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Cronache

Il dolore della famiglia Cecchettin: la morte di Giulia serva a cambiare

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La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia. Anche se le gocce dal cielo riescono solo a portare a nudo il dolore insopportabile per la perdita di una figlia 22enne per mano di un assassino. Prende in prestito una delle frasi più celebri del poeta libanese Kahlil Gibran Gino, il papà di Giulia Cecchettin, per l’ultimo saluto alla figlia 22enne, massacrata a coltellate dall’ex fidanzato Filippo Turetta, nell’Abbazia di Santa Giustina a Padova gremita da migliaia di persone. E il suo messaggio ai funerali della figlia diventa un’omelia civile e militante per le donne e contro la violenza che gli ha strappato una figlia. Tenendo a bada la commozione con la dignità del suo dolore calmo papà Gino dall’altare rivolge poche parole alla fine dei funerali e chiede che dopo la morte di Giulia il cambiamento diventi realtà.

“Non basta essere i primi della classe per impedire che vecchi retaggi educativi – osserva, alludendo ai brillanti risultati scolatici della figlia – prendano il sopravvento e cancellino anni di faticose conquiste femminili”. Eccellere rispetto all’altro sesso rimane un tabù che ancor oggi spinge ad uccidere. Nonostante la sua giovane età Giulia “era già diventata una combattente, un’oplita, come gli antichi soldati greci, tenace nei momenti di difficoltà – racconta ancora il padre, riferendosi alla morte un anno fa della mamma, Monica Camerotto – Il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti”. “Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne”, osserva papà Gino. E chiama in causa la scuola, la società e l’informazione. “Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali”, esorta Gino. Un compito che spetta necessariamente , in prima battuta, ai familiari più stretti.

“A chi è genitore come me, parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno – raccomanda – e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte”. E poi l’appello a non sentirsi mai assolti, ma tutti coinvolti perchè “difendere il patriarcato quando qualcuno ha la forza e la disperazione per chiamarlo col suo nome, trasformare le vittime in bersagli non aiuta ad abbattere le barriere”. Tocca invece ad Elena restituire un ritratto privato di Giulia, una ragazza che amava i regali buffi, “le passeggiate, ascoltare la musica”, collezionava scatole di latta e quando doveva scegliere pizza o gelato era indecisa finendo “per fare a metà con mamma”. “Prima o poi ci rivedremo, lo prometto, ma fino a quel momento so che sarai con me, perché sei il mio angelo custode, perché in fin dei conti lo sei sempre stato”, ripete col dolore nelle parole, negli occhi, in tutto. I palloncini bianchi a forma di cuore sono già in cielo. A Elena resta una consapevolezza: “Giulia era buona, era la ragazza migliore che abbia mai conosciuto”. Non solo una sorella, come biologia e anagrafe avevano deciso. Ma un “angelo custode”, una vera compagna, un’amica sincera. La migliore di sempre.

Gli occhi lucidi, le guance bagnate, le dita intirizzite dal freddo che stringono i fazzoletti stropicciati. Sono tutti commossi in Prato della Valle, a Padova, per l’ultimo saluto a Giulia Cecchettin. Nell’oceano di cappotti neri, spiccano i fiocchi rossi appuntati al petto, contro la violenza di genere. Ma soprattutto spiccano anche gli zaini colorati dei tanti, tantissimi studenti che hanno deciso di saltare scuola per seguire il funerale dai maxischermi montati fuori dalla basilica di Santa Giustina. “No, non conoscevamo Giulia, ma la sua storia ci ha toccato molto”, dice un gruppetto di quindicenni padovane guardando verso la gigantografia della giovane che, da un’altalena avvolta da tulle bianco e fiori, sorride. Si stringono l’una con l’altra perché, dicono, avrebbero potuto essere loro, Giulia. E purtroppo hanno ragione. Ma la piazza è piena anche di diverse scolaresche, arrivate con le loro insegnanti, tra cui una classe dell’istituto agrario Alberto Trentin di Lonigo (Vicenza).

“Abbiamo organizzato un’assemblea di istituto. È un episodio che ci ha colpito” commenta Nicola, rappresentante d’istituto. A parlarne, a scuola e nelle università, sono stati in molti. Nelle assemblee e nei capannelli tra i corridoi. “La morte di Giulia è stato un evento spartiacque che ha portato a un aumento del senso di responsabilità collettiva” afferma non a caso Emma Ruzzon, presidente del Consiglio degli studenti dell’Università di Padova per Udu, anche lei presente in Basilica. La folla di giovani in piazza segue con attenzione l’omelia di monsignor Claudio Cipolla e si commuove ascoltando il discorso del padre di Giulia, Gino Cecchettin, in cui auspica “che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite, e un giorno possa germogliare, e produca il suo frutto di amore, di perdono, e di pace”. Soprattutto, porti al giorno in cui le donne smetteranno di morire per aver voluto essere libere. Le lacrime scorrono tra i ragazzi che restano in silenzio fin quando la bara di Giulia, con le rose bianche adagiate sopra, esce dalla basilica: scoppia l’applauso sempre più forte, che piano piano si trasforma in rumore. Quello stesso rumore che ha contraddistinto anche il minuto di silenzio nelle scuole voluto dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Qualcuno inizia a scuotere le chiavi di casa, altri un campanello. Il timido tintinnio si diffonde per tutto Prato della Valle e cresce fino ad arrivare al papà di Giulia e ai due figli, Elena e Davide, che si stringono, commossi da tanto affetto e dal fatto che la loro richiesta di non fare silenzio ma rumore per Giulia, fosse stata accolta anche oggi per l’ultimo saluto a Giulia.

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Cronache

Terremoto in Irpinia: 44 anni dopo, il ricordo di una tragedia che unì l’Italia

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Il 23 novembre 1980 è una data incisa nella memoria dell’Italia. Alle ore 19:35, una scossa di terremoto di magnitudo 6,8, seguita da un’altra di magnitudo 5, devastò le province di Avellino, Salerno e Potenza, colpendo anche altre zone della Campania e della Basilicata. Una tragedia che causò migliaia di vittime e distrusse interi paesi, lasciando ferite profonde nel cuore delle comunità.

A 44 anni di distanza, i Vigili del Fuoco di Avellino, insieme alle istituzioni e ai cittadini, vogliono rendere omaggio alle vittime e ai feriti di quella catastrofe, ricordando anche il sacrificio di chi, con coraggio e abnegazione, si mobilitò per portare soccorso.

Il ricordo dei soccorritori
I Vigili del Fuoco furono tra i protagonisti della risposta all’emergenza. Nonostante le difficoltà rappresentate da un territorio montagnoso, dalle condizioni meteorologiche avverse e dalle vie di comunicazione interrotte, operarono senza sosta per mesi. Ragazzi che, con il loro spirito di adattamento, riuscirono a superare ogni ostacolo, guadagnandosi il rispetto e l’ammirazione della popolazione colpita.

«Vogliamo ricordare l’immane lavoro dei nostri colleghi Vigili del Fuoco, che affrontarono sacrifici personali senza precedenti per fronteggiare una situazione straordinaria», sottolineano oggi i rappresentanti del corpo.

Un messaggio dal Ministro Piantedosi
Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha partecipato alle commemorazioni a Sant’Angelo dei Lombardi, uno dei comuni più colpiti dal sisma, ricordando con commozione il sacrificio delle vittime e il moto di solidarietà che ne seguì.

«Quella tragedia rappresentò uno spartiacque per il nostro Paese, evidenziando la necessità di un Sistema nazionale di protezione civile. Oggi, la Protezione Civile italiana è un modello d’eccellenza riconosciuto a livello internazionale», ha dichiarato Piantedosi.

L’impatto storico e umano
La scossa devastò un’area di 17.000 chilometri quadrati, rendendo i soccorsi estremamente complessi. Cinque giorni dopo il sisma, tutti i corpi erano stati estratti dalle macerie, ma il lavoro di ricostruzione e assistenza durò per mesi. Allora, il presidente Sandro Pertini denunciò i gravi ritardi nei soccorsi, sollevando l’urgenza di migliorare le risposte alle emergenze.

Quella tragedia fu il punto di partenza per la nascita, nel 1982, del Dipartimento della Protezione Civile, che oggi coordina le emergenze sul territorio nazionale con rapidità ed efficacia.

Un tributo all’Italia solidale
L’anniversario del terremoto in Irpinia è un’occasione per ricordare non solo il dolore, ma anche la straordinaria solidarietà che unì il Paese. Da ogni angolo d’Italia arrivarono soccorritori e aiuti per sostenere le popolazioni colpite.

I Vigili del Fuoco di Avellino celebrano oggi il coraggio e la dedizione di chi si sacrificò per portare speranza e sollievo in un momento di disperazione, riaffermando il valore della memoria collettiva e dell’impegno civile.

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Terremoto sul Vesuvio: lieve scossa avvertita nella zona di Ottaviano

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Questa mattina, alle ore 8:35, è stata registrata una lieve scossa di terremoto di magnitudo 2,2 della scala Richter sul Vesuvio, precisamente sul versante di Ottaviano. La scossa, localizzata a una profondità di appena 20 metri, è stata percepita dalla popolazione locale, sebbene senza provocare danni.

Un evento di natura superficiale

La particolarità di questo evento sismico è la sua natura superficiale: essendo avvenuto a una profondità molto ridotta, il movimento del suolo è stato avvertito con maggiore intensità nelle aree circostanti l’epicentro, pur trattandosi di una magnitudo contenuta.

La rete di monitoraggio sul Vesuvio

Il Vesuvio, uno dei vulcani attivi più monitorati al mondo, è costantemente sotto osservazione dagli esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Gli eventi sismici di bassa intensità e profondità, come quello di questa mattina, rientrano nelle normali attività vulcaniche e tettoniche dell’area.

Cosa significa per la popolazione

Gli esperti sottolineano che una scossa di questa entità non rappresenta un motivo di preoccupazione. Tali fenomeni sono parte della normale attività geodinamica dell’area vesuviana e non indicano necessariamente cambiamenti significativi nel comportamento del vulcano.

Consigli per la cittadinanza

È sempre utile che la popolazione residente in aree vulcaniche adotti semplici pratiche di prevenzione e segua le comunicazioni ufficiali delle autorità locali e degli enti scientifici.

L’evento odierno, pur avvertito dalla cittadinanza, rientra nella casistica di scosse leggere che non destano particolari allarmi, ma che ricordano l’importanza di vivere consapevolmente in una zona caratterizzata da fenomeni naturali unici.

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Avellino, una donna e i suoi figli tratti in salvo da Polizia e Vigili del fuoco

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Ad Avellino l’intervento congiunto dei Vigili del Fuoco e della Polizia di Stato hanno portato al salvataggio di una donna e dei suoi figli da una situazione critica.

Il delicato intervento si è svolto ad Avellino, in via Circumvallazione, dove i Vigili del Fuoco sono intervenuti su richiesta della Polizia di Stato per affrontare una grave situazione di emergenza familiare. Un uomo, armato di coltello, minacciava la sua compagna, una donna di origini senegalesi, e i loro tre figli: due bambine e un maschietto.

La donna, temendo per la propria vita e quella dei suoi figli, si era rifugiata in una stanza chiusa a chiave. In cerca di aiuto, aveva portato i bambini sul balcone, attirando così l’attenzione delle forze dell’ordine e dei soccorritori. La tempestività dei Vigili del Fuoco, intervenuti con un’autoscala, ha permesso di mettere subito in salvo le due bambine, che sono state portate in un luogo sicuro.

Mentre l’operazione di soccorso continuava per raggiungere la madre e il figlio, l’uomo è riuscito a sfondare la porta della stanza, aumentando ulteriormente il rischio per i presenti. È stato in quel momento che gli agenti della Polizia di Stato, già sul posto, sono intervenuti con prontezza, riuscendo a bloccare e neutralizzare l’aggressore prima che potesse ferire qualcuno.

Completata la messa in sicurezza dell’uomo, i Vigili del Fuoco hanno riportato le bambine al fianco della madre, concludendo con successo l’intervento. Nessuno tra i coinvolti ha riportato ferite, e la donna e i suoi figli sono stati affidati alle cure dei servizi sociali per il supporto necessario.

 

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