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Cronache

Il ragazzo assassino di Maria Campai: volevo capire che cosa si prova a uccidere a mani nude

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Freddo e distaccato, così è apparso agli investigatori il 17enne accusato di aver ucciso Maria Campai, 42enne di origine romena, in un omicidio che ha sconvolto la comunità di Viadana, nel mantovano. Il giovane, durante il primo interrogatorio dopo il fermo, ha pronunciato una frase agghiacciante che ha lasciato senza parole gli inquirenti: “Volevo scoprire che cosa si prova ad uccidere una persona”. Una dichiarazione che ha gettato un’ombra ancora più oscura su una vicenda già intrisa di violenza e crudeltà.

Secondo quanto emerso dalle indagini, il ragazzo avrebbe premeditato l’omicidio della donna, che aveva contattato tramite una chat di incontri. Dopo averla incontrata, l’avrebbe colpita al volto e alla testa, per poi strangolarla, il tutto successivamente a un rapporto sessuale. Il corpo di Maria Campai è stato ritrovato nel giardino di una villetta abbandonata, non lontano dal condominio dove vive il ragazzo, che ha collaborato con le autorità indicando il luogo in cui aveva nascosto il cadavere.

Il profilo inquietante del giovane accusato

Gli investigatori hanno scoperto, attraverso i dispositivi elettronici del 17enne, un interesse ossessivo per le arti marziali e siti che spiegavano tecniche di neutralizzazione a mani nude, compatibili con la dinamica dell’omicidio. Il ragazzo era un appassionato praticante di MMA (Mixed Martial Arts), disciplina che richiede forza fisica e resistenza, qualità che aveva sviluppato nel tempo grazie alla palestra. Ciò ha probabilmente facilitato l’aggressione contro la donna, di corporatura esile, che non avrebbe avuto possibilità di difendersi.

Oltre a questo, ulteriori dettagli inquietanti sono emersi dai suoi profili social, dove pare abbia manifestato ammirazione per Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin, alimentando il quadro psicologico di un ragazzo disturbato, capace di gesti estremi senza rimorsi apparenti.

Nonostante l’atrocità commessa, il giovane ha mantenuto una vita apparentemente normale nei giorni seguenti l’omicidio, frequentando regolarmente la scuola e la palestra. Questo comportamento ha sorpreso amici e conoscenti, che lo descrivevano come una persona tranquilla, riservata e non particolarmente legata a grandi gruppi di amici.

La reazione della comunità e il commento del sindaco

La comunità di Viadana è stata scossa dalla notizia dell’omicidio e dalle modalità con cui è avvenuto. Il sindaco Nicola Cavatorta ha espresso preoccupazione per la fragilità sociale ed emotiva delle famiglie moderne, definendole “il primo contesto sociale ed economico” in cui si sviluppano i giovani. “Oggi ci sono molte più opportunità rispetto al passato”, ha detto il sindaco, “ma allo stesso tempo si riscontrano più casi di disagio sociale”. Questa riflessione sottolinea come, nonostante le risorse disponibili, vi siano crescenti segnali di allarme nei confronti di una parte della popolazione giovanile.

Le indagini e i prossimi passi

Le indagini dei carabinieri sono ancora in corso per chiarire ulteriormente i dettagli dell’omicidio. Le uniche certezze, per ora, sono che Maria Campai era scomparsa per sette giorni dopo l’incontro con il giovane e che il corpo è stato ritrovato grazie alla sua collaborazione. I militari stanno cercando di ricostruire esattamente cosa sia successo nel garage dove i due si erano appartati, che il ragazzo aveva adibito a piccola palestra personale.

Intanto, il 17enne si trova nel carcere minorile Beccaria di Milano, in attesa dell’udienza di convalida del fermo da parte del giudice per le indagini preliminari, prevista per lunedì. Nello stesso giorno, la Procura per i minori di Brescia affiderà l’incarico per l’autopsia sul corpo di Maria Campai, che si svolgerà all’ospedale Carlo Poma di Mantova.

Nel frattempo, i carabinieri del RIS condurranno ulteriori accertamenti nel garage, cercando di fare luce sugli ultimi momenti di vita della donna e su come il giovane sia riuscito a occultarne il corpo senza essere scoperto. Una vicenda tragica che lascia aperte molte domande sul disagio giovanile e sulle dinamiche sociali che hanno portato a un gesto così efferato.

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Cronache

Napoli: ex infermiere morto a causa dell’amianto, maxi risarcimento da 721mila euro ai familiari

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Ex infermiere di un ospedale di Napoli morto a causa dell’amianto: arriva il maxi risarcimento per i familiari. Una sentenza del Tribunale di Napoli, confermata dalla Corte d’Appello, ha condannato l’Asl Napoli 1 Centro, in rappresentanza di un presidio ospedaliero, al pagamento di un risarcimento di 727mila euro in favore degli eredi di un ex infermiere del napoletano, deceduto per mesotelioma pleurico causato da esposizione all’amianto.

La consulenza medico-legale del dottor Nicola Maria Giorgio ha dimostrato ai giudici il nesso di causalità tra l’esposizione all’asbesto e il mesotelioma pleurico che ha colpito l’infermiere. Il dipendente sanitario, deceduto durante il processo di primo grado, aveva lavorato per anni in un presidio ospedaliero di Napoli, dove era frequentemente esposto all’amianto, presente in un locale caldaia adiacente alla sala sterilizzazione. Grazie alla perizia dettagliata del medico legale è stato possibile stabilire in modo inconfutabile che l’esposizione a questa sostanza tossica ha causato la patologia, poi risultata fatale. “Questo caso rappresenta un punto di svolta non solo per la giurisprudenza, ma anche per la consapevolezza di dover garantire la salute nei luoghi di lavoro, specialmente in ambito sanitario” afferma il dottor Giorgio. La famiglia era assistita dall’avvocato Luca Maria Maranca.

“La nostra analisi medico-legale ha evidenziato in modo inconfutabile – ha aggiunto il dottor Giorgio – il legame diretto tra l’esposizione prolungata all’amianto e lo sviluppo del mesotelioma pleurico”. L’amianto, utilizzato in passato per le sue proprietà isolanti, è stato successivamente riconosciuto come estremamente pericoloso per la salute ed il suo utilizzo è stato vietato in molti Paesi, compresa l’Italia, dal 1992. Tuttavia, la sua presenza in strutture più datate continua a rappresentare una minaccia e questo caso mette in luce l’importanza della vigilanza e della manutenzione continua negli edifici pubblici.

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Incidente nel Reggiano: muore un giovane, ragazza gravissima

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Un giovane ha perso la vita e una ragazza è in condizioni disperate. È il bilancio di un tragico incidente avvenuto ieri sera poco dopo le 22 a Scandiano, nel comprensorio ceramico reggiano. I due viaggiavano a bordo di una moto quando all’improvviso il conducente ha perso il controllo mentre percorreva via Statale, entrando in una rotonda su via Mazzini. Il mezzo ha preso letteralmente il volo ed è finita contro un palo nel parcheggio di un centro commerciale adiacente. Altri automobilisti hanno lanciato l’allarme. Sul posto sono arrivati immediatamente i mezzi di soccorso. A nulla sono valsi i tentativi di rianimare il ragazzo che è morto sul colpo. La ragazza è stata portata d’urgenza con l’elisoccorso notturno all’ospedale Maggiore di Parma dove si trova ricoverata in condizioni disperate nel reparto di Rianimazione. Sul posto anche i vigili del fuoco e la polizia locale dell’Unione Tresinaro Secchia che indaga per ricostruire la dinamica.

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Chiara Petrolini, la mamma che seppelliva i figli in giardino tra accuse, misteri e polemiche

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Il paese è avvolto da un caldo pomeriggio di sabato, con il sole che brucia sulle campagne e l’odore dei concimi che permea l’aria. Nelle strade semideserte, si discute dell’ultimo sviluppo che ha scosso la comunità: la notizia degli abusi che Chiara Petrolini, al centro di una drammatica vicenda, avrebbe subito e non denunciato due anni fa. La rivelazione, riportata da Repubblica, ha fatto riemergere antichi sospetti e un nuovo capitolo si aggiunge a una storia già intricata e dolorosa.

Chiara Petrolini, studentessa universitaria di 21 anni, è accusata di aver partorito, ucciso e seppellito i suoi due figli nel giardino di casa. La giovane madre è ora agli arresti domiciliari, con la prospettiva che la Procura possa chiedere il carcere, contestando la decisione del giudice per le indagini preliminari (GIP) Luca Agostini.

Le parole del GIP e le accuse di disprezzo per la vita umana
Il giudice Agostini, nelle motivazioni per l’ordinanza degli arresti domiciliari, ha descritto Chiara Petrolini come una persona che ha mostrato un “disprezzo per la vita umana”. Questo giudizio severo si basa su quanto emerso dalle indagini, secondo cui Chiara avrebbe pianificato con pervicacia di evitare la maternità, dimostrando un cinismo inquietante di fronte alla morte dei suoi due figli. Il GIP ha sottolineato come, anche dopo aver compiuto l’atroce gesto, la giovane abbia continuato la sua vita quotidiana con leggerezza. Il giorno dopo il secondo parto, infatti, Chiara si sarebbe recata dall’estetista e la sera sarebbe uscita a ballare.

La ricostruzione delle indagini
Dai primi dettagli delle indagini emerge che Chiara avrebbe partorito da sola e poi seppellito i corpi dei bambini nel giardino di casa. L’evento che ha scatenato ulteriori polemiche riguarda la freddezza della giovane madre, che durante l’interrogatorio avrebbe risposto alla domanda della madre con un inquietante: “Come hai fatto tu a partorirmi”. Gli investigatori hanno dipinto un quadro di estrema indifferenza, confermato anche dalle dichiarazioni di Chiara che, dopo la scoperta dei corpi, avrebbe commentato con la sua famiglia e gli amici: “Ma chi può aver fatto una cosa del genere?”.

Un paese sconvolto e la fragilità delle famiglie
Nel piccolo paese di campagna, la vicenda di Chiara Petrolini ha scosso profondamente la comunità. Al bar e nei ristoranti, la discussione si concentra su chi possa aver aiutato Chiara e sulle motivazioni che l’hanno spinta a compiere gesti così estremi. Mentre c’è chi già indica il nome di un ragazzo con cui Chiara avrebbe avuto una relazione difficile, resta ancora il mistero su cosa l’abbia condotta a tale disperazione.

Il sindaco di Viadana, Nicola Cavatorta, ha puntato il dito contro la fragilità delle famiglie moderne, definendole come il “primo contesto sociale ed economico” in cui si sviluppano queste tragedie. Sebbene oggi ci siano più opportunità rispetto al passato, con numerose attività sportive e culturali, Cavatorta ha sottolineato l’aumento dei casi sociali che testimoniano un declino del sostegno familiare e sociale.

L’attesa per il processo
Mentre la comunità attende sviluppi giudiziari, il destino di Chiara Petrolini sembra destinato a diventare uno dei casi più seguiti della cronaca nera. Gli accertamenti continuano e la Procura sta valutando di chiedere il carcere per la giovane madre, sostenendo che il suo pentimento non sia sincero e che esista il rischio di reiterazione del reato.

Il prossimo passo sarà l’udienza di convalida del fermo, durante la quale si deciderà se Chiara dovrà rimanere ai domiciliari o essere trasferita in carcere. Nel frattempo, in strada Baietta, davanti alla casa della famiglia Petrolini, i cittadini lasciano fiori, peluche e lettere per i due bambini, soprannominati “angioletti”, in attesa del loro funerale.

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