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Il Garante intima di consegnare i dati del M5S ma Casaleggio non cede

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La prima battaglia l’hanno vinta Giuseppe Conte e Vito Crimi ma la guerra e’ tutt’altro che finita. A meta’ giornata arriva l’atteso pronunciamento del Garante della Privacy sulla querelle della partenita’ degli iscritti al Movimento tra il reggente pentastellato e Davide Casaleggio. E’ al primo che, di fatto, da’ ragione il professor Pasquale Stanzione, a capo dell’Authority. E il suo pronunciamento e’ accolto come un lungo sospiro di sollievo da parte dei vertici del Movimento. “Ora si parte, non c’e’ un minuto da perdere”, esulta Conte. Eppure, negli stessi minuti, Casaleggio stilava gia’ il suo contattacco: “il Garante indichi la persona a cui consegnare i dati”, e’ la difesa del presidente di Rousseau, che parte da un presupposto: Crimi non e’ il legittimo capo del Movimento. In realta’, nel provvedimento, il Garante cita per due volte Crimi, definendolo, in un passaggio, “rappresentante legale pro-tempore del M5S”. E ingiungendo all’Associazione Rousseau di consegnare i dati degli iscritti al M5S entro cinque giorni. In caso di inadempienza Casaleggio & C. rischiano una sanzione pecuniaria fino a dieci milioni di euro. Anche perche’, si legge nel provvedimento, “nel corso del presente procedimento, l’Associazione Rousseau ha confermato di rivestire il ruolo di responsabile del trattamento e di detenere i dati personali degli iscritti al M5S”. Parabola finita? Macche’. A pochi minuti dal post con cui l’account ufficiale del Movimento puntava il dito contro “gli ostacoli in maniera strumentale” posti da Casaleggio per “rallentare il processo di rifondazione” e’ lo stesso figlio di Gianroberto a rispondere. Ed e’ un piano bellico, il suo. Che prevede il voto sulla piattaforma del Comitato direttivo, cosi’ come deciso a inizio anno dagli iscritti e il saldo dei debiti che i parlamentari del Movimento hanno nei confronti di Rousseau. Circa 450 mila euro i soldi richiesti dall’associazione milanese. In caso contrario “saremo costretti entro questa settimana, a verificare le modalita’ attraverso le quale andare ad affidare i dati degli iscritti ad una terza parte che si impegni a consegnarli a chiunque venga legittimato da un tribunale a riceverli”, avverte Casalggio. Provando una volta in piu’ ad imbrigliare Conte. “Per potersi candidare al Comitato direttivo e’ necessario essere iscritti da almeno 6 mesi e Conte non si e’ iscritto al MoVimento”, scrive Casaleggio, che offre la “sua” soluzione: un ruolo ad hoc per l’avvocato dal popolo, sancito da quel voto sulla piattaforma che lo stesso Casaleggio non permette finche’ non saranno “onorati” i debiti. “Gli scogli sono vicini. Ripeto. Gli scogli sono vicini”, conclude il figlio del guru del M5S, paragonando il Movimento ad una barca a vela. A quegli scogli si potrebbe presto arrivare soprattutto se Casaleggio decidera’ di fare ricorso (ha 30 giorni di tempo) a un tribunale ordinario contro un Garante della Privacy nominato – ricorda maliziosamente – dal governo Conte II. In serata prova a mettere ordine Luigi Di Maio. “Scontri e ricorsi ci allontanano dai cittadini”, sottolinea il ministro degli Esteri definendo Conte il “timoniere” del nuovo M5S. E chissa’ se il riferimento agli scogli casaleggiani sia solo un caso. Nel frattempo pero’ il Movimento rischia di perdere ulteriori pezzi e a Napoli emerge una fronda contraria al Patto per Napoli con Manfredi candidato. “Il candidato M5S verra’ designato come sempre fatto, su Rousseau se sara’ possibile”, annunciano i consiglieri campani Maria Muscara’ e Matteo Brambilla. Mentre Alessandro Di Battista, avvistato nei dintorni di Montecitorio continua a pungere: “il M5S voleva controllare il governo dall’interno e non tocca palla”. All’imbrunire l’entusiasmo della truppa dei governisti si affievolisce sensibilmente. Il duello tra Conte e Casaleggio assomiglia sempre piu’ al celebre racconto di Conrad.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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