Francesco Della Corte era un vigilante privato. Morì dopo due settimane in un letto d’ospedale per le lesioni subite nella brutale aggressione ad opera di tre ragazzini di una baby gang a Piscinola, periferia nord di Napoli. Il Mattino oggi pubblica delle intercettazioni telefoniche choccanti in cui questi baby killer chiacchierando tra loro se la ridono di quanto fatto (aver ucciso un uomo), come se nulla fosse successo. “Tanto non ci fanno nulla […] tre o quattro mesi e siamo fuori”. E anche: “Speriamo che non schiatta”, riferendosi proprio al povero Della Corte, che purtroppo dopo alcuni giorni di agonia morì. Su questa brutalità, il magistrato e scrittore Nicola Graziano, ci scrive il suo punto di vista
Fermata metropolitana Piscinola. È qui che fu assassinato Franco Della Corte mentre era a lavoro
Franco Della Corte era un Uomo, un Marito ed un Padre come tutti quanti noi e quella maledetta notte si accingeva a girare la chiave nella serratura di una ultima porta da sorvegliare e controllare e che gli avrebbe poi schiuso l’uscio di casa dopo una normale giornata di lavoro come guardia giurata presso i luoghi della metropolitana Piscinola – Scampia.
Quella notte però sarebbe stata per lui l’ultima notte perché la mano armata da noia crudele di giovanissimi ragazzi non ha resistito a far sentire la sua esistenza attraverso colpi di bastone che hanno fracassato il cranio della guardia giurata che, senza un grido e un lamento, ha cercato di chiedere aiuto attraverso la radiotrasmettente che è rimasta sospesa in chiamata verso il mondo ignoto che accoglie chi viene privato così vigliaccamente della vita.
È un rumore sordo quello che ti spacca il cranio, è un rumore che però non fa sconti a nessuno, nemmeno alle tre giovani bestie assetate di emozioni forti e indimenticabili e tali da poterli illudere di sostituire il nulla che soffoca, attimo per attimo, la loro oramai vana esistenza.
È un dolore che lascia il fiato sospeso e che punge le coscienze della società attraverso il filo conduttore del piede di legno di un tavolo da cucina che, come un vibrante battaglio, suona note di campana a morte.
Ma questo spavento non è bastato a far fuggire via i tre giovani abitanti di una periferia affamata di sangue.
Non è bastata la fuga filmata dalle telecamere posizionate sul set di un reality che descrive una società in cui il confine tra ciò che è bene e ciò che è male è solo frutto di una fatale idealità alimentata da quella fame di giochi emozionanti al limite della ragione, posizionati sul filo del rasoio della follia crudele e senza scrupoli.
Si dirà che è in ballo la contestazione di un motivo abietto e futile che contribuisce ad aggravare una rapina poi degenerata in omicidio preterintenzionale o si potrà pensare ad un omicidio voluto solo per dare in pasto alla noia attimi di crudele bestialità.
Si potrà dire che ci vuole per quelle tre giovani fiere affamate di sangue una punizione esemplare ma così non è perché, come una maledizione perpetua, il sistema della sanzione penale e della indignazione sociale trova il suo riscontro nelle parole delle fidanzatine dei tre giovani assassini che commentavano la confessione dei loro ragazzi come del tutto giustificata da ingenuità e stupidità in modo da farli rischiare più del dovuto in termini di anni di reclusione per una sanzione che, però, non avrà mai quella capacità di riparare le conseguenze dell’effimero omicidio di un Uomo.
Non saprei dire, quindi, se l’intenzione di ammazzare per ammazzare, se il gesto di colpire alle spalle un uomo inconsapevole con un pezzo di legno come se la testa fosse la palla da baseball da far vibrare in lontananza al fine di poter realizzare un punto sul campo da gioco della vita (che così abdica al destino crudele) è così tanto grave come tanto gravi sono le parole intercettate delle tre ragazzine che, commentando la morte come se si trattasse di una finzione propria dei più beceri reality, si domandano come si fa ad essere così stupidi da confessare, senza tenere dentro le sensazioni della morte provocate dal sangue di un uomo colpevole solo di aver sollecitato, in un attimo mortale, la voglia di affamarsi di sangue di tre giovani parcheggiati al margine di una periferia del mondo e della società.
Non è questione di baby gang o di sub – cultura così come è del tutto vano trovare spiegazioni nella assenza delle famiglie e nella colpa dei genitori, nella disoccupazione giovanile, nella non frequentazione delle scuole da parte di questi ragazzi o ancora nell’uso di spinelli che, annientando la mente facendola precipitare nel buio, suggeriscono gesti che nemmeno i più feroci degli animali selvaggi possono immaginare.
E’ la Società che si ribella al suo Futuro, ripiegandosi su se stessa con conati di vomito che partoriscono gesti di cannibalismo sociale.
Il simile che mangia il simile non solo distrugge se stesso ma annienta tutto quello che può essere prospettiva e futuro.
Sembra quasi che questi gesti siano dovuti alla Natura che si ribella a se stessa, attraverso grida di dolore sordo che impersonifica il nulla di una notte che si presentava come tutte le altre.
La storia umana, secondo il Vico, inizia con il diluvio universale, quando gli uomini, giganti simili a primitivi bestioni, vivevano vagando nelle foreste in uno stato di completa anarchia.
Secondo Vico questa condizione bestiale era conseguenza del peccato originale, attenuata dall’intervento benevolo della Provvidenza divina che si immise, attraverso la paura dei fulmini e il timore degli Dei, nelle genti che “scosse e destate da un terribile spavento d’una da essi stessi finta e creduta divinità del cielo e di Giove, finalmente se ne ristarono alquanti e si nascosero in certi luoghi; ove fermi con certe donne, per lo timore dell’appresa divinità, al coverto, con congiungimenti carnali religiosi e pudichi, celebrarono i matrimoni e fecero certi figlioli, e così fondarono le famiglie. E con lo star quivi fermi lunga stagione e con le sepolture degli antenati, si ritrovarono aver ivi fondati e divisi i primi domini della terra”.
Chissà se anche la Provvidenza attraverso questi inumani gesti ci sta nuovamente abbandonando…
Un tycoon delle criptovalute sta per mangiare la banana appiccicata alla parete di Maurizio Cattelan. Pagando 6,2 milioni di dollari da Sotheby’s, il collezionista Justin Sun, fondatore della piattaforma Tron, ha battuto altri sei concorrenti per una di tre edizioni dell’opera concettuale Comedian creata nel 2019 dall’artista padovano celebre in tutto il mondo per le sue provocazioni. Sun, che nella sua raccolta ha un Giacometti da 78 milioni comprato nel 2021, ha seguito l’asta da Hong Kong e pagato in criptovalute. Dopo aver messo le mani su Comedian ha fatto sapere che “nei prossimi giorni mangerà la banana come parte di questa unica esperienza artistica, onorandone il ruolo sia nella storia dell’arte che nella cultura pop”.
La banana in questione era stata acquistata poche ore prima dell’asta per 35 centesimi da un banchetto di frutta e verdura dell’Upper East Side: assieme al nastro adesivo grigio che l’attacca alla parete, deve essere sostituita regolarmente e questo fa parte del progetto di Cattelan che aveva inteso Comedian come una satira delle speculazioni del mercato: “Su che base un oggetto acquista valore nel sistema dell’arte?”, si era chiesto l’artista famoso per America, il water d’oro massiccio installato nel 2016 al Guggenheim. Piu’ di recente lo stesso Cattelan aveva aggiunto che “l’asta sara’ l’apice della carriera di Comedian. Sono ansioso di vedere quali saranno le risposte”.
Comedian aveva debuttato ad Art Basel Miami dove la galleria Perrotin ne aveva venduto le tre edizioni, due per 120 mila dollari e la terza per 150 mila, pagati da un anonimo acquirente che l’aveva poi donata al Guggenheim. Durante la fiera, l’artista delle performance David Datuna ne aveva mangiata una, costringendo Perrotin a chiudere lo stand prima del tempo. Un’altra banana era stata mangiata l’anno scorso da uno studente d’arte sudcoreano nel museo della fondazione Samsung a Seul: il giovane si era giustificato dicendo che “aveva fame”. Uno dei concetti alla base dell’installazione e’ che le sue parti devono essere continuamente rigenerate.
“Non è solo un’opera d’arte,” ha dichiarato Sun a Sotheby’s: “Comedian è un fenomeno culturale che collega i mondi dell’arte, dei meme e della comunità delle criptovalute e che ispirerà ulteriori discussioni in futuro”. Fatto sta che gia’ prima di essere messa all’asta, la banana è stata oggetto di attenzione quando, all’inizio di novembre, l’executive di Sotheby’s Michael Bouhanna ha lanciato anonimamente una criptovaluta ispirata a Cattelan e denominata $Ban.
Immediatamente accusato di aver usato informazioni riservate per guadagnare sull’aumento del prezzo del token, l’executive ha negato, dichiarando di aver “scelto di lanciarlo per hobby in modo anonimo”, senza associazioni quindi con il suo profilo personale. Due rivali di Sun all’asta di Sotheby’s avevano investito nella cripto di Bouhanna. Uno dei due, Theodore Bi, voleva comprare Comedian come dono per Elon Musk ma si era fermato alla soglia dei 2,5 milioni di dollari.
Dopo sei anni di chiusura, la Casa della Fontana Piccola di Pompei riapre al pubblico, rivelando nuovamente tutta la sua bellezza. Questo straordinario esempio di architettura pompeiana torna a incantare i visitatori con i suoi affreschi, i colori vividi e una fontana unica, simbolo dell’arte e della cultura dell’antica città.
Un esempio di eleganza pompeiana
La Casa della Fontana Piccola è un autentico capolavoro. I suoi affreschi murari, con il celebre rosso pompeiano, e le decorazioni ricche di dettagli, raccontano la vita e i costumi dell’epoca. Ma ciò che rende davvero speciale questa dimora è la fontana visibile già dall’ingresso. Si tratta di un’opera d’arte decorata con tessere di pasta vitrea e valve di mollusco, con un sistema che faceva sgorgare acqua dalla bocca di una maschera tragica in marmo e dal becco di un’oca tenuta da un amorino in bronzo.
Storia e particolarità della domus
Costruita unendo due abitazioni precedenti, la casa aveva due ingressi su via di Mercurio, simbolo dello stato sociale elevato dei proprietari. Danneggiata dal terremoto del 62 d.C., fu quasi completamente affrescata in IV stile pompeiano, pochi anni prima dell’eruzione del Vesuvio. Le pareti laterali del peristilio presentano paesaggi mozzafiato, tra cui una veduta di città marittima, un tema molto in voga nella decorazione di giardini.
Esplorata tra il 1826 e il 1827 dall’architetto Antonio Bonucci, direttore degli scavi, la casa sarebbe appartenuta a Helvius Vestalis, un pomarius (mercante di frutta), secondo un’iscrizione elettorale trovata sulla facciata.
I restauri e gli interventi strutturali
La casa è stata oggetto di importanti lavori di restauro per preservarne la struttura e garantirne la sicurezza. Tra gli interventi principali:
Rinforzo strutturale delle travi in calcestruzzo dell’atrio principale, utilizzando materiali innovativi come il fibrorinforzo (FRP).
Impermeabilizzazione dei solai per prevenire infiltrazioni.
Revisione delle coperture, inclusa quella del peristilio, per proteggere la casa dagli agenti atmosferici.
Le coperture, già restaurate nel 1971, sono state riportate all’altezza originaria per restituire l’antica volumetria della dimora.
L’iniziativa “Raccontare i cantieri”
Con la riapertura della Casa della Fontana Piccola, prende il via una nuova stagione di “Raccontare i cantieri”, giunta alla sua quarta edizione. Ogni giovedì, fino al 17 aprile 2025, i possessori della MyPompeii Card potranno visitare i cantieri di restauro in corso nel Parco Archeologico, iniziando proprio dalla Casa della Fontana Piccola.
Conclusione
La riapertura della Casa della Fontana Piccola rappresenta non solo un recupero storico di grande valore, ma anche un’occasione per riflettere sulla continua necessità di valorizzare e preservare il nostro patrimonio culturale. Un appuntamento imperdibile per tutti gli amanti della storia e dell’archeologia.
Il Gruppo del Gusto della Stampa Estera ha scelto L’Aquila per celebrare il 20° Premio dedicato all’eccellenza agroalimentare italiana, un traguardo prestigioso che quest’anno rende omaggio a Marino Niola, antropologo e divulgatore scientifico, nella categoria “Divulgatore dell’autenticità agroalimentare italiana”.
Il contributo di Marino Niola all’antropologia della gastronomia
Marino Niola (nella foto Imagoconomica in evidenza) , nato a Napoli nel 1953, è un antropologo della contemporaneità, noto per i suoi studi sulle pratiche devozionali, le trasformazioni culturali legate alla globalizzazione e, soprattutto, per il suo contributo alla comprensione dei riti e simboli della gastronomia contemporanea.
Docente all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Niola insegna discipline come Antropologia dei Simboli, Antropologia delle arti e della performance e Miti e riti della gastronomia contemporanea. È inoltre editorialista de La Repubblica, dove cura la rubrica “Miti d’oggi” sul Venerdì, e collabora con testate nazionali e internazionali come Il Mattino e Le Nouvel Observateur.
Tra i suoi numerosi saggi, si ricordano titoli come:
Si fa presto a dire cotto. Un antropologo in cucina (2009)
Homo dieteticus. Viaggio nelle tribù alimentari (2015)
Andare per i luoghi della dieta mediterranea (2017)
Mangiare come Dio comanda (2023).
Queste opere riflettono il suo impegno nel valorizzare la cultura alimentare italiana, esplorando le radici antropologiche e culturali che legano il cibo alle identità locali e nazionali.
Il Premio del Gruppo del Gusto
Il Premio del Gruppo del Gusto, giunto alla sua 20ª edizione, si propone di valorizzare e promuovere l’agroalimentare italiano a livello internazionale, grazie alla partecipazione di giornalisti esteri provenienti da 34 Paesi e 5 continenti. Marino Niola è stato selezionato per la sua capacità di divulgare l’autenticità e la tradizione agroalimentare italiana, combinando rigore scientifico e passione narrativa.
La cerimonia a L’Aquila
La premiazione si terrà sabato 23 novembre, alle ore 18, nella Sala ipogea del Consiglio Regionale d’Abruzzo, a L’Aquila. Durante l’evento, verranno premiate altre eccellenze del settore, tra cui:
Tenuta Vannulo (categoria “Esercizio legato all’alimentare da almeno 100 anni della stessa famiglia”);
Cooperativa Altopiano di Navelli (categoria “Consorzio/cooperative a difesa dei valori agroalimentari italiani”);
Associazione PIZZAUT (Premio speciale della giuria per l’inclusione lavorativa di giovani autistici).
L’importanza del riconoscimento
Il premio a Marino Niola sottolinea l’importanza di valorizzare le eccellenze italiane, non solo nella produzione agroalimentare, ma anche nella capacità di raccontare il legame profondo tra cibo, cultura e identità. L’impegno di Niola nel promuovere la dieta mediterranea e nel raccontare le tradizioni culinarie italiane lo rende una figura chiave nella diffusione internazionale del patrimonio enogastronomico italiano.
Grazie al suo lavoro, il professor Niola contribuisce a consolidare l’immagine dell’Italia come culla di tradizioni culinarie uniche e radicate nella storia. Questo premio rappresenta un ulteriore riconoscimento del suo ruolo cruciale come ponte tra antropologia, cultura e divulgazione enogastronomica.