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Economia

Il debito pubblico italiano vola verso i 3.000 miliardi

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Il debito pubblico italiano continua a macinare record di mese in mese e si avvicina sempre di più alla soglia psicologica dei 3.000 miliardi di euro. Una cifra monstre, in valore assoluto, che più volte l’esecutivo ha detto di voler aggredire soprattutto per riportare il valore (in rapporto al Pil) a livelli compatibili con quelli indicati dall’Unione europea. Una situazione, quella italiana, non unica ma certamente allarmante: di recente ad esempio, S&P non ha spiegato di vedere progressi da parte dei Paesi del G7 nella riduzione del debito, con Francia, Italia e Stati Uniti che “nei prossimi tre anni vedranno crescere ulteriormente il loro rapporto debito-Pil”. Mentre la Commissione Ue ha spiegato che per l’Italia “nel complesso, l’analisi della sostenibilità del debito indica rischi elevati nel medio termine. Secondo le proiezioni decennali di base, il rapporto debito pubblico/Pil aumenta costantemente fino a circa il 168% del Pil nel 2034. La traiettoria del debito è dunque sensibile agli shock macroeconomici.

Intanto dagli ultimi dati del Bollettino “Fabbisogno e Debito” di Bankitalia si registra il nuovo picco: lo scorso mese di maggio il debito delle amministrazioni pubbliche è aumentato di 13,3 miliardi rispetto al mese precedente, risultando pari a 2.918,9 miliardi, avvicinandosi verso la soglia dei 3.000 miliardi. L’aumento – spiega via Nazionale – è dovuto al fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (11,5 miliardi) e all’effetto degli scarti e dei premi all’emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione dei tassi di cambio (2,1 miliardi). In senso opposto la riduzione delle disponibilità liquide del Tesoro (0,3 miliardi, a 31,9). Il nuovo debito è ‘figlio’ delle amministrazioni centrali: con riferimento alla ripartizione per sotto-settori, il debito delle amministrazioni centrali è infatti aumentato di 13,6 miliardi, mentre quello delle amministrazioni locali è diminuito di 0,3 miliardi. Il debito degli enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato.

La vita media residua del debito è rimasta stabile a 7,8 anni. A maggio la quota del debito detenuta dalla Banca d’Italia è lievemente diminuita (al 23,3 per cento dal 23,5 per cento del mese precedente), mentre ad aprile (ultimo mese per cui questo dato è disponibile) quella detenuta dai non residenti si è collocata al 28,8 (dal 28,7 per cento del mese precedente) e quella detenuta dagli altri residenti (principalmente famiglie e imprese non finanziarie) al 14,1 per cento (come nel mese precedente). Insomma una montagna di denaro che – sintetizza l’Unc – se spalmata su tutti gli italiani rappresenta un debito a testa (neonati inclusi) di 49 mila e 475 euro, a famiglia sarebbe addirittura pari a 110 mila e 563 euro.

Una zavorra pesantissima per il Paese – dice il Codacons – di cui faranno le spese le generazioni future, una situazione insostenibile per la nostra economia che il governo Meloni deve affrontare attraverso un cambio di direzione rispetto al passato e misure realmente efficaci in grado di ridurre un debito mostruoso”. Unica consolazione nel frattempo arriva dalle entrate fiscali: sempre a maggio le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono state pari a 43,3 miliardi, in aumento del 7,1% (2,9 miliardi) rispetto al corrispondente mese del 2023. Nei primi cinque mesi del 2024 le entrate tributarie sono state pari a 206,8 miliardi, in aumento del 7,1% (13,7 miliardi) rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente.

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Economia

Eni, utile netto a 1,2 miliardi nel terzo trimestre

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Nel terzo trimestre del 2024 l’utile netto adjusted del gruppo Eni è di 1,271 miliardi di euro, sopra le previsioni degli analisti. Superano il consensus anche gli utili operativi (ebit) proforma adjusted, a 3,4 miliardi, esplorazione e produzione (3,213 miliardi) e gas (0,253 miliardi). In linea con le previsioni degli analisti gli ebit trimestrali di Enilive e Plenitude (0,317 miliardi). Per quanto riguarda i primi 9 mesi del 2024, l’utile netto adjusted è di 4,372 miliardi, in calo del 34% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’ebit proforma adjusted è di 11,623 miliardi, il 17% in meno rispetto allo stesso periodo del 2023. L’utile netto del terzo trimestre, invece, registra un calo rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso del 30%, l’ebit proforma adjusted del 14%.

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Economia

Quasi 4,8 milioni pensionati con meno di 1.000 euro

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Sono quasi 4,8 milioni i pensionati che possono contare su redditi da pensione inferiori a mille euro al mese, quasi tre su dieci: l’Osservatorio Inps sulle prestazioni pensionistiche e i beneficiari nel 2023 segnala che tra questi quasi 1,7 milioni hanno assegni inferiori a 500 euro, un livello nettamente al di sotto della soglia di povertà. Il Rapporto si concentra sulle singole prestazioni e sul reddito complessivo da pensione e non sugli altri eventuali altri redditi dei pensionati ma la fotografia ci racconta quanto sia ampia la fascia di coloro che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese. I pensionati che prendono oltre 2mila euro al mese comunque sono il 38,4% del totale ma assorbono il 60% della spesa.

La spesa nel complesso dell’anno ha superato i 347 miliardi di euro con un aumento del 7,7% rispetto al 2022, crescita legata soprattutto al recupero dell’inflazione. Le pensioni rimangono quindi un grande capitolo di spesa per lo Stato. I dati confermano il divario tra uomini e donne nei redditi da pensione sulla scia di quello che accade nel mercato del lavoro con i maschi che possono contare su carriere più lunghe e retribuzioni più alte oltre a tassi di occupazione medi più elevati. Se l’importo medio annuo dei redditi percepiti in Italia è di 21.382 euro nel 2023 l’assegno medio da pensione incassato dagli uomini è superiore a quello delle donne del 35% con 24.671 euro contro 18.291.

Con l’aumento dell’occupazione femminile questo divario dovrebbe ridursi e diminuire la fascia delle donne che possono contare solo su pensioni assistenziali e di reversibilità. Nel 2023 le donne con pensioni inferiori a 1.000 euro al mese sono oltre tre milioni, oltre una pensionata su tre, e tra queste quasi un milione (959.986) può contare su prestazioni da pensione per meno di 500 euro al mese , l’11,5% del totale. L’intervento del governo sulle pensioni minime riguarda solo i trattamenti previdenziali, ovvero basati sul versamento dei contributi, e non quelle assistenziali, legate alle condizioni economiche disagiate, come ad esempio l’assegno sociale, o a invalidità non legate all’attività lavorativa.

Dovrebbero essere coinvolte nel passaggio tra i 614,77 euro al mese ai 617,92 euro circa 1,8 milioni di assegni. Un intervento definito dal leader del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte una “beffa” e da altre parte dell’opposizione una “elemosina” che non recupera neanche il potere d’acquisto perso con l’inflazione. Per gli assegni pensionistici i più sostanziosi, quelli superiori a 5mila euro lordi al mese, percepiti da poco più di 400mila persone, basati nella grande maggioranza di casi su un alto numero di anni di contributi e retribuzioni elevate, si spende più che per i 4,8 milioni di pensionati con i redditi più bassi, circa 34,4 miliardi a fronte di 33,5. Le prestazioni pensionistiche nel complesso sono 22.919.888, per la grande maggioranza Ivs (Invalidità vecchiaia e superstiti), pari a 17.752.596. Le indennitarie sono 627.143 e quelle assistenziali 4.540.149.

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Ammontano a 5.072 i notai in Italia, 3.079 uomini e 1.993 donne

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L’ultima fotografia del Notariato in Italia vede in servizio 5.072 professionisti, di cui 3.079 uomini e 1.993 donne. Sono dati forniti a margine dei lavori del 60° congresso nazionale della categoria, in corso a Roma. Stanno, però, per entrare in esercizio, avendo vinto il concorso, “circa 290 nuovi notai”.

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