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Esteri

I separatisti ucraini da Putin, “pronti all’annessione”

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Dopo il plebiscito scontato nei referendum “farsa”, come li ha definiti l’intera comunita’ internazionale, i leader filorussi chiedono a Vladimir Putin di approvare ufficialmente l’annessione delle quattro regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia. Mentre il mondo condanna l’ennesimo strappo e annuncia nuove sanzioni, uno dopo l’altro i capi dei separatisti hanno firmato nelle ultime ore un appello formale per unirsi a Mosca. “La popolazione ha fatto la sua scelta”, decidendo “di abbandonare valori a loro estranei e di ricongiungersi con la loro terra natale: la Russia”, afferma il documento siglato dal capo dell’amministrazione secessionista di Zaporizhzhia, Yevgeny Balitsky. Dichiarazioni analoghe sono state portate a Mosca dai leader del Donbass, Denis Pushilin e Leonid Pasechnik, i cui territori erano gia’ stati riconosciuti come indipendenti alla vigilia dell’invasione. Non e’ escluso che Putin possa incontrarli, ha fatto sapere il Cremlino. Intanto il ministero degli Esteri e’ tornato a difendere il voto, definito come un esercizio del “diritto legale all’autodeterminazione”, e la Duma ha gia’ cambiato l’agenda dei lavori parlamentari, in modo da tenere lunedi’ una sessione plenaria straordinaria. Per l’annessione, insomma, sembra essere questione di giorni. “La Russia deve pagare per questa ulteriore escalation”, ha attaccato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, presentando l’ottavo pacchetto di sanzioni proposto da Bruxelles, che a Mosca dovrebbe costare 7 miliardi di euro di entrate, e ribadendo che l’Ue “non accettera’ mai” l’esito dei “falsi” referendum. Consultazioni che per l’Alto Rappresentante per la Politica Estera, Josep Borrell, non sono state solo “illegali”, ma pure con risultati “falsificati”. E del resto, denuncia Kiev, anche l’alta affluenza dichiarata e’ un bluff, visto che ad esempio a Zaporizhzhia avrebbe votato appena lo 0,5% dei residenti prima dell’invasione. Le condanne delle cancellerie occidentali si susseguono senza sosta, mentre anche la Cina ha ribadito “che l’integrita’ sovrana e territoriale di tutti i Paesi dovrebbe essere rispettata” e la Serbia del presidente Aleksandar Vucic, sin dall’inizio contraria alle sanzioni, ha escluso di riconoscere il voto. Anche sul campo di battaglia la mossa sembra destinata ad innescare una nuova escalation. “Ora passiamo a una nuova fase di combattimenti come parte della Federazione Russa”, ha avvertito il leader dei separatisti del Donetsk. L’offensiva, ha confermato il Cremlino, proseguira’ fino alla completa “liberazione” di tutti i territori eventualmente annessi. Avvertimenti che seguono le minacce sull’uso di armi nucleari tattiche in difesa dei nuovi autoproclamati confini russi. Un’eventualita’ a cui, secondo il ministro degli Esteri polacco Zbigniew Rau, la Nato reagirebbe “in maniera convenzionale”, quindi non usando un’arma nucleare, ma in modo “devastante”. Per tutta risposta, Kiev si dice pronta a continuare la controffensiva, mentre un raid denunciato da Mosca sulla regione frontaliera di Belgorod ha provocato 14 feriti. L’Ucraina ha chiesto quindi all’Occidente di aumentare “significativamente” gli aiuti militari. Un appello cui hanno subito risposto gli Stati Uniti, preparando di un nuovo pacchetto di armi da 1,1 miliardi di dollari che dovrebbe includere nuove forniture di sistemi anti-missile Himars, munizioni e vari tipi di sistemi anti-droni radar. E Washington ha fatto sapere di essere al lavoro con alleati e partner anche per imporre rapidamente severi costi economici a Mosca, mantenendo il ritmo di nuove sanzioni ogni sei settimane.

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Arresto di Sansal incendia i rapporti Francia-Algeria

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Si infiammano i rapporti già tesi tra la Francia e l’Algeria per la sorte di Boualem Sansal, lo scrittore algerino che da qualche mese ha ottenuto anche la nazionalità francese. Da sabato scorso, quando è stato arrestato all’aeroporto di Algeri, non si sa più nulla di lui. Settantacinque anni, da 25 impegnato da scrittore contro il potere di Algeri e i cedimenti all’integralismo islamico, potrebbe – secondo fonti algerine – essere processato per “violazione dell’unità nazionale e dell’integrità nazionale del Paese”. Preoccupati i familiari, gli amici, i sostenitori, mobilitata la stampa e il mondo degli intellettuali francesi, silenzioso il governo di Parigi con l’eccezione di Emmanuel Macron, che ieri sera ha espresso pubblicamente la sua forte preoccupazione.

L’arresto di uno degli intellettuali più critici contro il potere di Algeri ha inasprito i già tesi rapporti tra Francia ed Algeria, che avevano fatto toccare proprio nelle scorse settimane nuovi picchi per la visita di Macorn in Marocco e i toni di grande vicinanza col regno di Mohammed VI. Oggi anche l’editore francese Gallimard, che pubblica le opere di Boualem Sansal fin dall’uscita del suo libro più famoso, ‘Le serment des barbares’ (Il giuramento dei barbari), si è detto “molto preoccupato” e ha chiesto la “liberazione” dello scrittore. “Sgomento” ha espresso per l’arresto di Sansal anche la sua casa editrice italiana, Neri Pozza.

Dopo l’intensificarsi della pressione mediatica sulla sorte dello scrittore, l’Algeria è uscita oggi duramente allo scoperto attraverso la sua agenzia di stampa, accusando Parigi di essere covo di una lobby “anti-algerina” e “filo-sionista”. L’agenzia Aps conferma, nella sua presa di posizione, l’arresto di Sansal e attacca senza mezzi termini Parigi, la “Francia Macronito-sionista che si adombra per l’arresto di Sansal all’aeroporto di Algeri”. “La comica agitazione di una parte della classe politica e intellettuale francese sul caso di Boualem Sansal – scrive l’agenzia di stato – è un’ulteriore prova dell’esistenza di una corrente d’odio contro l’Algeria. Una lobby che non perde occasione per rimettere in discussione la sovranità algerina”. Si cita poi un elenco di personalità “anti-algerine e, fra l’altro, filo-sioniste” che agirebbe a Parigi, e del quale farebbero parte “Éric Zemmour, Mohamed Sifaoui, Marine Le Pen, Xavier Driencourt, Valérie Pécresse, Jack Lang e Nicolas Dupont-Aignan”.

Ad offendersi, secondo l’Aps, è uno stato che “non ha ancora dichiarato al mondo se ha la necessaria sovranità per poter arrestare Benyamin Netanyahu, qualora si trovasse all’aeroporto Charles de Gaulle!”. L’agenzia passa poi all’attacco diretto di Macron e di Sansal stesso: il presidente che “torna abbronzato da un viaggio in Brasile” scrive Aps, parla di “crimini contro l’umanità” in Algeria ricordando la colonizzazione francese “ma prende le difese di un negazionista, che rimette in discussione l’esistenza, l’indipendenza, la storia, la sovranità e le frontiere dell’Algeria!”, riferendosi a Sansal. Nel suo primo e più celebre libro, Sansal racconta la salita al potere degli integralisti che contribuì a far precipitare l’Algeria in una guerra civile negli anni Novanta. I libri di Sansal, editi in Francia, sono venduti liberamente in Algeria, ma l’autore è molto controverso nel suo Paese, in particolare dopo una sua visita in Israele nel 2014.

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Il porno attore italo egiziano Sharif nel carcere di Giza, rischia 3 anni di carcere

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E’ un appello accorato quello che arriva dall’Egitto dalla madre di Elanain Sharif, quarantaquattrenne nato in quel Paese ma cittadino italiano, fermato al suo arrivo in aeroporto al Cairo. “Sono molto preoccupata perché mio figlio sta male. Aiutatemi, lui ha bisogno di me e io di lui. Non so cosa fare” ha detto la donna con un audio diffuso tramite il legale che l’assiste, l’avvocato Alessandro Russo. E proprio per accertate le condizioni in cui è detenuto, le autorità italiane hanno già chiesto a quelle egiziane di poter effettuare una visita in carcere, alla quale dovrebbe partecipare anche la donna, e sono in attesa di una risposta. Sharif è accusato di produzione e diffusione di materiale pornografico.

Si tratta di reato, secondo la normativa egiziana, punibile con una pena da 6 mesi a tre anni. Il capo di imputazione è stato comunicato dal Procuratore egiziano al legale del 44enne e in base al codice penale egiziano, un qualunque cittadino di quel paese che commette un reato, anche fuori dall’Egitto, può essere perseguito. Un principio giuridico analogo a quello previsto dal nostro ordinamento. L’ex attore porno è stato già ascoltato dal procuratore che ha convalidato il fermo per 14 giorni, disponendo che il caso sia nuovamente riesaminato il 26 novembre. Le Autorità egiziane stanno infatti attendendo il risultato della perizia tecnica sul materiale presente online. Dopo il fermo all’aeroporto, il 9 novembre, l’uomo si trova ora nel carcere di Giza. “E’ stato messo in carcere appena siamo arrivati in aeroporto” ha detto ancora la madre di Sharif dall’Egitto.

“Non posso sapere come sta – ha aggiunto – perché non riesco a parlarci e sono molto preoccupata”. Sono in particolare le sue condizioni di salute a preoccuparla perché, ha spiegato, “mio figlio ha subito tre interventi alla schiena, l’ultimo 30 giorni fa a Londra”. Dal giorno in cui è stato bloccato la madre ha incontrato un paio di volte il figlio. “La prima – ha detto il legale – il giorno dopo a quello in cui era stato preso in consegna dalle autorità, in carcere al Cairo e poi dopo cinque o sei giorni trasferito dove è ora e l’ha visto sempre per un paio di minuti”. Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. Vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aveva ricordato ieri il legale – Le procedure di arresto sono state fatte utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. L’avvocato Russo ha poi spiegato che la madre si trova ancora in Egitto “assieme al fratello, che lavora nella polizia egiziana, e spera di avere notizie di un suo rilascio”. Con la donna, e con gli avvocati italiano ed egiziano e le autorità del Cairo, sono in contatto fin dall’inizio della vicenda sia l’ambasciata italiana sia la Farnesina.

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Brasile: la Corte trova la maggioranza, Robinho resta in carcere

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La Corte suprema ha raggiunto la maggioranza dei giudici per rigettare gli appelli e mantenere in carcere l’ex calciatore Robinho. L’atleta è detenuto in Brasile dal 22 marzo e sta scontando una condanna a nove anni per uno stupro di gruppo commesso in Italia nel 2013. Finora sei giudici hanno votato per respingere la richiesta di scarcerazione di Robinho. Si tratta del relatore del caso Luiz Fux, oltre ai giudici Edson Fachin, Luís Roberto Barroso, Cristiano Zanin, Cármen Lúcia e Alexandre de Moraes. Solo Gilmar Mendes ha votato a favore. Il processo si conclude il 26 novembre.

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