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Il dibattito dei candidati sindaci a San Paolo finisce in rissa

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Dopo le sediate di due domeniche fa, anche il dibattito di lunedì notte tra i candidati a sindaco di San Paolo è finito in rissa. Protagonista sempre Pablo Marçal, il candidato del Partito rinnovatore laburista brasiliano (Prtb) di estrema destra, che nel salutare il pubblico ha cominciato a dire che se eletto avrebbe fatto arrestare l’attuale sindaco nonché candidato per un secondo mandato Ricardo Nunes, del Movimento democratico brasiliano (Mdb) di centro. Marçal lo accusa di corruzione sulle mense scolastiche comunali arrivando ad apostrofarlo ‘bananinha’ (piccola banana). Il presentatore che moderava il dibattito, Carlos Tramontina, ha per due volte ammonito Marçal ma alla terza lo ha espulso. Le guardie di sicurezza hanno quindi invaso il palco e il programma è stato interrotto. Quando è tornato in onda, il presentatore, visibilmente scosso, ha spiegato che Marçal “ha ripetutamente violato le regole e, quando se ne è andato, un suo guardaspalle ha aggredito il sindaco Nunes con un pugno in faccia, sta sanguinando molto”. In realtà a prendere il pugno è stato Duda Lima, il responsabile comunicazione del primo cittadino.

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Beirut, giornata più sanguinosa dal 1975: 492 morti sotto i raid israeliani

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Beirut ha vissuto ieri la sua giornata più sanguinosa dai tempi della guerra civile del 1975-1990. Secondo quanto riportato dai media libanesi e internazionali, i continui raid aerei israeliani contro Hezbollah hanno provocato almeno 492 morti, tra cui 35 bambini e 58 donne. Il bilancio dei feriti supera i 1.600.

Questo drammatico episodio segna il giorno con il più alto numero di vittime per il Libano negli ultimi trent’anni. L’intensificazione delle ostilità ha sconvolto la capitale, suscitando preoccupazioni per un’escalation ulteriore del conflitto, già caratterizzato da un aumento della violenza e del numero di civili coinvolti.

La situazione a Beirut e in Libano continua a essere estremamente critica, con nuovi aggiornamenti che confermano il tragico bilancio delle vittime dei raid israeliani del 23 settembre 2024.  Gli attacchi, parte dell’operazione “Northern Arrows” delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), hanno colpito principalmente roccaforti di Hezbollah nel sud del Libano, nella Valle della Bekaa e nei sobborghi di Beirut, causando anche distruzione di ospedali e infrastrutture civili.

In risposta, Hezbollah ha lanciato circa 150 razzi contro basi militari israeliane e aree nel nord di Israele, intensificando ulteriormente il conflitto. Israele ha avvisato i civili libanesi di evacuare le aree coinvolte, mentre il premier Benjamin Netanyahu ha dichiarato che l’obiettivo è smantellare la capacità militare di Hezbollah, pur ribadendo che il conflitto non è rivolto contro il popolo libanese.

La comunità internazionale ha espresso preoccupazione per l’escalation, con l’Unione Europea e vari paesi arabi che chiedono un immediato cessate il fuoco e una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per discutere la crisi. Iraq, Iran e Siria hanno condannato le azioni israeliane, mentre l’Egitto ha invocato un intervento internazionale per fermare la spirale di violenza.

La situazione rimane fluida, con il rischio di un conflitto più ampio che potrebbe destabilizzare ulteriormente la regione​.

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A New York Lula accusa la scorta di Biden di essere ‘truculenta’

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Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha annullato la sua partecipazione a un evento di beneficenza ospitato dalla fondazione dell’ex presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, a New York dopo essersi lamentato della “truculenza” degli agenti del Secret Service. Gli agenti stavano scortando Joe Biden, arrivato all’ultimo momento all’evento che si è tenuto in un hotel della città. Lula, che si trova negli Usa per partecipare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, si è irritato perché la sua delegazione composta da ministri e ambasciatori è stata perquisita dagli agenti. Inoltre, a parte di essa è stato impedito di entrare, fuori dalle regole del protocollo deciso in precedenza, come riferito dallo stesso governo brasiliano. Il timore di attentati ha fatto aumentare nelle ultime settimane i livelli di sicurezza intorno a Biden e ai candidati presidenziali statunitensi.

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Zelensky in pressing in Usa, Biden indeciso sulle armi

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Un viaggio “cruciale” per il futuro della sua Ucraina. Volodymyr Zelensky è sbarcato negli Stati Uniti con in tasca il suo “piano per la vittoria”, che Joe Biden sarà il primo a vedere giovedì alla Casa Bianca. Con il presidente americano, Zelensky continuerà il suo pressing per ottenere il via libera all’uso delle armi occidentali in profondità nel territorio russo.

“Non ho ancora deciso sui missili a lungo raggio americani in territorio russo”, ha detto nelle ultime ore Biden. Una mancata presa di posizione di fronte alla quale il leader ucraino però non molla: Zelensky punta a rafforzare la posizione di Kiev negli ultimi mesi della presidenza Biden, mentre gli Stati Uniti stanno lavorano a un nuovo pacchetto di aiuti da 375 milioni di dollari. Alla Casa Bianca giovedì il presidente ucraino incontrerà anche la vicepresidente e candidata alla presidenza Kamala Harris: anche a lei presenterà il piano, che sarà poi oggetto pure del previsto incontro con Donald Trump, che si annuncia molto meno facile per il presidente ucraino.

La prima tappa della missione americana di Zelensky è stata una fabbrica di munizioni in Pennsylvania, nella Scranton dove è nato Biden. Poi New York per l’Assemblea dell’Onu, dove Zelensky ha presentato la situazione dell’Ucraina, parlando anche ai Paesi più vicini alla Russia. La guerra contro Kiev è stata al centro del G7+Energia, co-presieduto dal vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani e dal segretario di Stato Antony Blinken.

“Voglio esprimere la nostra solidarietà all’Ucraina per gli intensi attacchi della Russia sulle infrastrutture energetiche. Siamo molti preoccupati per la situazione e riaffermiamo il nostro sostegno a Kiev e al suo settore energetico”, ha detto Tajani, sottolineando che l’Italia e le aziende italiane sono pronte a fare la loro parte. “È chiaro che la Russia cercherà di piegare l’Ucraina puntando sulla situazione meteorologica, sul gran freddo – ha osservato il ministro -. Dobbiamo invece aiutare Kiev a difendere le proprie infrastrutture energetiche e a ricostruire quelle che i russi hanno distrutto”. Tajani non ha poi nascosto le preoccupazioni per la situazione di Zaporizhzhia.

“L’Italia ha già investito duecentoquindici milioni di euro con un accordo che ho approvato e ho firmato con il ministro degli Esteri a Monaco all’inizio dell’anno. Quindi stiamo facendo la nostra parte”, ha messo in evidenza il titolare della Farnesina, ricordando come a margine dell’Onu si riunirà anche il G7 dei ministri degli Esteri, che avrà come temi le due grandi crisi, dall’Ucraina alle tensioni in Medio Oriente.

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