettanto clamoroso è stato il caso del Pallone d’Oro “non ufficiale” ricevuto da Maradona nel 1986, finito all’asta da Aguttes. Tuttavia, la vendita fu bloccata dagli eredi del campione e dalle autorità per indagare sul sospetto percorso che il trofeo aveva seguito.

Iniziative a Napoli per ricordare Diego

Napoli, città che con Maradona ha un legame unico e profondo, si prepara a commemorare il Pibe de Oro con una serie di eventi in occasione del quarto anniversario della sua scomparsa. Tra questi:

  • Una partita a Scampia tra gli amici di Ciro Esposito e i tifosi del Boca Juniors.
  • Un “murale umano” organizzato all’Edenlandia.
  • Fiaccolate davanti allo Stadio Maradona e al murale nei Quartieri Spagnoli.
  • Selfie con Dieguito, il pupazzo dedicato al campione, in piazza Plebiscito.

Il legame di Maradona con il popolo

Diego era ben consapevole dell’impatto che aveva sui suoi tifosi. Quarant’anni fa, Napoli fu invasa da bancarelle che vendevano parrucche ispirate ai suoi capelli. «Se queste persone vivono grazie a me, io ne sono felice, perché sono stato povero come loro», diceva Maradona, con il sorriso che lo ha reso eterno nei cuori dei napoletani.

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Meloni stoppa Salvini ma avverte, Israele non come Hamas

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Discutere della sentenza della Corte penale internazionale sull’arresto di Benjamin Netanyahu al tavolo del G7 e provare a concertare assieme agli alleati una linea comune. Nelle stesse ore in cui 4 soldati italiani restano feriti nella base Unifil in Libano dopo un lancio di missili di Hezbollah, il governo cerca di gestire il nodo della decisione dell’Aja sul leader israeliano – e sul suo ex ministro della Difesa Gallant – coinvolgendo i partner europei e occidentali. E’ l’input che Giorgia Meloni affida ad Antonio Tajani (che tra l’altro rivendica su questi temi il ruolo di palazzo Chigi e della Farnesina) dopo le divisioni emerse nell’esecutivo che di certo non le avranno fatto piacere, anzi.

Le fughe in avanti dei ministri irritano palazzo Chigi che, invece, sui dossier delicati vorrebbe che il governo si esprimesse con un’unica voce. Ecco perchè di fronte al susseguirsi di dichiarazioni la premier, in vista del vertice di maggioranza convocato per lunedì, decide intanto di mettere nero su bianco quella che deve essere la linea di tutto il governo. La premessa è che sulla sentenza della corte dell’Aja vadano fatti degli approfondimenti per capirne le motivazioni che, sottolinea, “dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica”.

Ma “un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas”. Una presa di posizione che ha come obiettivo anche quello di mettere a tacere i distinguo e le voci in libertà nella compagine. Accanto alla posizione prudente di Antonio Tajani, c’era stata infatti la dichiarazione più netta di Guido Crosetto. Il ministro della Difesa, pur criticando il pronunciamento della Cpi, aveva aggiunto: “La sentenza andrà rispettata”. Ma soprattutto, a pesare è quanto detto da Matteo Salvini. Il leader della Lega è quello che si è spinto più avanti, arrivando ad invitare il premier israeliano in Italia dandogli il “benvenuto” perchè, avvisa, “i criminali di guerra sono altri”.

Parole che pesano negli equilibri internazionali alla vigilia del G7 dei ministri degli Esteri in programma a Fiuggi lunedì. Non è un caso infatti (forse anche dopo contatti con Chigi) che il leader della Lega cerchi poi di ammorbidire i toni invocando la condivisione delle decisioni: “Troveremo una sintesi – confida Salvini – il problema è a livello internazionale”. Chi sceglie di non esprimersi è la Santa Sede. Il Vaticano si affida alle laconiche parole del segretario di Stato Pietro Parolin: “Abbiamo preso nota di quanto avvenuto, ma quello che a noi interessa è che si ponga fine alla guerra”. Intanto, le dichiarazioni dei ministri e dei leader della maggioranza finiscono sotto il fuoco di fila delle opposizioni che vanno all’attacco.

Ma le tensioni sulla politica estera sono solo l’ultimo punto che si aggiunge ad una lista di nodi che Meloni dovrà sciogliere con i due alleati di governo nel vertice in programma per lunedì 25, prima della riunione del Consiglio dei ministri. Il ‘caso’ Netanyahu sarà uno dei temi che i tre leader del centrodestra dovranno discutere, ma altrettanto dirimenti, sono le decisioni da prendere sul versante interno. La sconfitta alle regionali ha alzato il livello dello scontro e, di conseguenza, le richieste di Lega e Forza Italia da inserire nella legge di Bilancio. Ufficialmente tra i partiti di maggioranza regna la concordia: “Ci incontreremo e risolveremo i problemi nel miglior modo possibile”, è la convinzione di Tajani a cui fa eco il vicepremier leghista: “Siamo in sintonia su tutto”.

Ma il taglio dell’Irpef, la flat tax per i dipendenti e la riduzione del canone Rai sono tre temi su cui da giorni è in atto un vero e proprio braccio di ferro. E la mancanza di un accordo ha fatto slittare alla prossima settimana le votazioni sul decreto fiscale. Alle richieste dei partiti si aggiungono i desiderata dei ministri. Un elenco impossibile da realizzare (visti i fondi a disposizione) su cui la premier dovrà dire una parola definitiva. In stand by invece resta la decisione sul successore di Raffaele Fitto.L’idea della presidente del Consiglio pare sia quella di tenere le deleghe a palazzo Chigi fino a gennaio, scavallando quindi la sessione di bilancio. Nessuna fretta anche anche perchè, raccontano nella maggioranza, per la prossima settimana è attesa anche la decisione dei giudici se rinviare o meno a giudizio la ministra per il Turismo Daniela Santanchè.

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