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Economia

Giorgetti ottimista sul Pil apre a modifiche su manovra

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L’incertezza che domina l’economia internazionale richiede all’Italia scelte di bilancio prudenti ma non fiacca l’ottimismo sul Pil. Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (foto imagoeconomica  in evidenza) c’è ancora spazio per crescere più di quello che vedono previsori come Bankitalia o Upb, perché nell’ultima parte dell’anno il Pil dovrebbe tornare in espansione, dopo lo stallo del terzo trimestre. Bisogna comunque mantenersi cauti, perché i vincoli europei non lasciano troppi margini, però la manovra non è immutabile: fatto salvo l’impianto e i principi dietro ogni norma, su alcune si può lavorare assieme al Parlamento, accogliendo qualche richiesta di modifica.

Dal blocco del turnover per le forze dell’ordine ai revisori del Mef nelle aziende che prendono contributi pubblici, il ministro apre a modifiche, seppur limitate che comunque non soddisfano le opposizioni. “Non sarei stupito da una revisione al rialzo delle stime preliminari del Pil 2024”, ha detto Giorgetti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, chiudendo il ciclo di audizioni sulla legge di bilancio 2025. “L’Italia è forte”, ha ribadito anche la premier Giorgia Meloni parlando agli industriali di Brescia e Bergamo e invitandoli a “fare squadra”. Per il ministro dell’Economia le prospettive di crescita a breve termine sono dunque “ancora incoraggianti” e i modelli che utilizza il Tesoro per fare le previsioni vedono un Pil in espansione nel trimestre finale dell’anno, grazie al recupero della domanda estera e alla ripresa dei consumi che prosegue.

Del resto negli ultimi anni “il sistema economico italiano ha mostrato una tenuta superiore alle previsioni di molti”, e “le stime iniziali di crescita del Pil dell’Istat sono state successivamente riviste al rialzo in misura inedita”. La speranza è che accada ancora. Certo, non c’è spazio per ampliare la manovra. Tanto che risulta “ambizioso” anche il target del 2% di spesa richiesto dalla Nato, che sarà mancato per i prossimi tre anni. Nel 2025 si fermerà all’1,57%, nel 2026 all’1,58% e nel 2027 all’1,61%. La spesa va tenuta sotto controllo perché, spiega Giorgetti, è l’unico modo per affrontare “il fardello del debito” che con i suoi interessi ogni anno toglie 45 miliardi a scuola, pensionati, sanità. Dati gli spazi ridotti che richiedono prudenza, il ministro difende le scelte del governo. Ricorda che la priorità è stata data alle famiglie di reddito medio basso e ai lavoratori dipendenti, e quindi “sorprende” che le critiche “vengano proprio dai sindacati”.

Sulla sanità ribadisce che la spesa sale più del limite fissato nel Psb, e per gli enti locali non ci sono tagli ma solo accantonamenti che restano nella loro disponibilità. Anche i tagli del fondo automotive non toccano “le imprese che vogliono riconvertire”, ma rottamazioni e incentivi all’acquisto di auto elettriche prodotte in Cina o altri Paesi. Con la fine delle audizioni sulla manovra si passa alla fase delle modifiche al testo. I partiti dovranno presentare i propri emendamenti entro lunedì prossimo, da cui selezioneranno quelli irrinunciabili (o segnalati) il 18 novembre. Giorgetti indica già le strade percorribili e si dice “apertissimo”, ad esempio, a modifiche sui revisori del Mef nelle società che prendono contributi pubblici, purché si mantenga il principio che “chi riceve il contributo dello Stato deve avere un comportamento parsimonioso”.

Modifiche possibili anche sulla tassa per le crypto che dal 26% passa al 42%, contestata proprio dalla Lega: per Giorgetti si può pensare a forme di tassazione diverse rispetto alla permanenza in portafoglio degli investimenti. Sul blocco del turnover il ministro invece chiede al Parlamento di indicare i settori per i quali non è giustificato, come la sicurezza. Non chiude la porta nemmeno sui tagli alla metro C di Roma. Ma la situazione è complessa, perché “manca la progettazione definitiva” di cui il Mef ha bisogno per stanziare i fondi. Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri contesta il taglio, e spiega che non si può separare il finanziamento della progettazione da quello della realizzazione perché “implicherebbe un aumento di tempi e costi”. Giorgetti non ha preclusioni: “E’ un’opera meritoria, vediamo come organizzarci in modo che gli stanziamenti vengano fatti”. Purché “non si bruci spazio fiscale a scapito di altro”.

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Economia

Giorgetti vede Spohr, si tratta su Ita-Lufthansa

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La trattativa Ita-Lufthansa passa direttamente nelle mani di Giancarlo Giorgetti. Il ministro dell’Economia incontrerà entro il fine settimana, probabilmente già domani, Carsten Spohr, con l’obiettivo di trovare un compromesso con l’inflessibile amministratore delegato della compagnia tedesca. Ufficialmente il Mef non commenta la notizia arrivata da fonti europee. Ma dopo le tensioni della scorsa notte, che hanno portato all’interruzione dei negoziati per un accordo che sembrava ormai alle battute finali, lo stesso Giorgetti non ha negato la possibilità di un faccia a faccia, definito anzi “opportuno”. A dominare il tavolo di confronto saranno questioni di prezzo.

Secondo le notizie trapelate finora, la sera del 4 novembre, basandosi sulle clausole contrattuali, Lufthansa avrebbe infatti chiesto al Mef uno sconto sulla cifra da sborsare per la seconda tranche per la newco tricolore a seguito del primo aumento di capitale da 325 milioni di euro, giustificandosi con il costo di alcuni investimenti fatti dopo l’accordo di alleanza del 2023. Una richiesta che il ministero dell’Economia avrebbe bollato come “inaccettabile” anche alla luce del miglioramento della posizione economica di Ita e in vista della probabile crescita del traffico aereo per il Giubileo del 2025.

Il tentativo di ricucitura è ora affidato a Giorgetti, forte del fatto che nessuna delle due parti sembra davvero intenzionata a far saltare l’accordo. Sui cieli europei intanto a preoccupare sono anche i conti di Air France-Klm. Il gruppo ha chiuso il terzo trimestre con un utile operativo in calo del 12% a 1,18 miliardi di euro, deludendo le attese degli analisti e prevedendo anche di sostenere costi più elevati di quelli precedentemente stimati per quest’anno a seguito di una revisione dell’accordo salariale e di un aumento dei costi di manutenzione.

Anziché aiutare, le Olimpiadi di Parigi hanno allontanato i turisti dalla capitale, influendo negativamente sui conti. Il titolo ne ha risentito pesantemente in Borsa dove è arrivato a perdere l’11%.

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Economia

Comprare casa sempre più un miraggio, 2 su 3 rinunciano

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Comprare casa è sempre più “impossibile”, un miraggio per tantissimi italiani. Tre milioni di famiglie sarebbero interessate a comprare un’abitazione nei prossimi 12 mesi, ma meno di una su tre è nelle condizioni di farlo, secondo le rilevazioni di Nomisma. La domanda “reale” è di 980 mila famiglie. Il Rapporto sull’Abitare 2024, realizzato da Nomisma con il supporto di Crif e presentato in un evento organizzato con Confindustria, indica un accentuarsi delle difficoltà di acquisto dell’abitazione, al punto che il 60% della domanda si sposta sull’affitto. Aumentano al tempo stesso anche i problemi a sostenere i canoni, sempre più salari.

Così anche per le locazioni c’è una differenza tra la domanda potenziale, che vede 1,3 milioni di famiglie interessate, e quella reale, alla luce delle condizioni di mercato, che è di 580 mila. I dati sui mutui indicano inoltre una diminuzione della percentuale di famiglie che intendono ricorrere a un mutuo per comprare casa: passa dal 77,9% del 2023 al 75,6% del 2024 a fronte di una tendenza all’autoselezione da parte delle famiglie stesse, convinte di non avere i requisiti per avere l’ok dalle banche. L’interesse nei confronti della casa resta “ben saldo”, anche da parte dei giovani che vorrebbero comprare casa, ma il reddito disponibile per tre famiglie su cinque appare inadeguato o appena sufficiente per far fronte alle necessità. Le maggiori difficoltà riguardano le famiglie unipersonali e quelle più numerose.

Dal rapporto emerge l’assenza di un’offerta di acquisti adeguata, specialmente nel segmento della locazione a costi accessibili. Tanto che solo l’11% delle famiglie multiproprietarie prevede di affittare le proprie case con formule a medio termine, considerate rischiose e poco remunerative. “Passiamo troppo tempo a parlare di limitazioni agli affitti brevi, che pure sono una parte del problema e vanno senz’altro regolamentati, e non dedichiamo energie a immaginare iniziative di defiscalizzazione, di riduzione tariffaria e di introduzione di garanzie per la proprietà privata”, osserva Luca Dondi di Nomisma. La carenza di alloggi sostenibili sta portando intanto a iniziative delle aziende per aiutare i nuovi lavoratori a trovare casa e sostenerne i costi. Su questo punto interviene anche la manovra che introduce una detassazione delle somme versate ai dipendenti e prevede un successivo programma nazionale per l’edilizia residenziale pubblica e sociale, il Piano casa Italia.

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Economia

Nissan taglia 9 mila posti nel mondo per la grave crisi del settore auto

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La crisi del settore auto si aggrava. Nissan, sesta casa automobilistica più grande del mondo, avvia una drastica riorganizzazione che prevede il taglio di 9.000 posti di lavoro a livello mondiale e la riduzione del 20% della sua capacità produttiva. Nel frattempo l’azienda giapponese ha rivisto al ribasso i target dell’esercizio sia per gli utili sia per i ricavi. Nissan (foto Imagoeconomica in evidenza), che ha subito un calo delle vendite a 1,6 milioni e ha visto i suoi utili crollare, definisce grave la situazione e sottolinea la necessità di adottare “misure urgenti” per rendere di nuovo il gruppo competitivo sul mercato. Intanto rivenderà a Mitsubishi Motors il 10,02% della sua quota, attualmente al 34%.

E’ l’ennesimo annuncio negativo che arriva da un costruttore mondiale di auto, dopo il taglio dei posti di lavoro e degli stabilimenti previsto da Volkswagen, gli esuberi di Ford in Germania, l’aggiornamento al ribasso delle previsioni finanziarie 2024 di Stellantis, Porsche, Bmw, Aston Martin. Il gruppo italofrancese guidato da Carlos Tavares avrebbe allo studio – secondo i media americani – la riduzione di di circa 1.000 unità della sua forza lavoro nell’impianto di Toledo, in Ohio, dove vengono prodotte le Jeep.

Non naviga in buone acque neppure Toyota, leader nel mondo per volumi, che ha registrato nel terzo trimestre del 2024 il primo calo dell’utile operativo degli ultimi due anni e un crollo dell’utile del 20% a 1,16 trilioni di yen (circa 7,6 miliardi di dollari) contro 1,44 trilioni di yen nello stesso periodo dell’anno precedente, a causa di difficoltà produttive e di mercato in due regioni chiave, Giappone e Stati Uniti. Le difficoltà del settore non modificano la strategia dell’Unione Europea che conferma lo stop nel 2035 delle auto a benzina e diesel.

“Penso che ci sia un futuro luminoso per i biocarburanti, ne abbiamo bisogno di più, ma non possiamo riaprire gli impegni presi su come procedere nell’automotive” spiega il commissario europeo designato per il Clima, Wopke Hoekstra, durante la sua audizione di conferma al Parlamento europeo. “Il primo pilastro per l’automotive è la prevedibilità. Molti ceo delle case automobilistiche ci hanno detto che possono raggiungere gli obiettivi e l’elettrificazione, ma hanno bisogno di investimenti nelle colonnine. E’ giusto, dobbiamo fare di più”, ha sottolineato l’olandese. Secondo Hoekstra, “i biocarburanti non possono far parte del mix” di transizione dell’automotive “perché è eccessivamente difficile renderli completamente neutrali dal punto di vista delle emissioni”.

In Italia il tavolo automotive è convocato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso per il 14 novembre. “Ci attendiamo – spiega Urso – risposte concrete da parte di Stellantis sul destino degli stabilimenti italiani e dei lavoratori. Nel frattempo siamo impegnati a definire nuovi strumenti di sostegno alla componentistica, la vera forza del Made in Italy, che auspichiamo di poter annunciare già in quella occasione” Stellantis conferma che “sarà presente e ribadisce la sua disponibilità a dialogare con tutte le parti interessate nelle sedi che i rappresentanti del governo riterranno opportune”.

Resta però centrale il taglio di 4,6 miliardi al Fondo Automotive previsto dalla manovra economica del governo, che Giorgetti ha difeso:””noi non tagliamo i fondi alle imprese che vogliono riconvertire, tagliamo i fondi per le rottamazioni e incentivi all’acquisto di auto elettriche prodotte in Cina o altri paesi. Questo sì”. Per Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile del settore mobilità, “il tempo delle dichiarazioni di intento è finito. Il ministro deve ripristinare almeno le risorse tagliate dell’80% dalla manovra sul fondo automotive; e impegnarsi con la presidente del Consiglio Meloni per l’apertura del tavolo a Palazzo Chigi”.

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