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I giorni della mancata istituzione della zona rossa a Bergamo, i balletti tra Regione e Governo mentre la gente moriva

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E’ dalla fine di febbraio che il tema dell’istituzione della zona rossa in Val Seriana, la zona del bergamasco che comprende i Comuni piu’ colpiti dall’epidemia di coronavirus, Alzano Lombardo e Nembro, e’ alla ribalta. Ad Alzano i primi casi vengono diagnosticati il 23 febbraio, quando per alcune ore viene chiuso l’ospedale e poi riaperto, e nei giorni i contagi crescono. Il 27 febbraio, infatti, l’assessore al Welfare della Lombardia Giulio Gallera dice che si stava “guardando con attenzione alla zona di Alzano Lombardo” anche se “al momento – assicura – non c’e’ nessuna ipotesi di introdurre nuove zone rosse”. Dopo giorni di contagi in aumento l’ipotesi si fa concreta il 3 marzo. “Abbiamo chiesto all’Istituto Superiore di Sanita’ di fare valutazioni e suggerire a noi e al governo le migliori strategie”, rivela l’assessore in conferenza stampa. E proprio il 3 marzo il Comitato tecnico scientifico dice che sarebbe stata necessaria la chiusura della zona. Da qui la richiesta di approfondimenti da parte del premier Conte per sapere se sarebbe bastata o se andasse chiusa tutta la Lombardia. Due giorni dopo, il 5 marzo, Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore della Sanita’ risponde che la zona rossa ad Alzano e Nembro va fatta. A testimoniare che si sta piu’ che pensando di delimitare l’area ci sono le segnalazioni degli abitanti della zona sull’arrivo dell’esercito e delle forze dell’ordine.

Il 5 marzo e’ Gallera ad annunciare che dopo la richiesta degli “esperti dell’istituto Superiore di Sanita’” la Regione ha dato “l’assenso ma ora il governo deve fare le sue valutazioni”. Ed e’ sempre lui a sbottare il giorno dopo “l’Iss aveva formulato una richiesta precisa al Governo. Se questa risposta fosse arrivata tre giorni fa avrebbe evitato di lasciare nell’incertezza i cittadini”. L’incertezza finisce l’8 marzo quando un decreto della Presidenza del Consiglio, che entra in vigore il 9, decide la chiusura di tutta la Lombardia e di 14 province. Da li’ scoppia la polemica sulla mancata istituzione della zona rossanella media Val Seriana. Il 2 aprile il governatore Attilio Fontana, in risposta alla lettera di alcuni sindaci, fra cui quello di Bergamo Giorgio Gori, sulla gestione dell’emergenza spiega che “una volta accertato che anche le zone di Alzano Lombardo e Nembro”, nel Bergamasco, “si configuravano come cluster, abbiamo chiesto invano al Governo”. “Mi e’ stato chiesto se il governatore della Lombardia poteva assumere ordinanze piu’ restrittive e abbiamo risposto che non abbiamo impedito di farlo – puntualizza il 6 aprile il premier Giuseppe Conte -, lo hanno fatto altri governatori. l’istituzione di nuove Zone Rosse comprendenti quei Comuni”. Adesso la questione e’ sul tavolo dei pm di Bergamo che su questo hanno gia’ ascoltato Fontana e Gallera e domani sentiranno il presidente del Consiglio.

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A Pompei via al numero chiuso, guerra ai bagarini

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“Pompei non può essere associata al turismo di massa, ma deve avere come obiettivo quello della qualità”. Gabriel Zuchtriegel stringe tra le mani il suo biglietto nominativo, quello che da oggi è obbligatorio per entrare negli scavi che dirige dal febbraio 2021. È una delle novità introdotte all’interno del parco archeologico. La più importante riguarda il numero chiuso per gli ingressi giornalieri, che non potranno mai superare quota 20mila. Nel periodo di maggiore afflusso (dal primo aprile al 31 ottobre), poi, saranno anche previste specifiche limitazioni a seconda delle fasce orarie: dalle 9 alle 12 massimo 15mila ingressi; altri 5mila da mezzogiorno alle 17.30. L’acquisto dei ticket è consentito sul posto e online. “Alla base – spiega ancora Zuchtriegel – ci sono soprattutto motivi di sicurezza, sia dei visitatori, sia di tutela del patrimonio. Partiamo in questo periodo di bassa stagione per sperimentare tale misura, i cui numeri saranno poi esaminati con calma in vista delle giornate di maggiore afflusso”.

Obiettivo è anche combattere il fenomeno del bagarinaggio, che portava i turisti ad acquistare biglietti rivenduti a prezzi maggiorati e con l’aggiunta di “servizi” già compresi nel costo abituale del ticket. Altro proposito è puntare a distribuire i visitatori anche sugli altri siti del parco (Boscoreale, Torre Annunziata, Villa dei Misteri, Civita Giuliana e Stabia). Gli scavi di Pompei introducono le novità del numero chiuso e del biglietto nominativo dopo un’estate da record, che ha fatto registrare flussi mai visti in passato, con oltre quattro milioni di visitatori e punte di oltre 36.000 presenze in occasione di una delle prime domeniche del mese (quelle a ingresso gratuito). Questa mattina Zuchtriegel ha deciso di seguire personalmente l’avvio del cambiamento insieme con Prefettura, vigili del fuoco e consulenti dei lavoratori insieme ai quali è stata ravvisata la necessità di prevedere una gestione in piena sicurezza del sito Unesco.

“Abbiamo avuto in autunno, estate e primavera – sottolinea ancora il direttore – giornate in cui il limite dei 20.000 ingressi è stato superato: ci siamo resi conto di dover garantire a tutti i visitatori una esperienza di qualità. Pompei non deve essere un sito per il turismo di massa. Abbiamo un territorio meraviglioso e ci impegneremo a canalizzare maggiormente i flussi, ma anche gli investimenti, la ricerca e la valorizzazione di questi luoghi. Questo non è una misura contro la crescita. Anzi, noi puntiamo sulla crescita”. Nessuna gara sui numeri, come avviene in particolare in occasione delle domeniche ad ingresso gratuito: “La nostra priorità è la sicurezza – conclude Zuchtriegel -. E in caso di emergenza, abbiamo pensato di assicurare uscite controllate ai visitatori. Attenzione, siamo orgogliosi dei dati che abbiamo raggiunto in questi anni: spesso eravamo al primo posto nelle giornate di ingressi gratuiti. Questa classifica è carina, ma logica ci impone di scegliere la conservazione del nostro patrimonio: non vorremmo mai che qualche classifica finisca per danneggiarlo”.

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Casi di Covid in calo, 8.660 in 7 giorni e cresce la variante Xec

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Calano i contagi da Covid-19 in Italia. Nella settimana dal 17 al 23 ottobre si registrano 8.660 nuovi casi rispetto ai 11.433 della rilevazione precedente mentre i decessi sono 116 a fronte di 117. Il maggior numero di nuovi casi è stato registrato in Lombardia (2.693), Veneto (1.206), Piemonte (998) e Lazio (928). Mentre continua la corsa della variante Xec. E’ quanto emerge dal bollettino aggiornato e dal monitoraggio settimanale a cura del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità. Nell’ultima settimana sono stati effettuati 89.792 tamponi, in calo rispetto ai 94.880 della precedente rilevazione, e scende anche il tasso di positività, da 12% a 9,6%.

L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero ospedaliero, al 15 ottobre è pari a 0,84 rispetto a 1,06 del 9 ottobre. È in lieve diminuzione, in quasi tutte le regioni, l’incidenza settimanale: la più elevata è stata in Lombardia (27 casi per 100mila abitanti) e la più bassa in Sicilia (con 0,2 casi per 100mila abitanti). Al 23 ottobre, si legge, “l’occupazione dei posti letto in area medica è pari a 3,7%, stabile rispetto alla settimana precedente (3,8% al 16 ottobre). In lieve diminuzione l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 0,9% (76 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (1,0% al 16 ottobre)”. In base ai dati di sequenziamento nell’ultimo mese si osserva la co-circolazione di differenti sotto-varianti di JN.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di KP.3.1.1. In crescita, inoltre, la proporzione di sequenziamenti attribuibili a Xec (17% nel mese di settembre contro il 5% del mese di agosto).

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Salgono del 30% i casi di Covid, in 7 giorni 11.164

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Dopo il calo delle ultime settimane, tornano a salire i contagi da Covid-19 in Italia. Dal 19 al 25 settembre sono stati 11.164 i nuovi positivi, rispetto agli 8.490 della settimana precedente, pari a un aumento di circa il 30%. La regione con più casi è la Lombardia (3.102), seguita dal Veneto (1.683) e Lazio (1.302). E a crescere sono anche i decessi settimanali, passati da 93 a 112. Stabile l’impatto sugli ospedali mentre cresce la variante Xec.

Questi i dati dell’ultimo bollettino settimanale pubblicato dal ministero della Salute e del monitoraggio a cura dell’Istituto superiore di Sanità. Ad aumentare sono stati anche i tamponi, passati dai 81.586 del 12-18 settembre a 85.030, mentre il tasso di positività è passato dal 10% al 13%. Stabile invece il numero di posti letto occupati da pazienti Covid nei reparti di area medica (pari a 3% con 1.885 ricoverati), così come quelli occupati in terapia intensiva (0,7% con 62 ricoverati). I tassi di ospedalizzazione e mortalità restano più elevati nelle fasce di età più alte.

L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero, è pari a 0,9, in lieve aumento rispetto alla settimana precedente. Mentre l’incidenza è di 19 casi per 100mila abitanti, anche questa in aumento rispetto alla settimana precedente (14 casi per 100mila abitanti). L’incidenza più elevata è in Veneto (35 casi per 100mila abitanti) e la più bassa nelle Marche (1 per 100mila). In base ai dati di sequenziamento genetico, nell’ultimo mese circolano insieme differenti sotto-varianti di Jn.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di Kp.3.1.1 (68%). In crescita, e pari a circa il 5%, i sequenziamenti del lignaggio ricombinante Xec, appartenente alla famiglia Omicron.

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