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Governo ricorre contro Abruzzo. Svizzera, stop a treni

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Nuove proposte per circolare liberamente tra Comuni all’interno delle province nei giorni delle feste, proteste dei sindaci delle citta’ arancioni in Puglia, riapertura delle scuole nel Basso Molise.E poi l’anticipazione dello shopping natalizio in Abruzzo nonostante le disposizioni del governo che ora portera’ la Regione ribelle davanti al giudice. Contro la stretta anti-Covid di dicembre proseguono iniziative e malumori dai territori. E la Svizzera da giovedi’ interrompe i collegamenti ferroviari con l’Italia a causa delle nuove misure del Dpcm e per il drastico calo dei passeggeri. L’annuncio ha mobilitato la ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, che nelle prossime ore sentira’ la sua omologa elvetica “per una soluzione condivisa affinche’ siano garantiti almeno i servizi minimi essenziali tra i due Paesi”. Non solo trasporti e commercio. A chiedere “una correzione alle ultime disposizioni sul Natale” ora e’ anche l’Unione delle Province, che suggerisce di “concedere gli spostamenti tra Comuni nella stessa provincia nelle giornate delle festivita’”. Un’esortazione che al momento non viene accolta, ma senza essere del tutto esclusa nel caso di un drastico calo dei contagi. Non si tratterebbe in quel caso di rinnegare il Dpcm, ma di una modifica legata ad eventuali emendamenti al Decreto legge dello scorso 2 dicembre, che passerebbe comunque sotto il voto del Parlamento. “Sarebbe una soluzione di buon senso, una mediazione tra sicurezza e umanita’ – spiega il presidente dell’Upi, Michele De Pascale – mi rendo conto che i drammi sono ben altri, ma questo mi sembra un buon compromesso: ci sono Comuni con poche migliaia di abitanti tra i quali pero’ non finisce il confine delle relazioni umane delle persone”. Secondo giorno arancione per l’Abruzzo ma ancora senza il consenso del Governo, che aveva chiesto al governatore Marsilio di non aggiornare il proprio colore (e quindi le relative misure) prima di mercoledi’ 9 dicembre. La riapertura di tutti i negozi, dopo la fine della zona rossa, ha riportato la gente in strada nelle citta’ della regione in occasione dell’Immacolata. Di fronte all’ostinazione del governatore Marsilio il governo ha scelto la linea dura: “Noi chiediamo alle regioni di rispettare in maniera molto ferma le ordinanze che sto firmando a nome del Governo, il caso dell’Abruzzo e’ molto chiaro, abbiamo chiesto al presidente di ritirare quell’ordinanza ed e’ chiaro che la porteremo di fronte al giudice”, ha detto, in serata, il ministro della Salute, Roberto Speranza. In Puglia invece i sindaci di Barletta, Andria, Bisceglie e Spinazzola contestano l’ordinanza regionale che inserisce i loro Comuni e altri 16 in zona arancione secondo l’ordinanza del governatore, Michele Emiliano. Tra questi 14 sono in provincia di Foggia, dove i ristoratori hanno chiesto di poter restare aperti al pubblico fino al 7 di gennaio, chiudendo alle 22 e 30 e con gente seduta ai tavoli, distanziata di due metri, per permettere a chiunque abbia un’attivita’ di ristorazione di poter lavorare e fare un minimo di introito. Va in senso opposto il sindaco di Bari e presidente dell’Associazione Nazionale Comuni, Antonio Decaro: “nelle prossime ore dovro’ prendere delle decisioni difficili, insieme al Comitato provinciale per la sicurezza e l’ordine pubblico in prefettura, e non escludo possibili restrizioni per il 24 e il 31 dicembre” – annuncia – ipotizzando la chiusura di strade in quei giorni contro gli assembramenti. Riaprono, su decisione dei sindaci, le scuole elementari in diversi Comuni del Basso Molise, in linea con l’ordinanza emanata dal governatore Toma, che ha introdotto nuove misure per una zona gialla “rafforzata”. Nelle Marche la Regione chiama a raccolta i sindaci dei comprensori sciistici – chiusi fino al 7 gennaio secondo l’ultimo Dpcm – “per trovare una volonta’ condivisa e cercare possibili soluzioni nel rilanciare il sistema economico dei Comuni montani gia’ gravemente messi alla prova dopo il sisma”. Tra le proposte, la creazione di un “brand unico per mettere in rete i comprensori” e l’attivazione per tutti della possibilita’ di “acquisto di abbonamenti stagionali e skipass direttamente online”. Niente settimana bianca a Natale e citta’ blindate, ma il braccio di ferro in vista del 25 dicembre prosegue. E il presidente della Liguria, Giovanni Toti, rincara: “in Italia la signora Maria non potra’ vedere la sorella che vive nel comune accanto al suo a Natale e il Governo schiera 70 mila agenti per bloccare gli spostamenti”.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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