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Politica

Governo apre il 2023 con le sfide delle grandi riforme

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Chiusa la maratona per la manovra, il governo Meloni guarda avanti e si mette al lavoro sulle sfide del 2023. Tra le più ‘rivoluzionarie’ spiccano la virata verso il presidenzialismo (o comunque un sistema semipresidenziale, sul modello francese) e verso l’autonomia differenziata, vecchio sogno nel cassetto della Lega e del fronte ‘nordista’. A spingerle di più sono i rispettivi ‘testimonial’: da un lato Elisabetta Casellati, ministra delle Riforme costituzionali e Roberto Calderoli, responsabile per Affari regionali e autonomie. Entrambi difendono le proprie “scommesse”, entrambe con tempi lunghi (secondo i doppi step delle riforme costituzionali) ma “con strade completamente diverse”.

Ci tiene a dirlo Calderoli, negando il sospetto che ci sia una doppia velocità da parte del governo in chiave anti autonomia. Il rischio, sottotraccia, è che di fatto si sacrifichi una riforma per l’altra e che ad avere la peggio sia proprio la bandiera da sempre sventolata dai governatori leghisti e di recente spinta dalla fronda nordista guidata da Umberto Bossi. Difficile, per ora, dire su quale delle due riforme il governo intende puntare. Di certo, nel botta e risposta con la stampa di fine anno, la premier aveva tracciato la sua roadmap delle ‘grandi riforme da fare’ citando – nell’ordine – “fisco, burocrazia, giustizia, presidenzialismo”.

A farle eco, sul piano della giustizia, è ora il vicepremier Matteo Salvini, convinto che “il 2023 sarà anche l’anno della sacrosanta riforma della giustizia – twitta il leghista – Basta con sprechi, abusi e commistione fra magistratura, giornalismo e politica”. Cruciale pure la riforma fiscale orientata al taglio del costo del lavoro, quoziente familiare per una tassazione che tenga conto del numero dei figli a carico e nessun aumento delle tasse sulla casa. L’auspicio è che la delega approdi a febbraio al Consiglio dei ministri. In più ci sarebbe il nuovo pacchetto sicurezza, che non è riuscito a passare nel cosiddetto decreto ong sui flussi migratori, firmato oggi dal presidente Mattarella.

Norme sollecitate soprattutto dalla Lega e che andrebbero a colpire di più babygang, violenza di genere, terrorismo. Novità che chissà se apriranno crepe fra gli alleati di governo, con posizioni e sfumature leggermente diverse fra loro. Una stretta comunque in linea con l’allarme sicurezza lanciato dopo l’accoltellamento di una turista israeliana alla stazione Termini il 31 dicembre (su cui per ora i pm escludono la pista terrorismo) e al blitz contro la facciata del Senato, imbrattata oggi dagli ambientalisti di ‘Ultima generazione’ per cui si sta valutando un ingresso blindato a Palazzo Madama e agenti in borghese nei dintorni.

Sul tavolo restano le due riforme costituzionali destinate, più di altre, a cambiare l’assetto del Paese. Le stesse che il Pd boccia categoricamente accusando la maggioranza di “improvvisazione, sciatteria e lacerazioni interne”. Quindi, senza nascondere la “preoccupazione”, il partito in cerca di un nuovo segretario promette un’opposizione “netta e rigorosissima”.

Critiche che non scalfiscono l’impegno di Casellati per il presidenzialismo. Obiettivo per decenni liquidato come una ‘missione impossibile”, che oggi l’ex presidente del Senato conferma assicurando che entro gennaio chiuderà le ‘consultazioni’ con tutti i partiti e prima dell’estate ci sarà la proposta del governo. In apparente antitesi prosegue la corsa per l’autonomia.

Il ministro leghista, che ha presentato alla premier una proposta ad hoc, sembra blindarla velatamente, perché “rincorrere l’una riforma per l’altra veramente mi sembra sconclusionato e privo di senso”, dice con tono piccato. E sui tempi azzarda: “La mia speranza è che la legge possa uscire dal Consiglio dei ministri con approvazione preliminare e quindi venga mandata in Conferenza unificata e che per gennaio possa essere approvata come proposta di legge che dovrà poi essere discussa dal Parlamento”.

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Politica

La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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Trasporti, De Luca: investito un miliardo per rinnovo parco bus

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Millequattrocento autobus nuovi sui 1.800 programmati, per un investimento di quasi un miliardo di euro, sono già in esercizio sulle tratte coperte da Air Campania. Il dato lo fornisce il presidente della Regione, Vincenzo De Luca, che oggi ha inaugurato ad Avellino la nuova sede dell’azienda interamente partecipata dalla Regione, con la consegna di cinque bus elettrici. “Un impegno enorme – ha sottolineato De Luca-: stiamo sostituendo l’intero parco dei mezzi pubblici, non soltanto per il trasporto su gomma, ma anche per quello ferroviario”. Su questo specifico settore, De Luca ha rimarcato lo “sforzo gigantesco” della regione: “Ora – ha aggiunto – attendiamo l’omologazione per la linea Circumvesuviana che collega Napoli a Sorrento per mettere in esercizio il nuovo treno che ci è stato appena consegnato. Su un altro fronte, abbiamo indetto un altro concorso e presto assumeremo 150 giovani”.

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