Collegati con noi

Esteri

Il fronte anti-May punta al rinvio della Brexit, l’ira Downing Street: complotto contro il voto al referendum

Pubblicato

del

L’orizzonte di un rinvio della Brexit, e le grida a un ipotetico “complotto” parlamentare contro il risultato del referendum del 2016, riaccendono lo scontro a Londra alla vigilia della ripresa del dibattito a Westminster. Mentre i veleni delle potenziali conseguenze sull’Irlanda del Nord del divorzio fra Gran Bretagna e Ue fanno da sfondo dell’improvvisa ricomparsa dell’eco di una bomba che solo per caso non ha fatto morti a Derry (Londoderry per gli inglesi): citta’ martire del Bloody Sunday che nel 1972 innesco’ nel cuore dell’Ulster la cruenta stagione dei ‘troubles’.

Il clima politico nel Regno resta incerto quanto burrascoso malgrado i tentativi della May di aprire in questi giorni un dialogo allargato con opposizioni e dissidenti interni dopo la recente bocciatura sonora ai Comuni della bozza d’accordo faticosamente raggiunto con Bruxelles a novembre. Domani le tocca ripresentarsi in aula per indicare le linee d’un possibile ‘piano B’, ma passi in avanti o svolte significative al momento non se ne vedono. E i venti di rivolta continuano a soffiare impetuosi. Ad alimentarli e’ una mozione annunciata per domani stesso da un fronte formato da deputati d’opposizione e ribelli Tory che mira a imporre all’esecutivo l’obbligo di chiedere ai 27 un’estensione dell’articolo 50, e un rinvio dell’uscita dall’Ue gia’ prevista per il 29 marzo, laddove la premier non fosse in grado di far approvare in Parlamento un nuovo piano nel prossimo voto fissato per il 29 gennaio. O almeno entro la fine di febbraio. L’iniziativa, promossa dalla laburista Yvette Cooper e dal conservatore ‘moderato’ Nick Boles, s’incrocia con un emendamento analogo concepito da Dominic Greve, capofila dei dissidenti Tory eurofili.

E stando al Guardian ha gia’ il placet formale anche del leader del Labour, Jeremy Corbyn, che per ora esita a seguire i pro-Remain piu’ radicali sulla difficile strada della battaglia per un secondo referendum (che del resto dividerebbe a fondo le medesime file laburiste), ma sposa l’idea d’uno slittamento: se non altro per evitare il rischio che il governo possa finire per aprire le porte a una Brexit no deal, con contraccolpi imprevedibili su economia e posti di lavoro. “Tutto quello che chiediamo al primo ministro e’ rinunciare al sua mantra ‘o il mio deal o un no deal’… sarebbe gia’ un incredibile cambio di posizione”, ha incalzato oggi dai microfoni della Bbc il ministro ombra del Labour per la Brexit, Keir Starmer, ricordando come proprio il rifiuto di May di togliere dal tavolo “il ricatto” di uno scenario di divorzio senz’accordo sia considerato dal vertice del suo partito un ostacolo insuperabile a un dialogo diretto. Downing Street, tuttavia, teme altro. E per bocca di un portavoce mette in guardia contro le “manovre parlamentari” destinate a suoi occhi a cercare sabotare del tutto la Brexit: “il popolo britannico ha votato per l’uscita dall’Ue ed e’ cruciale che i politici ne rispettino il verdetto”, e’ il monito.

Un monito che il ministro del Commercio con l’Estero, Liam Fox, brexiteer superstite del governo May, traduce a modo suo, denunciando ogni tentativo di “rubare la Brexit” agli elettori come una miccia in grado di far deflagrare “uno tsunami politico” scavando “un abisso fra il Parlamento e la gente”. E a proposito di micce, c’e’ chi rischia di prendere la metafora fin troppo sul serio. Come a Derry, dove l’esplosione ieri sera di un’autobomba ha ripopolato gli incubi del mondo politico nordirlandese (e di Londra e Dublino) pur nell’unanime condanna del fatto. La polizia locale ha parlato di un ordigno “instabile”, assemblato in teoria per uccidere. E ha arrestato due persone puntando l’indice contro la ‘New Ira’, erede scissionista – a cavallo fra terrorismo e criminalita’ comune – della vecchia guerriglia repubblicana, senza accennare a legami diretti col caos Brexit. Caos che pero’ incombe, nelle rinnovate tensioni fra unionisti e indipendentisti di Belfast sul cosiddetto backstop, almeno come un fondale sinistro.

Advertisement

Esteri

Attacco di Hezbollah in Libano, feriti quattro militari italiani della missione UNIFIL

Pubblicato

del

Quattro militari italiani impegnati nella missione di pace UNIFIL in Libano sono rimasti feriti a seguito di un attacco alla base situata nel sud del Paese. Fonti governative assicurano che i soldati, che si trovavano all’interno di uno dei bunker della base italiana a Shama, non sono in pericolo di vita. Le autorità italiane e internazionali hanno espresso forte indignazione per l’accaduto, mentre proseguono le indagini per ricostruire la dinamica dell’attacco.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LIBANO. SOLDATI DELLE NAZIONI UNITE  (FOTO IMAGOECONOMICA)

La dinamica dell’attacco

Secondo le prime ricostruzioni, due razzi sarebbero stati lanciati dal gruppo Hezbollah durante un’escalation di tensioni con Israele. Al momento dell’attacco, la base italiana aveva attivato il livello di allerta 3, che impone ai militari l’utilizzo di elmetti e giubbotti antiproiettile. La decisione si era resa necessaria a causa della pericolosità crescente nell’area, teatro di scontri tra Israele e Hezbollah.

Un team di UNIFIL è stato inviato a Shama per verificare i dettagli dell’accaduto, mentre il governo italiano monitora attentamente la situazione.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LEBANON. FOTO IMAGOECONOMICA ANCHE IN EVIDENZA

Le dichiarazioni del ministro Crosetto

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha commentato con durezza l’attacco, definendolo “intollerabile”:

“Cercherò di parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano per chiedergli di evitare l’utilizzo delle basi UNIFIL come scudo. Ancor più intollerabile è la presenza di terroristi nel Sud del Libano che mettono a repentaglio la sicurezza dei caschi blu e della popolazione civile”.

Crosetto ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere i militari italiani, impegnati in una missione delicata per garantire la stabilità nella regione.


La solidarietà del Presidente Meloni

Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso solidarietà ai militari feriti e alle loro famiglie, dichiarando:

“Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di UNIFIL. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l’attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano. Ribadisco che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di UNIFIL”.


Unifil: una missione per la pace

La missione UNIFIL, operativa dal 1978, ha il compito di monitorare il cessate il fuoco tra Israele e il Libano, supportare le forze armate libanesi e garantire la sicurezza nella regione. L’attacco alla base italiana evidenzia la crescente instabilità nell’area e i rischi a cui sono esposti i caschi blu impegnati nella missione di pace.

Continua a leggere

Esteri

La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

Pubblicato

del

La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

Continua a leggere

Esteri

Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

Pubblicato

del

Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto