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I miliziani di Kadyrov, stragi e campi di prigionia

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Imponenti, con le barbe folte e lunghe e armati fino ai denti: chiunque abbia avuto a che fare con le truppe speciali cecene e’ stato costretto ad abbassare lo sguardo incrociando gli occhi spietati di questi soldati. I Kadyrovites, i ‘sostenitori di Kadyrov’, sono raggruppati nel reggimento speciale Akhmat, il nome del padre dell’attuale leader ceceno Ramzan che li guido’ dalla fondazione nel lontano 1994 sino alla sua morte dieci anni dopo, assassinato. Il grido di battaglia ‘Akhmat e’ potere’ riecheggia nelle migliaia di video che li ritraggono in azione, tanto che alcuni detrattori li hanno ribattezzati ‘i guerrieri di TikTok’, poiche’ e’ evidente la dose di narcisismo che anima questi combattenti. La grande visibilita’ e’ ricercata assiduamente, d’altronde sono considerati l’arma psicologica di deterrenza piu’ forte a disposizione di Vladimir Putin, che secondo gli analisti li schiera nei teatri di guerra con lo scopo dichiarato di terrorizzare la popolazione. La terribile fama delle forze speciali cecene risale ovviamente alla Seconda guerra cecena, nella quale – dopo aver cambiato fronte – furono i protagonisti nella repressione dell’insurrezione di matrice jihadista. “Davano la caccia ai nemici e alle loro famiglie”, ricordano le cronache dell’epoca. Negli anni piu’ recenti i miliziani sono sbarcati in Siria, a fianco delle forze di Basahr al Assad, commettendo un’infinita serie di violazioni e abusi, crimini di guerra per diverse ong occidentali che hanno avuto la possibilita’ di ricostruire quei drammatici eventi del conflitto siriano. In patria intanto i Kadyrovites hanno fatto tutto il lavoro sporco voluto dal leader: dalla repressione dell’opposizione a colpi di esecuzioni sommarie e torture fino alla creazione di “campi di concentramento” per gli omosessuali, come denunciato nel 2017 da Novaya Gazeta, che rivelo’ l’esistenza di sei prigioni segrete scatenando un putiferio internazionale. Ceceni in prima fila anche in Ucraina: gli 007 occidentali hanno denunciato l’infiltrazione di tre squadre della morte per uccidere il presidente Volodymir Zelensky nelle primissime fasi dell’invasione, tentativi evidentemente falliti. Sempre ai miliziani di Kadyrov sono state imputate le stragi nei villaggi sulla direttrice Kiev avvenute dopo la “liberazione” da parte dei russi, a Bucha soprattutto, teatro del piu’ drammatico massacro della guerra ucraina. Poi e’ arrivata la battaglia alla fabbrica Azovstal di Mariupol, vittoria celebrata e rivendicata a gran voce. In queste ore, il comandante delle Akhmat, Apty Alaudinov, ha confermato il dispiegamento di “oltre 10mila unita’” in Donbass, con Kadyrov che ha minacciato di poter arrivare fino a 70mila combattenti. Ma secondo gli analisti occidentali, per quanto temibili, le forze speciali cecene arriverebbero fino a un massimo di 7mila uomini. Pochi per risollevare le sorti della guerra russa.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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