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Giustiziati i 900 civili morti nei sobborghi di Kiev

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Tutti giustiziati, anche chi portava una fascia bianca al braccio per far chiaramente capire di non essere un soldato e chi, per proteggere la propria famiglia, aveva appeso stracci bianchi davanti alle case. L’ultima atrocita’ della guerra di Putin arriva dai sobborghi di Kiev: i 900 civili trovati senza vita nelle fosse comuni o abbandonati per le strade e nelle campagne sono stati freddati uno ad uno dai soldati russi. La maggior parte a Bucha, uccisi a bruciapelo in 350, prima di essere gettati nella fossa comune le cui immagini hanno riportato drammaticamente indietro l’orologio della storia. Neppure i bambini sono riusciti a sfuggire, tanto che ormai il bilancio complessivo di piccoli uccisi dall’inizio dell’invasione russa e’ salito a 200 in tutta l’Ucraina. Un bollettino di morte e dolore destinato purtroppo ad aumentare con la stessa terribile rapidita’ con la quale a Kherson, nel sud dell’Ucraina, sono aumentate le tombe: 824 in piu’ dal 28 febbraio al 15 aprile, secondo quanto raccontano le immagini satellitari sul cimitero cittadino. A parlare del destino dei 900 civili uccisi nella regine di Kiev e’ stato Andriy Nebytov, il capo della polizia della capitale ucraina. “La presenza di ferite d’arma da fuoco indica che molti sono stati semplicemente giustiziati per le strade”. Quel “molti” e’ quantificato dalla polizia nel 95% delle persone. Uccisi perche’ “esprimevano forti opinioni pro-Ucraina”, ma anche senza una ragione. Com’e’ accaduto nel villaggio di Shevchenko, dove ad essere freddati sono stati “normali abitanti del posto”, secondo Nebytov. Gli esami effettuati sui copri hanno poi mostrato ulteriori atrocita’: “Molti sono stati anche torturati”, nonostante fossero convinti di essere al sicuro, in virtu’ di una fascia bianca. A spiegarne la ragione e’ sempre il capo della polizia. “Durante l’occupazione – ha raccontato – i soldati russi obbligavano i cittadini a indossare le fasce bianche al braccio, per indicare che erano gia’ stati controllati. Quindi, per salvarsi, i nostri cittadini si sono messi queste fasce, per proteggersi dai colpi di arma da fuoco. Ma non sempre ha funzionato, e neanche quando hanno appeso stracci bianchi davanti alle case per segnalare che c’erano bambini che vivevano in quegli appartamenti”. Gli aggiornamenti sui bimbi vittime della guerra sono arrivati dal commissario per i diritti umani del Parlamento ucraino Liudmyla Denisova: oltre ai 200 che hanno perso la vita nel Paese dal 24 febbraio, ce ne sono 360 che sono rimasti feriti, colpiti dai proiettili russi, dalle schegge durante i bombardamenti o dalle mine durante la fuga con le loro famiglie. Il giorno di guerra numero 51 si chiude con la sua nuova atrocita’ mentre Kiev e’ di nuovo sotto attacco, le sirene continuano a suonare e il capo della polizia ha chiaro lo scenario che si trova di fronte: “Ogni giorno vengono trovati piu’ corpi, sotto le macerie e nelle fosse comuni”.

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Attacco di Hezbollah in Libano, feriti quattro militari italiani della missione UNIFIL

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Quattro militari italiani impegnati nella missione di pace UNIFIL in Libano sono rimasti feriti a seguito di un attacco alla base situata nel sud del Paese. Fonti governative assicurano che i soldati, che si trovavano all’interno di uno dei bunker della base italiana a Shama, non sono in pericolo di vita. Le autorità italiane e internazionali hanno espresso forte indignazione per l’accaduto, mentre proseguono le indagini per ricostruire la dinamica dell’attacco.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LIBANO. SOLDATI DELLE NAZIONI UNITE  (FOTO IMAGOECONOMICA)

La dinamica dell’attacco

Secondo le prime ricostruzioni, due razzi sarebbero stati lanciati dal gruppo Hezbollah durante un’escalation di tensioni con Israele. Al momento dell’attacco, la base italiana aveva attivato il livello di allerta 3, che impone ai militari l’utilizzo di elmetti e giubbotti antiproiettile. La decisione si era resa necessaria a causa della pericolosità crescente nell’area, teatro di scontri tra Israele e Hezbollah.

Un team di UNIFIL è stato inviato a Shama per verificare i dettagli dell’accaduto, mentre il governo italiano monitora attentamente la situazione.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LEBANON. FOTO IMAGOECONOMICA ANCHE IN EVIDENZA

Le dichiarazioni del ministro Crosetto

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha commentato con durezza l’attacco, definendolo “intollerabile”:

“Cercherò di parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano per chiedergli di evitare l’utilizzo delle basi UNIFIL come scudo. Ancor più intollerabile è la presenza di terroristi nel Sud del Libano che mettono a repentaglio la sicurezza dei caschi blu e della popolazione civile”.

Crosetto ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere i militari italiani, impegnati in una missione delicata per garantire la stabilità nella regione.


La solidarietà del Presidente Meloni

Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso solidarietà ai militari feriti e alle loro famiglie, dichiarando:

“Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di UNIFIL. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l’attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano. Ribadisco che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di UNIFIL”.


Unifil: una missione per la pace

La missione UNIFIL, operativa dal 1978, ha il compito di monitorare il cessate il fuoco tra Israele e il Libano, supportare le forze armate libanesi e garantire la sicurezza nella regione. L’attacco alla base italiana evidenzia la crescente instabilità nell’area e i rischi a cui sono esposti i caschi blu impegnati nella missione di pace.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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