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Capire la crisi Ucraina

Il racconto bellico della crisi ucraina: tra spazi destinali, spazi storici, e il pezzo di pane che ciascuno vuole inzuppare

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Scusatemi, ma proprio non riesco ad appassionarmi alla “riduzione” bellica della crisi ucraina. Mi rivoltano, per cominciare, le retoriche grazie a cui gli uffici dell’informazione militare cercano di far passare insignificanti fatti d’arme -che restano distruttivi e mortiferi- per gesta eroiche che finiranno nella geografia mitologica specializzata nel ricostruire gli “spazi destinali” delle guerre prossime venture. Come dite? Cosa sono gli “spazi destinali”? Sono quelli che, al contrario degli “spazi storici” che cercano di descrivere come stanno le cose, hanno la pretesa di dirci quale sia il destino di un territorio, la missione di un Paese, il “futuro necessario” di uno Stato. Le espressioni che meglio illustrano i vaneggiamenti dello “spazio destinale” sono la parola tedesca Sonderweg e l’espressione americana Manifest destiny. Dobbiamo comprendere che fino a quando si “ragiona” in termini di “spazio destinale” di fatto si “sragiona”: ci si aggrappa a metanarrazioni fideistiche dove uno vale sempre e solo uno e insomma si conferisce una legittimità discorsiva a una sorta di terrapiattismo geopolitico su cui faremmo bene a prestare un po’ tutti la nostra attenzione. Ed è inutile nascondersi dietro un dito: gli “spazi destinali” veicolati dalle parole “Rus” (per Mosca: la culla originaria dello “spirito russo”) ed Euromajdan (per Kiev: la vocazione irrevocabilmente “occidentale” dello “spirito ucraino”), sono se non la causa immediata della guerra in corso, di certo il sostrato conflittuale del rapporto presente e futuro tra la Russia e l’Ucraina.

E per tornare alle retoriche. Abbiamo cacciato questi da qui e quelli da lì; abbiamo affondato una nave; siamo entrati nella tal città; un caccia abbattuto; abbiamo respinto l’attacco…..Un modello narrativo noioso. Intercambiabile: i bollettini di Cadorna (Prima Guerra Mondiale) e di Westmoreland (Vietnam), che descrivevano a cinquant’anni di distanza l’uno dall’altro lo stesso volo impazzito di una mosca in un barattolo di vetro, erano tali e quali. Verranno più tardi gli storici, per fortuna, a dirci qualcosa di sensato. Verranno gli scrittori (e i registi e, magari, i fumettisti) a raccontarci l’emozionalità ferita di questi universi imprigionati in un conflitto armato. A me, geografo, non piacciono i fiumi in piena delle mappe serali su cui un tizio ti spiega –dati alla carta- che Putin ha sbagliato i piani di guerra e sbaglia finanche ogni piano di battaglia che mette in piedi, illustrandoti altresì come i generali russi siano tutti degli idioti: perché non “vincono” questa guerra. Quasi che una guerra asimmetrica si potesse “vincere o perdere” come negli schemi classici. Salvo poi, quando i russi fanno qualcosa per vincerla (cambiare il comandante supremo, far sentire un pò di più una pressione militare manifestamente tenuta sotto controllo) diventano, ecco, dei “macellai”.

Non mi piace il fatto che di questa guerra nessuno parli, di là dal fervore patriottico degli ucraini e dello slancio patriottardo di “Epimedia”, negli stilemi dettati dal sistema dell’informazione ormai egemonizzato dal sistema della comunicazione. Nessuno ne parla, dico, con riferimento alle ragioni e agli esiti: 

  • i. perché è scoppiata, perché si poteva evitare e nessuno ha fatto niente per evitare questa guerra così povera di senso per i belligeranti primari;
  • ii. perché non si chiude, perché dopo i vani tentativi di Bielorussia e Turchia, si consuma la più grande atrocità di questo conflitto, vale a dire l’assenza di un discorso francamente negoziale: e dunque perché nessuno si preoccupa di fermare la guerra e firmare la pace?

Non mi piace infine, e per fermarci qui, che ciascuno la tiri in lungo per poterci inzuppare il pane in questa guerra: il proprio pezzo i pane -Cina, Stati Uniti-, il proprio pezzetto -NATO, UE, Paesi europei che hanno una politica estera, come la GB, la Francia, la Germania- finanche il proprio pezzettino, anche in relazione allo “spazio destinale”, il cinico prezzemolo di questa tragica cucina (Polonia, Turchia). 

Nel frattempo, la guerra si incattivisce, come ci ricordano gli inascoltati ammonimenti di Papa Francesco. Traffici di ogni sorta condotti sulla pelle dei profughi; se un’università dà una borsa di studio a uno studente russo, è guardata con sospetto; gli ucraini che usano le bombe a grappolo, esattamente come i russi (ma tanto, né gli uni né gli altri né gli USA hanno firmato la convenzione che ne vieta l’uso…); il battaglione Azov non è un’invenzione dei cattivi;  soldati britannici (NATO) operativi su suolo ucraino; minacce di ricorso ad armi nucleari tattiche; discriminazioni tra la gente in fuga (ucraini e non-ucraini); violenza crescente delle armate russe sui civili e donne stuprate. 

Quoi d’autre? Aspettando chi, aspettando cosa? 

Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.

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La spia che venne dagli Usa, l’uomo di Mosca nel Donbass

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Le prime foto di lui, con il viso pixelato e abbracciato a un soldato, erano apparse sui canali di blogger militari russi il 28 ottobre, subito dopo l’operazione che lo aveva esfiltrato dal territorio ucraino. Ma oggi Daniel Martindale si è presentato a volto scoperto e mostrando i suoi documenti di americano davanti ai giornalisti a Mosca, affermando di aver operato per oltre due anni dietro le linee nemiche fornendo preziose informazioni alle truppe di Mosca nel Donbass. Ora Martindale, che ha 33 anni, dice di voler farsi una vita e una famiglia in Russia e lavorare come agricoltore.

Oltre che acquisire la cittadinanza russa. Come Edward Snowden, l’informatico e attivista statunitense già tecnico della Cia che dal 2013 vive in Russia dopo aver rivelato i dettagli di diversi programmi top secret di sorveglianza di massa del governo di Washington e quello di Londra. E non sarà certo una sorpresa se Mosca deciderà di concedere la cittadinanza anche al nuovo transfuga, che promette di diventare una importante pedina della macchina propagandistica. “Dal 2005 considero gli Usa il mio nemico”, ha dichiarato Martindale, presentatosi alla stampa in camicia arancione e un cappellino nero con visiera. Quello che accade in Ucraina, ha insistito, “è un tentativo dell’America di contenere la Russia per non permetterle di competere ad armi pari con gli Stati Uniti”.

Poi un messaggio diretto a Washington: “Se qualcosa succede a me o a qualche mio parente non sarà un incidente, ma opera delle autorità americane per costringermi a tornare negli Usa e accusarmi di tutti i peccati”. Martindale ha detto di essere stato un “missionario” in Polonia. Quando ha capito che stava per scoppiare una guerra, si è trasferito in Ucraina e, dopo essere passato per Kiev, è arrivato nel territorio della regione di Donetsk controllato dalle forze governative solo una decina di giorni prima dell’attacco russo. Da lì, ha detto, si è messo in contatto con le forze separatiste filorusse scrivendo sul loro canale Telegram. Lo stesso sistema ha utilizzato per mantenere poi i contatti con le agenzie di sicurezza russe, che gli hanno fatto arrivare un nuovo telefono cellulare con un drone.

La settimana scorsa le forze speciali della 29/a Armata hanno fatto un’incursione in territorio ucraino per farlo uscire, dopo che, sostengono i canali degli osservatori militari russi, aveva avuto “un ruolo chiave nella preparazione dell’assalto al villaggio di Bogoyavlenka”, caduto in mano russa qualche giorno fa. Anche oggi Mosca ha annunciato la conquista di nuovi villaggi, quelli di Kurakhivka nella regione di Donetsk e quello di Pershotravneve nella regione di Kharkiv, in un’avanzata nell’est dell’Ucraina che ha accelerato nelle ultime settimane. Le truppe ucraine stanno affrontando una delle più “potenti” offensive della Russia dall’inizio dell’invasione, ha detto il comandante delle forze armate, Oleksandr Syrsky. La situazione è difficile, e “le ostilità in alcune aree richiedono un costante rinnovamento delle risorse delle unità ucraine”, ha aggiunto.

Difficoltà confermate dall’intelligence militare dell’Estonia, secondo la quale solo nell’ultima settimana le forze russe hanno occupato circa 150 chilometri quadrati di territorio nella regione di Donetsk. Il presidente Volodymyr Zelensky ha denunciato massicci attacchi di droni nella notte su varie regioni, compresa Kiev, dove le autorità locali hanno parlato di incendi scoppiati in vari edifici residenziali. Due feriti sono segnalati nella capitale e cinque, di cui tre bambini, a causa di un bombardamento di artiglieria nella città meridionale di Kherson. “I costanti attacchi terroristici contro le città ucraine provano che la pressione esercitata sulla Russia e i suoi complici non è sufficiente”, ha affermato Zelensky. Le autorità russe hanno invece detto che quattro civili sono rimasti feriti in attacchi di droni ucraini sulla regione frontaliera di Kursk e uno su quella di Belgorod. Oltre a due persone rimaste ferite in un attacco di artiglieria delle forze di Kiev a Gorlovka, località nel Donetsk controllata dalle truppe di Mosca.

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Cinque passi verso la pace tra Russia e Ucraina

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Dopo due anni e mezzo di guerra della Russia contro l’Ucraina, pesanti impatti sulla sicurezza energetica a quella alimentare oltre alla crisi di rifugiati (oltre 14 milioni) più significativa in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale, la pace è urgente. Teha, coinvolgendo 9 think tank internazionali, ha disegnato una ‘road map’ che presenterà al Forum di Cernobbio: 5 proposte per rafforzare la sicurezza energetica, 5 per la sicurezza agroalimentare globale e 5 per arrivare alla pace. “Navighiamo in un panorama geopolitico instabile senza precedenti” sottolinea Valerio De Molli, il ceo di Teha Group, per questo “solo comprendendo le cause profonde della guerra e affrontando le sue implicazioni più ampie possiamo lavorare per un futuro in cui la resilienza, l’inclusività e la sostenibilità siano in prima linea nella governance globale”.

E’ il fil rouge del Paper “con l’obiettivo di fornire, si spera, un contributo costruttivo per avvicinare la pace” e il sogno, malcelato, è che il primo passo parta proprio da Cernobbio. Qui, nella prima giornata di lavori farà il suo intervento Viktor Orbán, Primo Ministro dell’Ungheria e Presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea e dovrebbe partecipare anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Per incontrarlo potrebbe anticipare il suo arrivo Giorgia Meloni. Bisogna partire con il “riconoscere gli ingenti danni causati dalla guerra sia a livello regionale che globale”, secondo l’analisi condotta da Teha con DiXi Group, EDAM Centre for Economics and Foreign Policy Studies, Higher School of Economics, Jacques Delors Institute, Kyiv School of Economics, Limes, Observer Research Foundation e la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) è “il prerequisito di un processo di pace globale”.

Il passaggio successivo è “condurre un’analisi critica del fallimento diplomatico degli Accordi di Minsk” (firmati nel 2014 tra Ucraina, Russia e Osce, ndr). Le altre tappe sono: “segmentare il processo di pace in azioni a breve e medio-lungo termine per stabilire tappe e obiettivi chiari, facilitando risultati progressivi e garantendo che sia le esigenze immediate sia gli obiettivi di lungo termine siano raggiunti; organizzare una Conferenza di Pace internazionale” che coinvolga Russia e Ucraina e infine “creare un solido piano di assistenza finanziaria ed economica per sostenere l’Ucraina nel dopoguerra” prevedendo il problema del debito pubblico e il calo della popolazione. Per rispondere alle due grandi crisi, energetica e alimentare, originatesi con la guerra gli analisti di Teha suggeriscono cinque mosse per ognuna.

La diversificazione delle fonti energetiche, la creazione di riserve strategiche di energia, l’aumento degli investimenti nelle energie rinnovabili, l’introduzione di misure per l’efficienza energetica, e la creazione di un Network Energetico Pan-Europeo, sul fronte energetico. Par reagire all’insicurezza alimentare acuta ha raggiunto livelli record, riguardando 258 milioni di persone in 58 Paesi nel 2022, le proposte di TEHA sono: “avviare un’attività di coordinamento, che coinvolga le principali organizzazioni internazionali, nella gestione della crisi alimentare globale; istituire programmi internazionali di aiuto alimentare a sostegno dei paesi vulnerabili; dare un’assistenza finanziaria e aiuti allo sviluppo ai paesi vulnerabili per costruire sistemi agroalimentari e migliorare la resilienza a shock futuri; incentivare pratiche agricole sostenibili che aumentino la produttività riducendo al minimo l’impatto ambientale e infine avviare una riforma della politica agricola globale e della governance a sostegno della transizione verde per garantire un accesso e una distribuzione equi delle risorse agricole e alimentari”.

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Missili russi sull’ospedale pediatrico Okhmatdyt di Kiev, 20 morti e 66 feriti

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Almeno 20 morti e 66 feriti: è il bilancio provvisorio del massiccio attacco missilistico lanciato oggi dalla Russia contro l’Ucraina. Finora si registrano infatti 35 feriti e 10 vittime a Kiev, incluse cinque nell’ospedale pediatrico Okhmatdyt, e altre 10 a Kryvyi Rig, città natale del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dove sono stati segnalati anche 31 feriti.

Ci sono persone intrappolate sotto le macerie dell’ospedale pediatrico Okhmatdyt Kiev colpito oggi da un attacco missilistico russo: lo riporta su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

“Ospedale pediatrico Okhmatdyt di Kiev. Uno degli ospedali pediatrici più importanti non solo in Ucraina, ma anche in Europa. Okhmatdyt ha salvato e restituito la salute a migliaia di bambini. Ora l’ospedale è stato danneggiato da un attacco russo, con persone intrappolate nelle macerie, e non si conosce il numero esatto di feriti e dei morti. Ora tutti stanno aiutando a rimuovere le macerie: medici e gente comune”, si legge nel messaggio. “La Russia non può non sapere dove volano i suoi missili e deve essere ritenuta pienamente responsabile di tutti i suoi crimini: contro le persone, contro i bambini, contro l’umanità in generale. È molto importante che il mondo non rimanga in silenzio e che tutti si rendano conto di ciò che la Russia è e di ciò che sta facendo”, conclude Zelensky.

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