Il mercato obbliga la politica a prendersi le sue responsabilità? Qualche volta accade. Prendete i vaccini. Dopo il grande esito scientifico-industriale di dicembre, sembrava che la faccenda –almeno da noi- dovesse prendere una piega poco meno che grottesca su chi fa, come e dove le vaccinazioni, e con quale calendario e seguendo quali priorità. Il problema da grottesco si è fatto drammatico a metà gennaio, quando le case farmaceutiche produttrici dei farmaci più efficaci e sicuri hanno fatto sapere che non avrebbero onorato i contratti. Così, puramente e semplicemente.
La risposta dei contraenti, che hanno un profilo politico trattandosi nientemeno che dell’UE e, in primis, della Presidente della Commissione Ursula Von derLeyen che si è impegnata in prima persona il questakermessecontrattualistica, è stata del tutto inadeguata: sia sotto l’aspetto giuridico che politico. La cosa è tanto più grave in quanto la popolazione europea continua ad essere falcidiata dal coronavirus. Il triste bollettino di ieri segnala477 morti in Italia, e numeri drammaticamente alti per la Germania, per la Francia, per laSpagna.
Mentre si gioca stancamente, e in un modo che ai più appare non trasparente, la partita con Pfizer e Moderna, irrompe sulla scena AstraZeneca, un venditore dal quale sarebbe difficile comprare un’auto, come si dice. Quest’azienda inglese, extra-comunitaria quindi, sottopone il suo vaccino all’approvazione degli organismi regolatori europei, che si riservano di emettere un giudizio per fine gennaio. Nel frattempo, prim’ancora della pronuncia dell’EMA e degli organi nazionali, annuncia che non sarà comunque in grado di mantenere fede ai contratti stipulati con l’UE e che le sue forniture, comunque vadano le cose, subiranno una decurtazione del 60%.
Val la pena seguire la performance di AstraZeneca, su due piani. Il primo, è quello scientifico. La casa farmaceutica presenta uno studio di dubbia consistenza, oltretutto sbagliando la somministrazione delle dosi. Su quella base “errata”, scopre che il vaccino è più efficace che su quella prevista (cioè “corretta”). E però i casi testati sono troppo bassi per poter concludere qualcosa di affidabile. Altri studi sono necessari.
Invece di rigettare il vaccino, l’EMA approva –in emergenza e con riserve- seguita ahimé! dagli organismi regolatori nazionali, tra i quali l’italiana Aifa. Il vaccino di AstraZeneca è per 1/3 meno efficace degli altri due. In più, sarebbe “raccomandato”per una popolazione non superiore a 65 anni (Francia, Germania). Che significa? La gente non capisce, è spaventata. Molti sperano che non tocchi a loro essere vaccinati con AstraZeneca. A chiarimento, Aifa –che aveva parlato di un limite 55 anni e non di 65- annuncia che in realtà non è che il vaccino non si possa fare agli ultracinquantacinquenni (o sessantacinquenni). Solo, ecco, “sarebbe meglio” non farlo. Ma siccome “il virus va fermato”, dobbiamo farlo. E farlo in fretta, dice un ineffabile virologo, subito contraddetto da un’epidemiologa, che non vorrebbe che si abbassasse troppo la guardia. E giù dichiarazioni che tentano di mettere insieme dotte considerazioni metodologiche, opinioni giornalistiche e valutazioni sugli effetti di tutto ciò su un piano vaccinale di cui ormai più nessuno sa dire a che punto si trova e come si va effettivamente rimodulando.
E AstraZeneca? AstraZeneca si muove anche su un ulteriorepiano, che è squisitamente economico-politico. Anzi, geopolitico. Sì perché da una parte in Europa è impegnata a sostenere la campagna vaccinale britannica, che dal suo canto procede speditissima. Senza dimenticare di lucrare il lucrabile dagli scomposti comportamenti UE. Dall’altra parte, ben più consistentemente, è impegnata ad operare sul pano globalitariodelegando il grosso della sua produzione nientemeno cheall’India, base operativa dalla quale rifornisce per centinaia di milioni di dosi i Paesi del Commonwealth britannico e, più ampiamente, i Paesi afro-asiatici e sudamericani.
Il questo quadro alquanto mosso, converrete, appare ieri l’altro uno studio scientifico, il primo, relativo al vaccino russo Sputnik V.E’ pubblicato su “The Lancet”, una rivista ritenuta di altissimo profilo dalla comunità medico-scientifica occidentale, con la firma di ben 32 ricercatori russi. Risulta, da qui, che il vaccino è sicuro ed efficace (91,6%), anche per la popolazione con età superiore a 60 anni. C’è di che polverizzare AstraZeneca, a quanto pare. E del resto, in Europa l’Ungheria è già in corsa per l’utilizzazione del vaccino russo. La cancelliera tedesca haprontamente espresso il suo interesse. La comunità scientifica prende atto velocemente dei nuovi dati. Il sistema industriale comincia a concentrarsi sulle condizioni di produzione del farmaco.
E’ sperabile che Sputnik V porti tutti, in Europa specialmente, a riportare le relazioni con Mosca su piani meno ideologici e più politici. Sarebbe il caso, poi, che l’UE facesse un buon contratto con Gamaleya, la società che commercializza il vaccino, affidandosi non solo e non tanto alle penali, quanto piuttosto a un sistema di licenze che rimettesse la produzione del farmaco ad aziende europee di cui sarebbero garantiti standard certificati. Infine l’Italia, forse, dovrebbe trovare il tempo e il modo –comunque, anche in piena crisi di Governo- di direqualcosa, non di sinistra né di destra, ma di buon senso, operative, su questa vicenda.
Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.
“Pompei non può essere associata al turismo di massa, ma deve avere come obiettivo quello della qualità”. Gabriel Zuchtriegel stringe tra le mani il suo biglietto nominativo, quello che da oggi è obbligatorio per entrare negli scavi che dirige dal febbraio 2021. È una delle novità introdotte all’interno del parco archeologico. La più importante riguarda il numero chiuso per gli ingressi giornalieri, che non potranno mai superare quota 20mila. Nel periodo di maggiore afflusso (dal primo aprile al 31 ottobre), poi, saranno anche previste specifiche limitazioni a seconda delle fasce orarie: dalle 9 alle 12 massimo 15mila ingressi; altri 5mila da mezzogiorno alle 17.30. L’acquisto dei ticket è consentito sul posto e online. “Alla base – spiega ancora Zuchtriegel – ci sono soprattutto motivi di sicurezza, sia dei visitatori, sia di tutela del patrimonio. Partiamo in questo periodo di bassa stagione per sperimentare tale misura, i cui numeri saranno poi esaminati con calma in vista delle giornate di maggiore afflusso”.
Obiettivo è anche combattere il fenomeno del bagarinaggio, che portava i turisti ad acquistare biglietti rivenduti a prezzi maggiorati e con l’aggiunta di “servizi” già compresi nel costo abituale del ticket. Altro proposito è puntare a distribuire i visitatori anche sugli altri siti del parco (Boscoreale, Torre Annunziata, Villa dei Misteri, Civita Giuliana e Stabia). Gli scavi di Pompei introducono le novità del numero chiuso e del biglietto nominativo dopo un’estate da record, che ha fatto registrare flussi mai visti in passato, con oltre quattro milioni di visitatori e punte di oltre 36.000 presenze in occasione di una delle prime domeniche del mese (quelle a ingresso gratuito). Questa mattina Zuchtriegel ha deciso di seguire personalmente l’avvio del cambiamento insieme con Prefettura, vigili del fuoco e consulenti dei lavoratori insieme ai quali è stata ravvisata la necessità di prevedere una gestione in piena sicurezza del sito Unesco.
“Abbiamo avuto in autunno, estate e primavera – sottolinea ancora il direttore – giornate in cui il limite dei 20.000 ingressi è stato superato: ci siamo resi conto di dover garantire a tutti i visitatori una esperienza di qualità. Pompei non deve essere un sito per il turismo di massa. Abbiamo un territorio meraviglioso e ci impegneremo a canalizzare maggiormente i flussi, ma anche gli investimenti, la ricerca e la valorizzazione di questi luoghi. Questo non è una misura contro la crescita. Anzi, noi puntiamo sulla crescita”. Nessuna gara sui numeri, come avviene in particolare in occasione delle domeniche ad ingresso gratuito: “La nostra priorità è la sicurezza – conclude Zuchtriegel -. E in caso di emergenza, abbiamo pensato di assicurare uscite controllate ai visitatori. Attenzione, siamo orgogliosi dei dati che abbiamo raggiunto in questi anni: spesso eravamo al primo posto nelle giornate di ingressi gratuiti. Questa classifica è carina, ma logica ci impone di scegliere la conservazione del nostro patrimonio: non vorremmo mai che qualche classifica finisca per danneggiarlo”.
Calano i contagi da Covid-19 in Italia. Nella settimana dal 17 al 23 ottobre si registrano 8.660 nuovi casi rispetto ai 11.433 della rilevazione precedente mentre i decessi sono 116 a fronte di 117. Il maggior numero di nuovi casi è stato registrato in Lombardia (2.693), Veneto (1.206), Piemonte (998) e Lazio (928). Mentre continua la corsa della variante Xec. E’ quanto emerge dal bollettino aggiornato e dal monitoraggio settimanale a cura del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità. Nell’ultima settimana sono stati effettuati 89.792 tamponi, in calo rispetto ai 94.880 della precedente rilevazione, e scende anche il tasso di positività, da 12% a 9,6%.
L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero ospedaliero, al 15 ottobre è pari a 0,84 rispetto a 1,06 del 9 ottobre. È in lieve diminuzione, in quasi tutte le regioni, l’incidenza settimanale: la più elevata è stata in Lombardia (27 casi per 100mila abitanti) e la più bassa in Sicilia (con 0,2 casi per 100mila abitanti). Al 23 ottobre, si legge, “l’occupazione dei posti letto in area medica è pari a 3,7%, stabile rispetto alla settimana precedente (3,8% al 16 ottobre). In lieve diminuzione l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 0,9% (76 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (1,0% al 16 ottobre)”. In base ai dati di sequenziamento nell’ultimo mese si osserva la co-circolazione di differenti sotto-varianti di JN.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di KP.3.1.1. In crescita, inoltre, la proporzione di sequenziamenti attribuibili a Xec (17% nel mese di settembre contro il 5% del mese di agosto).
Dopo il calo delle ultime settimane, tornano a salire i contagi da Covid-19 in Italia. Dal 19 al 25 settembre sono stati 11.164 i nuovi positivi, rispetto agli 8.490 della settimana precedente, pari a un aumento di circa il 30%. La regione con più casi è la Lombardia (3.102), seguita dal Veneto (1.683) e Lazio (1.302). E a crescere sono anche i decessi settimanali, passati da 93 a 112. Stabile l’impatto sugli ospedali mentre cresce la variante Xec.
Questi i dati dell’ultimo bollettino settimanale pubblicato dal ministero della Salute e del monitoraggio a cura dell’Istituto superiore di Sanità. Ad aumentare sono stati anche i tamponi, passati dai 81.586 del 12-18 settembre a 85.030, mentre il tasso di positività è passato dal 10% al 13%. Stabile invece il numero di posti letto occupati da pazienti Covid nei reparti di area medica (pari a 3% con 1.885 ricoverati), così come quelli occupati in terapia intensiva (0,7% con 62 ricoverati). I tassi di ospedalizzazione e mortalità restano più elevati nelle fasce di età più alte.
L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero, è pari a 0,9, in lieve aumento rispetto alla settimana precedente. Mentre l’incidenza è di 19 casi per 100mila abitanti, anche questa in aumento rispetto alla settimana precedente (14 casi per 100mila abitanti). L’incidenza più elevata è in Veneto (35 casi per 100mila abitanti) e la più bassa nelle Marche (1 per 100mila). In base ai dati di sequenziamento genetico, nell’ultimo mese circolano insieme differenti sotto-varianti di Jn.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di Kp.3.1.1 (68%). In crescita, e pari a circa il 5%, i sequenziamenti del lignaggio ricombinante Xec, appartenente alla famiglia Omicron.