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Grillo al bivio, per ora sceglie il silenzio per evitare la rottura

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La testa e il cuore, l’orgoglio di un fondatore a cui sono state dettate delle condizioni e la necessita’ di salvare un Movimento sull’orlo del baratro: sono ore delicate, decisive per Beppe Grillo. Il “padre” dei Cinque Stelle e’ a un bivio probabilmente senza ritorno: replicare per le rime a Giuseppe Conte decretando la definitiva scissione del M5S o cedere, magari non nella forma ma nella sostanza, per permettere alla sua creatura di risalire la china con il volto dell’ avvocato del Popolo. In ogni caso, spiegano diverse fonti pentastellate, gli strascichi resteranno. Il rischio di nuovi fuoriusciti pure. Per l’ex comico, potrebbe essere comunque un “loose-loose”. Ad un certo punto, un’oretta dopo la fine della conferenza stampa dell’ex premier nell’inner circle di Grillocircola una voce che e’ quasi una certezza: il Garante rispondera’ in serata e saranno tuoni e fulmini. Quel “prendere o lasciare” messo sul tavolo da Conte sul nuovo Statuto da lui stesso forgiato, a Grillo non e’ piaciuto e non piacera’. Conte ha studiato ogni mossa della sua conferenza stampa, a cominciare dall’assenza di parlamentari e di Rocco Casalino, motivata con la necessita’ di riservare i posti nel Tempio di Adriano ai giornalisti. L’ex premier ha spiegato, di fatto, che e’ stato Grillo a chiamarlo per “salvare” un M5S “dilaniato”, ha rassicurato l’ex comico sul ruolo del Garante e solo su quello.

Ha precisato che lo scudo legale, punto piuttosto “caro” a Grillo, non ci sara’. Ha fatto appello alla comunita’ del Movimento, quasi dividendola dalle volonta’ del co-fondatore. E quando Conte ha invitato Grillo a scegliere tra l’essere un “padre generoso” o un “padre padrone” le sue parole sono arrivate come un gelido sibilo a Marina Di Bibbona. E’ a quel punto che sono entrati in campo due mediatori d’eccezione: Luigi Di Maio e Roberto Fico. Entrambi intervengono in serata, diffondono ottimismo. E il ministro degli Esteri, tornato attivo come non lo si vedeva da mesi, invita tutti a remare nella stessa direzione. Tra i big sono loro, innanzitutto, a volere che nel Movimento coesistano Grillo e Conte. Mentre tra i gruppi ormai, regna il disorientamento. I “contiani”, in numero folto soprattutto a Palazzo Madama, non disdegnerebbero certo di andare con Conte in un partito ex novo. “E chissa’ che senza Grillo non avremmo anche piu’ voti…”, spiega una fonte che ha dimestichezza con l’ex premier. Ma lo strappo genererebbe un’automatica scissione. Le conseguenze, sulla presenza del Movimento in maggioranza, perfino sul numero dei membri di governo sarebbero disastrose. Di fronte a tutto questo Grillo sceglie, per ora, di mordersi la lingua. Una sua risposta, si apprende in tarda serata da fonti di primo piano del M5S, arrivera’ solo domani. E’ possibile, a questo punto, che l’ex comico ammorbidira’ le sue parole in una sorta di remake di quanto avvenne nel dicembre 2016: sulla scia del caso Marra Grillo era pronto a sfiduciare Virginia Raggi. Decise di non intervenire subito e, dopo alcune ore, partori’ un post che andava nella direzione opposta. Non e’ da escludere totalmente che lo Statuto subisca delle modifiche, che passerebbero comunque sottotraccia anche perche’ chi ha visto lo Statuto, finora, si conta sulle dita di una mano. Spettera’ a Grillo, nelle prossime ore, dare il la’ alla votazione dello Statuto stesso – con uno scontato plebiscito per l’ex premier – o impedire che gli iscritti si esprimano. In quest’ultimo caso si tornerebbe al direttorio votato in febbraio su Rousseau. L’alleanza Pd-M5S deflagrerebbe in poche settimane e potrebbe essere sostituita da un sodalizio tra i Dem e una – al momento solo ipotetica – lista Conte. Anche il futuro del campo largo anti-destra citato da Conte, infatti, dipende quasi completamente dalla volonta’ di Grillo.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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