Ci sono molti attori nella crisi ucraina, ma quelli che guidano le danze sono tre: la Russia, si capisce, gli USA e la Cina. L’Europa, sì proprio l’UE, appare per ora come un attore “paradigmatico”, composto cioè da frammenti –statuali e non– che per lo più partecipano alla crisi subendola piuttosto che orientandola, come fanno invece gli attori “sintagmatici”, ossia coloro che sono dotati di un programma.
Questa crisi genuinamente europea, ha dunque uno stampo tipicamente neo-coloniale. Cioè si alimenta di spinte e controspinte che servono interessi ed hanno motivazioni in parte cospicua del tutto esterne al Continente. A cominciare dalla partita vera che si gioca tra Paesi che affacciano sull’Oceano Pacifico, e quindi in buona sostanza nel confronto tra Cina e Stati Uniti, che marcherà il XXI sec. La Russia vive una fase espansionista della propria politica estera, praticandola a tutto campo in maniera spregiudicata, ma sempre temperando la spinta ideologica con una robusta dose di pragmatismo. Mosca, così, sta cercando di sfruttare a proprio vantaggio questa dimensione altamente politica della globalizzazione del confronto tra le due potenze che si avviano a produrre, da sole, la metà del PIL dell’intero pianeta.
Il grande geografo politico Jean Gottmann chiamava “iconografia”, la costellazione di elementi simbolici dellarappresentazione pubblica delle relazioni internazionali. Ciò vale in specieper le “nuove” relazioni sino-russe, a cominciare dalla ostentata presenza di V. Putin al fianco di Xi Jinpingall’inaugurazione delle Olimpiadi invernali di Pechino, nella cui dichiarazione congiunta si parla addirittura di “Nuova Era”: un documento di 5.300 parole, in pratica un saggio, poco preso in considerazione dai media. Senza sottovalutare l’iconografia, ci sono nondimeno elementi estremamente concreti che entrano nel paniere. Visto dalle mura del Cremlino, il valore dell’appoggio di Pechino nella crisi ucraina è di tutta evidenza. E riguarda, per un verso, il fiancheggiamento della Cina nelle istanze internazionali, a partire dall’ONU. Le dichiarazioni cinesi in questo dominio sono chiare: Pechino non si entusiasma per un’invasione russa dell’Ucraina (dopotutto, questo il messaggio, la Cina è una potenza di millenaria saggezza politica e oggi con responsabilità imponenti in tema di “sviluppo sostenibile”), ma imputa agli Stati Uniti e agli “Occidentali” la colpa di averla provocata, non avendo voluto tener conto dei legittimi interessi di sicurezza di Mosca.
Per altro verso dice, quell’appoggio, che nessuna sanzione economico-finanziaria o tecnologica contro la Russia avrà un effetto di qualche significato finché a fianco della Russia ci sarà la Cina. Punto. Fine della storia. Con tutto quanto ciò comporta, viceversa, in termini di incidenza delle sanzioni che la Russia è in grado di comminare al fronte che “da Occidente” le si oppone, con molte velleità ma con poca saggezza politica. Come le tattiche energetiche ruotanti, per ora, attorno alle forniture di gas ai Paesi dell’UE.
Non meno significativa appare l’intesa sino-russa vista dalle mura della Città Proibita.Per un’economia divoratrice di materie prime –minerali, biologiche, energetiche- l’immensa Russia rappresenta un potenziale senza confronti in una partnership “globale”. Dal suo canto, la cooperazione militare, peraltro già in atto da tempo, renderebbe oltremodo temibili i dispositivi bellici dei due Paesi, già oggi imponenti. Ma soprattutto, la Cina guarda all’Ucraina con il cervello politico rivolto a Taiwan. L’isola è un obiettivo strategico primario per Pechino, che si trova da sempre la strada sbarrata dagli Stati Uniti. I quali, se hanno già detto che non interverranno militarmente in caso di invasione russa dell’Ucraina, hanno più volte affermato il contrario per una eventuale invasione di Taiwan da parte della Cina. Ma che succederebbe r.e.a.l.m.e.n.t.e. se gli Stati Uniti fossero messi di fronte a queste evenienze, magari contemporaneamente, come ha pur irrealisticamente ipotizzato qualcuno? Interrogativo cruciale per la Cina, che non può in nessun modo rischiare una guerra lunga e costosa con gli USA, sacrificando sull’altare della “riunificazione forzosa” del Paese i suoi obiettivi di sviluppo economico e di accrescimento della credibilità mondiale. Tanto più che un conflitto per Taiwan infiammerebbe tutto l’Indo-Pacifico, dal Giappone all’Australia, con conseguenze inimmaginabili.
Guardare dunque, osservare quel che succede, cercare di capire lo svolgimento dei fatti: confucianamente. Sapendo bene che le scale e i tempi d’azione sono troppo diversi per autorizzare un parallelismo tra le due invasioni, Ucraina e Taiwan. Nel frattempo, scoprire le fragilità dell’avversario dovunque si acquattino e indebolirlo nelle sue capacità di difesa e di offesa.Il fattore “C” ha una sua non trascurabile essenza esattamente in questo: giocare partite brevi, senza dimenticare gli obiettivi secolari del Regno di Mezzo.
Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.
Le prime foto di lui, con il viso pixelato e abbracciato a un soldato, erano apparse sui canali di blogger militari russi il 28 ottobre, subito dopo l’operazione che lo aveva esfiltrato dal territorio ucraino. Ma oggi Daniel Martindale si è presentato a volto scoperto e mostrando i suoi documenti di americano davanti ai giornalisti a Mosca, affermando di aver operato per oltre due anni dietro le linee nemiche fornendo preziose informazioni alle truppe di Mosca nel Donbass. Ora Martindale, che ha 33 anni, dice di voler farsi una vita e una famiglia in Russia e lavorare come agricoltore.
Oltre che acquisire la cittadinanza russa. Come Edward Snowden, l’informatico e attivista statunitense già tecnico della Cia che dal 2013 vive in Russia dopo aver rivelato i dettagli di diversi programmi top secret di sorveglianza di massa del governo di Washington e quello di Londra. E non sarà certo una sorpresa se Mosca deciderà di concedere la cittadinanza anche al nuovo transfuga, che promette di diventare una importante pedina della macchina propagandistica. “Dal 2005 considero gli Usa il mio nemico”, ha dichiarato Martindale, presentatosi alla stampa in camicia arancione e un cappellino nero con visiera. Quello che accade in Ucraina, ha insistito, “è un tentativo dell’America di contenere la Russia per non permetterle di competere ad armi pari con gli Stati Uniti”.
Poi un messaggio diretto a Washington: “Se qualcosa succede a me o a qualche mio parente non sarà un incidente, ma opera delle autorità americane per costringermi a tornare negli Usa e accusarmi di tutti i peccati”. Martindale ha detto di essere stato un “missionario” in Polonia. Quando ha capito che stava per scoppiare una guerra, si è trasferito in Ucraina e, dopo essere passato per Kiev, è arrivato nel territorio della regione di Donetsk controllato dalle forze governative solo una decina di giorni prima dell’attacco russo. Da lì, ha detto, si è messo in contatto con le forze separatiste filorusse scrivendo sul loro canale Telegram. Lo stesso sistema ha utilizzato per mantenere poi i contatti con le agenzie di sicurezza russe, che gli hanno fatto arrivare un nuovo telefono cellulare con un drone.
La settimana scorsa le forze speciali della 29/a Armata hanno fatto un’incursione in territorio ucraino per farlo uscire, dopo che, sostengono i canali degli osservatori militari russi, aveva avuto “un ruolo chiave nella preparazione dell’assalto al villaggio di Bogoyavlenka”, caduto in mano russa qualche giorno fa. Anche oggi Mosca ha annunciato la conquista di nuovi villaggi, quelli di Kurakhivka nella regione di Donetsk e quello di Pershotravneve nella regione di Kharkiv, in un’avanzata nell’est dell’Ucraina che ha accelerato nelle ultime settimane. Le truppe ucraine stanno affrontando una delle più “potenti” offensive della Russia dall’inizio dell’invasione, ha detto il comandante delle forze armate, Oleksandr Syrsky. La situazione è difficile, e “le ostilità in alcune aree richiedono un costante rinnovamento delle risorse delle unità ucraine”, ha aggiunto.
Difficoltà confermate dall’intelligence militare dell’Estonia, secondo la quale solo nell’ultima settimana le forze russe hanno occupato circa 150 chilometri quadrati di territorio nella regione di Donetsk. Il presidente Volodymyr Zelensky ha denunciato massicci attacchi di droni nella notte su varie regioni, compresa Kiev, dove le autorità locali hanno parlato di incendi scoppiati in vari edifici residenziali. Due feriti sono segnalati nella capitale e cinque, di cui tre bambini, a causa di un bombardamento di artiglieria nella città meridionale di Kherson. “I costanti attacchi terroristici contro le città ucraine provano che la pressione esercitata sulla Russia e i suoi complici non è sufficiente”, ha affermato Zelensky. Le autorità russe hanno invece detto che quattro civili sono rimasti feriti in attacchi di droni ucraini sulla regione frontaliera di Kursk e uno su quella di Belgorod. Oltre a due persone rimaste ferite in un attacco di artiglieria delle forze di Kiev a Gorlovka, località nel Donetsk controllata dalle truppe di Mosca.
Dopo due anni e mezzo di guerra della Russia contro l’Ucraina, pesanti impatti sulla sicurezza energetica a quella alimentare oltre alla crisi di rifugiati (oltre 14 milioni) più significativa in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale, la pace è urgente. Teha, coinvolgendo 9 think tank internazionali, ha disegnato una ‘road map’ che presenterà al Forum di Cernobbio: 5 proposte per rafforzare la sicurezza energetica, 5 per la sicurezza agroalimentare globale e 5 per arrivare alla pace. “Navighiamo in un panorama geopolitico instabile senza precedenti” sottolinea Valerio De Molli, il ceo di Teha Group, per questo “solo comprendendo le cause profonde della guerra e affrontando le sue implicazioni più ampie possiamo lavorare per un futuro in cui la resilienza, l’inclusività e la sostenibilità siano in prima linea nella governance globale”.
E’ il fil rouge del Paper “con l’obiettivo di fornire, si spera, un contributo costruttivo per avvicinare la pace” e il sogno, malcelato, è che il primo passo parta proprio da Cernobbio. Qui, nella prima giornata di lavori farà il suo intervento Viktor Orbán, Primo Ministro dell’Ungheria e Presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea e dovrebbe partecipare anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Per incontrarlo potrebbe anticipare il suo arrivo Giorgia Meloni. Bisogna partire con il “riconoscere gli ingenti danni causati dalla guerra sia a livello regionale che globale”, secondo l’analisi condotta da Teha con DiXi Group, EDAM Centre for Economics and Foreign Policy Studies, Higher School of Economics, Jacques Delors Institute, Kyiv School of Economics, Limes, Observer Research Foundation e la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) è “il prerequisito di un processo di pace globale”.
Il passaggio successivo è “condurre un’analisi critica del fallimento diplomatico degli Accordi di Minsk” (firmati nel 2014 tra Ucraina, Russia e Osce, ndr). Le altre tappe sono: “segmentare il processo di pace in azioni a breve e medio-lungo termine per stabilire tappe e obiettivi chiari, facilitando risultati progressivi e garantendo che sia le esigenze immediate sia gli obiettivi di lungo termine siano raggiunti; organizzare una Conferenza di Pace internazionale” che coinvolga Russia e Ucraina e infine “creare un solido piano di assistenza finanziaria ed economica per sostenere l’Ucraina nel dopoguerra” prevedendo il problema del debito pubblico e il calo della popolazione. Per rispondere alle due grandi crisi, energetica e alimentare, originatesi con la guerra gli analisti di Teha suggeriscono cinque mosse per ognuna.
La diversificazione delle fonti energetiche, la creazione di riserve strategiche di energia, l’aumento degli investimenti nelle energie rinnovabili, l’introduzione di misure per l’efficienza energetica, e la creazione di un Network Energetico Pan-Europeo, sul fronte energetico. Par reagire all’insicurezza alimentare acuta ha raggiunto livelli record, riguardando 258 milioni di persone in 58 Paesi nel 2022, le proposte di TEHA sono: “avviare un’attività di coordinamento, che coinvolga le principali organizzazioni internazionali, nella gestione della crisi alimentare globale; istituire programmi internazionali di aiuto alimentare a sostegno dei paesi vulnerabili; dare un’assistenza finanziaria e aiuti allo sviluppo ai paesi vulnerabili per costruire sistemi agroalimentari e migliorare la resilienza a shock futuri; incentivare pratiche agricole sostenibili che aumentino la produttività riducendo al minimo l’impatto ambientale e infine avviare una riforma della politica agricola globale e della governance a sostegno della transizione verde per garantire un accesso e una distribuzione equi delle risorse agricole e alimentari”.
Almeno 20 morti e 66 feriti: è il bilancio provvisorio del massiccio attacco missilistico lanciato oggi dalla Russia contro l’Ucraina. Finora si registrano infatti 35 feriti e 10 vittime a Kiev, incluse cinque nell’ospedale pediatrico Okhmatdyt, e altre 10 a Kryvyi Rig, città natale del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dove sono stati segnalati anche 31 feriti.
Ci sono persone intrappolate sotto le macerie dell’ospedale pediatrico Okhmatdyt Kiev colpito oggi da un attacco missilistico russo: lo riporta su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
“Ospedale pediatrico Okhmatdyt di Kiev. Uno degli ospedali pediatrici più importanti non solo in Ucraina, ma anche in Europa. Okhmatdyt ha salvato e restituito la salute a migliaia di bambini. Ora l’ospedale è stato danneggiato da un attacco russo, con persone intrappolate nelle macerie, e non si conosce il numero esatto di feriti e dei morti. Ora tutti stanno aiutando a rimuovere le macerie: medici e gente comune”, si legge nel messaggio. “La Russia non può non sapere dove volano i suoi missili e deve essere ritenuta pienamente responsabile di tutti i suoi crimini: contro le persone, contro i bambini, contro l’umanità in generale. È molto importante che il mondo non rimanga in silenzio e che tutti si rendano conto di ciò che la Russia è e di ciò che sta facendo”, conclude Zelensky.