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Giustizia all’Italiana: due giovani restano in carcere a Napoli nonostante la sentenza di scarcerazione

Il Gip del Tribunale di Napoli ha concesso gli arresti domiciliari a due giovani accusati di spaccio, ma la mancanza di braccialetti elettronici li costringe a rimanere in cella. Un caso che evidenzia le contraddizioni del sistema carcerario italiano.

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Un paradosso giudiziario sta tenendo bloccati nel carcere di Poggioreale due giovani, Pietro Barletta e Matteo Iodice, rispettivamente di 20 e 19 anni, nonostante una sentenza del Gip del Tribunale di Napoli che ha disposto per loro gli arresti domiciliari. I due sono stati arrestati lo scorso 6 agosto per detenzione di stupefacenti, trovati in possesso di panetti di droga nel Centro Direzionale di Napoli. Pur avendo ammesso le loro colpe e avendo ricevuto un provvedimento favorevole dal giudice, che ha riconosciuto in loro la possibilità di un riscatto sociale, i due rimangono ancora in carcere.

Il motivo? La mancanza di braccialetti elettronici, strumenti indispensabili per monitorare i detenuti ai domiciliari, che impedisce l’attuazione del provvedimento di scarcerazione. Il giudice Fabio Provvisier, nel suo provvedimento dell’8 agosto, aveva chiaramente indicato che la custodia in carcere appariva eccessiva, considerando la giovane età degli indagati e il loro status di incensurati. Tuttavia, la carenza di dispositivi elettronici sta trasformando quella che doveva essere una seconda possibilità in un ingiustificato prolungamento della detenzione.

Questo caso mette in luce una delle contraddizioni più acute del sistema carcerario italiano, in cui la volontà di riscatto e la necessità di decongestionare le carceri si scontrano con la realtà delle risorse limitate. La situazione di Barletta e Iodice non è unica: la carenza di braccialetti elettronici è un problema noto, che in passato ha già ostacolato l’attuazione di misure alternative alla detenzione.

Il governo Meloni ha avviato una strategia per affrontare il sovraffollamento nelle carceri, con il ministro della Giustizia Carlo Nordio che ha proposto accordi internazionali per il rimpatrio dei detenuti extracomunitari nei loro paesi d’origine. Questo intervento potrebbe ridurre la popolazione carceraria di circa 15.000 persone, ma episodi come quello di Napoli dimostrano che sono necessarie soluzioni immediate per gestire meglio le risorse e garantire che i provvedimenti giudiziari possano essere attuati senza intoppi.

Il caso di Pietro Barletta e Matteo Iodice è emblematico della necessità di riforme urgenti e di una maggiore attenzione alle condizioni materiali delle carceri, per evitare che la burocrazia trasformi la giustizia in un beffardo gioco dell’attesa.

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Pozzuoli, investe bimbo 3 anni sulle strisce e scappa: caccia al pirata della strada

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Un bambino di 3 anni è stato investito da uno scooter ieri sera a Pozzuoli (Napoli) mentre stava attraversando la strada sulle strisce pedonali insieme al padre, in via Miliscola. La persona a bordo dello scooter non si è fermata per prestare soccorso proseguendo la sua marcia. Il bimbo è stato prima portato all’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, poi è stato trasferito all’ospedale pediatrico Santobono di Napoli, dove è ricoverato in prognosi riservata ma non in pericolo di vita. Sono in corso indagini da parte dei Carabinieri che stanno ricostruendo l’accaduto.

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Sindaco di Napoli ordina sgombero parziale ‘Vele’ di Scampia

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Alcuni occupanti degli appartamenti della Vela Gialla e della Vela Rossa, nel quartiere napoletano di Scampia, dovranno lasciare ‘ad horas’ le loro case. Lo ha stabilito il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, che nel pomeriggio di oggi ha firmato due distinte ordinanze nelle quali sono indicati gli alloggi da liberare. Sarebbero una cinquantina gli alloggi a rischio. La decisione è stata assunta per motivi di sicurezza, “a causa dei rischi che minacciano la pubblica e privata incolumità”. Queste due Vele, come quella Celeste, interessata dal crollo delle passarelle avvenuto a luglio scorso, sono di proprietà del Comune di Napoli. La Vela celeste è già stata completamente liberata. Negli anni passati si è proceduto all’abbattimento di altre Vele e al loro posto sono stati realizzati edifici più moderni.

La situazione del degrado delle ‘Vele’ è stata oggetto di un vertice in prefettura che si è tenuto nei giorni scorsi. E dal vertice era emersa la necessià di procedere in tempi brevi con l’avvio di un piano di progressivo sgombero. L’attenzione su questi edifici – che sorgono nel quartiere detto anche ex ‘167’, dal nome di una legge che favorì l’edilizia popolare – è tornata attuale dopo il disastro del luglio scorso, quando nella Vela Celeste è crollato uno dei percorsi di collegamento che vanno dal corridio centrale agli appartamenti causando la morte di tre persone ed il ferimento di altre, tra cui anche dei bambini.

Per gli abitanti della Vela Celeste che hanno dovuto lasciare le loro case il Comune ha previsto l’elargizione di un contribuito per l’autonoma sistemazione. Ma gli abitanti lamentano il fatto che pur avendo il bonus non riescono a trovare case in affitto perchè, in tantissimi casi, impossibilitati a fornire delle garanzie (come un contratto di lavoro) ai locatori. La zona è interessata da un piano di riqualificazione urbanistica, finanziato con i fondi del Pnnr.

Delle ultime tre vele rimaste, ben due – la gialla e la rossa, interessate dall’ordinanza di sgombero parziale di oggi – dovrebbero essere abbattute per far spazio a nuovi e più confortevoli edifici di edilizia popolare. Ed è proprio la Vela Celeste, quella interessata dal crollo, che resterà in piedi e che sarà sede di servizi pubblici. Il progetto prevede anche la realizzazione di spazi destinati all’agricoltura urbana (orti e frutteti sociali), un parco pubblico, una fattoria con finalità ludiche e didattiche, un mercato di prossimità, un complesso scolastico con scuola dell’infanzia per 120 bambini e un asilo nido per 50-60, un centro civico con funzioni sociali e culturali. Per anni le Vele sono state il simbolo della Napoli di Gomorra, delle piazze di spaccio. Ma le Vele di Scampia sono poi diventate – almeno nelle intenzioni – emblema del riscatto della città, della rivincita di un quartiere e della sua gente che si è impegnata senza mai rispamarsi.

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In vendita la tenuta toscana a Varramista che fu Agnelli-Piaggio

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In vendita la tenuta che fu della famiglia Agnelli-Piaggio tra Firenze e il mare: 400 ettari nel comune di Montopoli Valdarno, che hanno visto soggiornare personaggi famosi e intellettuali di ogni epoca. La tenuta di Varramista, spiega Lionard Luxury Real Estate, che cura la vendita gravita attorno alla villa padronale del XV secolo, per lungo tempo residenza della famiglia Agnelli-Piaggio. La proprietà comprende numerosi casali, di cui quattro completamente ristrutturati e tre dotati ciascuno di piscina privata, due cantine vinicole, una cappella privata, una limonaia, alloggi per il personale e numerosi altri annessi e rustici, per una superficie interna totale di oltre 14.500 metri quadrati.

La villa, racconta l’agenzia che non fornisce alcuna indicazione sul prezzo, ha un giardino all’italiana e fu progettata da Bartolomeo Ammannati, celebre scultore e architetto della corte medicea che lavorò alla trasformazione di Palazzo Pitti e alla realizzazione della Fontana del Nettuno in Piazza della Signoria a Firenze, la villa fu completata nel 1589, come ricordano ancora oggi le incisioni sul tetto. I terreni furono donati dalla Repubblica di Firenze a Gino di Neri Capponi, come ricompensa per la sua vittoria contro Pisa nel 1406. Negli Cinquanta del novecento, la villa fu acquistata da Enrico Piaggio, secondogenito del fondatore della Piaggio. Qui nel 1959 le nozze tra Antonella Bechi Piaggio duchessa Visconti di Modrone e Umberto Agnelli e nel 1996 il matrimonio tra Giovanni Alberto Agnelli con Frances Avery Howe.

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