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I giudici bocciano il modello Albania, il governo ricorre

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“Quelle persone scappavano da Paesi non sicuri, bisogna riportarle in Italia”: i giudici bocciano i centri di permanenza e rimpatrio appena inaugurati dal governo Meloni in Albania e le stanze già semivuote del centro di Gjader tornano ad essere nuovamente deserte. Per i dodici migranti egiziani e bengalesi, entrati solo mercoledì scorso in quella struttura, è tempo di raccogliere di risalire a bordo di una nave militare italiana per la rotta inversa, stavolta diretti a Bari in un centro per richiedenti asilo. La sezione immigrazione del tribunale di Roma non ha convalidato il loro trattenimento nel Cpr ed è quanto basta per scatenare la rabbia dell’Esecutivo a partire dalla presidente del Consiglio che la definisce una decisione “pregiudiziale”.

Il governo intende comunque “andare avanti” annunciando ricorsi fino alla Cassazione. Ma il primo segnale arriva subito, a partire da lunedì prossimo, giorno per il quale la premier ha indetto un consiglio dei ministri “per risolvere questo problema”. Sotto la lente del Cdm finiranno ulteriori misure per rivedere le procedure sulla richiesta di ottenimento della protezione internazionale dei richiedenti asilo, con l’obiettivo di velocizzare i tempi delle risposte da parte dell’Italia. L’ipotesi è di conferire più poteri alla commissione che esamina le singole domande di richiesta di asilo internazionale, valutando anche di rivedere i meccanismi che riguardano il successivo ricorso.

Al momento però resta quanto stabilito dai giudici, per i quali “il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi, equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane, è dovuto all’ impossibilità di riconoscere come ‘Paesi sicuri’ gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia”, si legge nelle dodici ordinanze fotocopia dei magistrati, i quali hanno manifestato un punto di vista giuridico compatto contro il quale però il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi promette “una battaglia”, da fare “all’interno dei meccanismi giudiziari”.

Dopo la presidente Meloni il titolare del Viminale è tra quelli che più di tutti è convinto dei risultati dell’accordo siglato con il premier albanese Edi Rama. “Ciò che l’Italia sta realizzando verrà assimilato nel diritto europeo”, sostiene Piantedosi. Un modello, quello albanese, che però non convince il primo ministro francese Barnier: ‘per ragioni giuridiche-istituzionali non è trasferibile in Francia”. Per il titolare del Viminale il centro della questione nel nostro Paese è un’involuzione “secondo cui il governo non ha il diritto di legiferare per attivare una procedura più veloce. Non ci aspettavamo – ammette – una decisione in maniera così massiva”. Nell’ennesimo scontro frontale con la magistratura interviene anche il vice premier Antonio Tajani: “Il potere giudiziario deve applicare le leggi, non modificarle o impedire all’esecutivo di poter fare il proprio lavoro”, commenta.

A dirsi “molto, molto stupito” è anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa e Fratelli d’Italia allude alle ‘toghe rosse’ attraverso un’immagine pubblicata sui social dal profilo ufficiale del partito della premier in cui si legge: “In aiuto della sinistra parlamentare arriva quella giudiziaria”. L’opposizione segnala “un danno erariale”, con la segretaria dem Elly Schlein che punta il dito contro “l’accordo fuorilegge fatto con l’Albania, un’intesa che viola il diritto internazionale. L’intero meccanismo – dice – non sta in piedi. Si tratta di 800 milioni buttati che potevano essere usati per la sanità”. Gli eurodeputati Pd, M5s e Avs hanno anche presentato un’interrogazione scritta, promossa dalla parlamentare europea Cecilia Strada, per chiedere se sarà avviata una procedura di infrazione, suscitando inevitabilmente l’indignazione di Meloni: “stanno di fatto sollecitando l’Europa a sanzionare la propria nazione e i propri cittadini, con il solo obiettivo – dice la premier – di colpire politicamente questo governo”.

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Politica

Salvini al processo Open Arms, i deputati in piazza a Palermo: difendere i confini non è un reato

Mentre i giudici si preparano a emettere la sentenza, deputati e ministri leghisti si sono radunati a Piazza Politeama in difesa di Salvini. Il clima attorno al processo si è fatto teso, tanto che alcuni magistrati coinvolti nel caso, come la sostituta procuratrice Giorgia Righi, sono stati posti sotto scorta dopo aver ricevuto minacce.

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Il prossimo 20 dicembre sarà un giorno cruciale per il vice premier Matteo Salvini (nella foto Imagoeconomica in evidenza), accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver bloccato lo sbarco di 147 migranti dalla nave Open Arms nell’agosto 2019. I giudici di Palermo entreranno in camera di consiglio per emettere la sentenza, che potrebbe condurre Salvini a una condanna fino a sei anni di carcere.

Salvini ha ribadito, attraverso un post su X (ex Twitter), la sua convinzione che il suo operato sia stato a difesa del Paese: “Il 20 dicembre scoprirò se sono colpevole per aver bloccato gli sbarchi o se ho semplicemente fatto il mio lavoro”. Ha inoltre criticato i giudici, accusandoli di perseguire una politica “pro-migranti e pro-ONG”, invitandoli a candidarsi alle elezioni se in disaccordo con le leggi dello Stato.

Il contesto del processo

Salvini è accusato di aver impedito lo sbarco dei migranti soccorsi dalla ONG spagnola Open Arms, tenendo la nave bloccata a mezzo miglio da Lampedusa per diversi giorni. La difesa, guidata dall’avvocato Giulia Bongiorno, ha chiesto l’assoluzione, sostenendo che l’obiettivo della ONG fosse politico: far decadere Salvini dal ruolo di ministro dell’Interno. La Bongiorno ha inoltre affermato che la linea adottata da Salvini era condivisa anche dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che in quel periodo si stava occupando della redistribuzione dei migranti.

Proteste politiche e tensioni

Mentre i giudici si preparano a emettere la sentenza, deputati e ministri leghisti si sono radunati a Piazza Politeama in difesa di Salvini. Il clima attorno al processo si è fatto teso, tanto che alcuni magistrati coinvolti nel caso, come la sostituta procuratrice Giorgia Righi, sono stati posti sotto scorta dopo aver ricevuto minacce. L’ANM (Associazione Nazionale Magistrati) ha espresso preoccupazione, accusando Salvini di alimentare sfiducia nelle istituzioni giudiziarie.

SIT-IN DEI PARLAMENTARI DELLA LEGA E SOSTENITORI DI MATTEO SALVINI A PALERMO DURANTE IL PROCESSO OPEN ARMS (FOTO IMAGOECONOMICA)

Reazioni politiche

La segretaria del PD, Elly Schlein, ha criticato aspramente le manifestazioni a sostegno di Salvini, definendo “vergognoso” il comportamento dei ministri che scendono in piazza contro la magistratura. Anche il leader del M5S, Giuseppe Conte, ha paragonato queste scene a quelle vissute durante il periodo di Silvio Berlusconi.

Il 20 dicembre, dunque, rappresenta un momento chiave per Salvini, che ha concluso ribadendo la sua convinzione: “Difendere i confini non è mai un reato”.

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Governatori d’opposizione, ‘manovra debole e falsa’

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Una manovra “che vale al massimo l’inflazione”, che si salva nella parte che riguarda il cuneo fiscale ma che bluffa sulla sanità, e che ancora non ha rivelato davvero quanto peserà in termini di tagli sui Comuni, cioè su gran parte dei servizi di ‘ultimo metro’ per i cittadini. Ieri l’argomento non era formalmente in Conferenza delle Regioni, ma i governatori hanno iniziato, ognun per sè, a dire la loro. I più allarmati sono quelli d’opposizione. La presidente della Sardegna Alessandra Todde (nella foto in evidenza), pentastellata, parla di una finanziaria “debole, incentrata su tagli e austerità, arrogante con i più fragili e troppo timida sugli extraprofitti” mentre il presidente della Toscana Eugenio Giani (Pd), che già aveva parlato di “basso profilo”, torna a ribadire che, secondo lui, questo finanziamento record alla sanità in realtà non ci sarebbe. La manovra anzi “non copre nemmeno l’aumento della spesa farmaceutica.

Si parla di 2,4 miliardi in più, ma uno era già previsto”. Dalla Campania Vincenzo De Luca riconosce al governo di Giorgia Meloni lo “sforzo importante” sull’abbattimento del cuneo fiscale, ma boccia come “una finzione” i 3,5 miliardi in arrivo dalle banche: “In realtà è solo un prestito che serve a far quadrare i conti quest’anno, ma nessun contributo a fondo perduto”. E’ solamente, invece, “un’anticipazione di tasse che dovrebbero pagare e che andranno restituite”: un “gioco delle tre carte”, secondo il governatore dem, che si basa su “una comunicazione purtroppo falsa”. Non c’è chiarezza, sottolinea, nemmeno sui numeri: “L’unico dato concreto è quello del 2025, e si parla di non più di 800 milioni – dice De Luca – ma c’è chi calcola siano 650”.

Cifre comunque insufficienti: “Con queste risorse non riusciamo ad assumere nemmeno un quarto del personale medico necessario a reggere le strutture pubbliche e nessuna iniziativa concreta per i pronti soccorso”. Dal Pd si dicono pronti a tenere duro col governo proprio sul fronte degli enti locali: si profilano “tagli enormi ai Comuni – prevede la segretaria Elly Schlein – e su questo insieme ai nostri amministratori locali dovremo insistere molto perché non passino sotto traccia: si parla di 800 milioni tagliati nel 2025 e 1 miliardo tagliato nel 2026. Questo vuol dire meno servizi ai cittadini, vuol dire abbandonare i Comuni, e non lo possiamo tollerare”. Zero sul diritto allo studio, dice la leader dem, zero sul trasporto pubblico, zero sulla casa mentre tante famiglie rischiano lo sfratto. I problemi cioè delle città, anche quelle più grandi e solide come Milano, dove il sindaco Beppe Sala allarga le braccia: suoi uffici non sono ancora riusciti a capire se e quanti tagli cadranno sulla sua testa.

“Io continuo a dire che i Comuni hanno sempre subito tagli – dice – vediamo se c’è proporzionalità coi tagli ai ministeri, alle altre istituzioni, alle Regioni. Altrimenti si taglia sempre sui Comuni”. Anche a Roma non si dorme mai sereni quando si parla di trasferimenti: mesi fa il sindaco Roberto Gualtieri quantificò tra i 500 milioni e il miliardo di euro le risorse che mancano alla Capitale, con uno squilibrio sul Fondo di solidarietà comunale per cui mancano all’appello 130 milioni, e poi lo storico gap sul Fondo nazionale trasporti la cui quota, secondo il Campidoglio, dovrebbe crescere tra i 120 e i 180 milioni. Difficile, il messaggio che arriva dalle metropoli, sostenere altri tagli in manovra senza penalizzare gravemente i servizi.

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G7 della Difesa, Napoli blindata e tensione per corteo

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Napoli blindata già da oggi per il G7 della Difesa, che si terrà a Palazzo Reale – nel cuore della città – fino a domenica mattina: saranno circa 3.000 gli uomini delle forze dell’ordine impegnati nei servizi di vigilanza e controllo, mentre tutta la zona a ridosso dei luoghi del vertice è off limits sia alle auto che ai pedoni. Preoccupa un corteo – che si annuncia affollato, tempo permettendo – di diverse sigle e associazioni del mondo antagonista che è stato autorizzato da piazza Garibaldi, cioè la Stazione centrale, fino a Piazza Bovio, a distanza di sicurezza dal summit. Ma i manifestanti hanno già avvertito: “non ci fermeremo”.

Dopo l’arrivo oggi delle delegazioni e una cena di gala a palazzo della Marina, la runione entrerà nel vivo domani con due sessioni, mattina e pomeriggio, nelle quali verranno affrontati i dossier più caldi. Due su tutti: la guerra in Ucraina – a Napoli potrebbe arrivare il ministro ucraino della difesa Rustem Umerov – e la situazione in Medio Oriente, con il mutato scenario dopo l’uccisione del capo di Hamas Yahya Sinwar e le tensioni intorno alla missione Unifil in Libano. Si parlerà anche degli equilibri nel continente africano e nell’Indopacifico e di politica industriale.

Intorno al tavolo, con il padrone di casa Guido Crosetto, i ministri della Difesa dei Paesi del G7, il segretario generale della Nato Mark Rutte e l’Alto rappresentante dell’Unione Europa per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. In serata le delegazioni si sposteranno a Palazzo Salerno, sempre in piazza del Plebiscito, sede del Comando Forze Operative Sud dell’Esercito. Domenica mattina la giornata conclusiva del vertice prevede un incontro trilaterale dei ministri di Italia, Regno Unito e Giappone: una riunione durante la quale si dovrebbe parlare del Global combat air programme (Gcap) che prevede la realizzazione di un caccia di sesta generazione.

A preoccupare gli apparati di sicurezza è soprattutto il pomeriggio di sabato quando, in contemporanea con le conferenze stampa di Crosetto e degli altri ministri, è prevista una contromanifestazione alla quale parteciperanno diverse sigle della galassia antagonista. I manifestani partiranno alle 15 dalla Stazione centrale e, in corteo, raggiungeranno piazza Bovio: fin qui la parte autorizzata della manifestazione, ma i contestatori hanno detto chiaramente che intendono raggiungere “a tutti i costi” piazza Plebiscito, sede del vertice. Proprio a Piazza Bovio, dunque, sarà schierato un ingente schieramento di forze dell’ordine, il cui obiettivo sarà quello di cercare di contenere i manifestanti ed evitare che raggiungano il centro della città.

Da parte delle autorità ad ogni livello, ci sono appelli alla calma e a non forzare la mano, ma la situazione si annuncia tesa. Per il resto, il piano di sicurezza messo a punto dalla Prefettura prevede la massima vigilanza sia nella ‘cosiddetta zona rossa’, che è quella di piazza Plebiscito, sia in tutte le aree dove saranno presenti le delegazioni (i leader arriveranno all’aeroporto di Capodichino e saranno alloggiati in un albergo del lungomare), sia lungo le strade che saranno percorse dalle auto con i ministri. Piazza Plebiscito e l’adiacente piazza Trieste e Trento sono state chiuse con delle transenne: non poche le difficoltà per i tanti turisti che, come ogni giorno, affollano queste zone centrali e nevralgiche della città e sono costretti a passare per stretti varchi. Diverse le strade chiuse al traffico, mentre alcune limitazioni sono state disposte per bus e metro.

In occasione del G7 della Difesa che si è tenuto presso il Palazzo Reale di Napoli, alcuni caccia militari hanno sorvolato la città per diverse ore, spesso anche a bassa quota. I voli non sono passati inosservati, poiché il forte rumore dei motori ha suscitato preoccupazione tra molti cittadini, i quali non avendo collegato la presenza dei caccia con l’importante evento internazionale, hanno contattato i numeri di emergenza per segnalare l’anomalia.

Questo tipo di sorvolo è stato parte delle misure di sicurezza rafforzata predisposte per il vertice, ma ha generato allarme tra la popolazione che non era stata adeguatamente informata del passaggio aereo e del contesto del G7 Difesa.

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