Una nuova, misteriosa tragedia scuote i vertici del mondo imprenditoriale russo. Ravil Maganov, presidente del consiglio di amministrazione della Lukoil, la prima azienda petrolifera del Paese, un impero con 100.000 dipendenti e interessi in decine di Paesi, compresa l’Italia, e’ morto in un ospedale di Mosca. Il decesso e’ avvenuto “al termine di una grave malattia”, ha affermato la compagnia in un comunicato ufficiale. Ma secondo diversi media russi Maganov, 67 anni, sarebbe rimasto ucciso cadendo da una finestra del sesto piano del nosocomio. Negli ultimi mesi, a partire dall’inizio di quella che a Mosca viene definita l’operazione militare speciale in Ucraina, diversi dirigenti di gruppi industriali, specie nel settore energetico, hanno perso la vita in una serie di incidenti. Tra loro, quattro manager di imprese legate a Gazprom, il gigante statale del gas, e un ex funzionario della Lukoil, Alexander Subbotin, trovato morto l’8 maggio in una casa nel villaggio di Ulyankovo, a nord di Mosca. Gli investigatori avevano stabilito che la causa della morte era stata un attacco cardiaco. La Lukoil era balzata clamorosamente alla ribalta anche della cronaca politica in Russia agli inizi di marzo, quando il consiglio di amministrazione aveva preso apertamente posizione contro l’operazione in Ucraina esprimendo “solidarieta’ per tutte le vittime colpite da questa tragedia” e chiedendo “un cessate il fuoco durevole”.
Una presa di posizione che non rappresenta un caso isolato tra i ricchissimi oligarchi che hanno prosperato nei 30 anni seguiti alla fine dell’Unione sovietica. Altri casi che avevano fatto clamore erano stati quelli del re dell’alluminio Oleg Deripaska e di Mikhail Friedman, azionista di riferimento del gruppo Alfa Bank. Il mese successivo alla dichiarazione del consiglio di amministrazione, il presidente della Lukoil, Vagit Alekperov, si era dimesso dopo averla diretta per 30 anni, e per di piu’ senza alcuna spiegazione ufficiale. Alcuni avevano ipotizzato che la decisione di abbandonare fosse da mettere in relazione alla critica espressa, altri che fosse motivata dalla necessita’ di preservare gli interessi del gruppo all’estero in considerazione del fatto che Alekperov e’ tra gli oligarchi sanzionati dalla Gran Bretagna e dall’Australia. Inevitabile, comunque, che la morte di Maganov, avvenuta nella Clinica ospedaliera centrale – dove tra l’altro martedi’ sera e’ deceduto l’ultimo leader sovietico Mikhail Gorbaciov – lasci spazio ad ogni genere di ipotesi. Una fonte anonima della polizia citata dall’agenzia Tass ha affermato che Maganov, 67 anni, si e’ suicidato dopo essere stato ricoverato per problemi cardiaci e che assumeva antidepressivi. Ma gli inquirenti non hanno fornito alcuna spiegazione ufficiale. L’unica dichiarazione pubblica, al momento, e’ quella della Lukoil, che parla appunto di una “grave malattia” e rende omaggio alla lunga carriera di Maganov. “Ravil Ulfatovich – si legge nella nota, in cui il presidente viene chiamato con nome e patronimico, alla maniera russa – ha dato un contributo inestimabile non solo allo sviluppo della compagnia, ma all’intera industria del petrolio e del gas russi”. Maganov aveva cominciato a lavorare come manager di un campo petrolifero ed era poi salito alla dirigenza della Langepasneftegaz, una delle tre societa’ siberiane dalla cui fusione nacque nel 1991 la Lukoil. Secondo il gruppo, fu proprio lui a proporre il nome della nuova compagnia. Successivamente ha guidato per molti anni le attivita’ delle esplorazioni geologiche.
Quattro militari italiani impegnati nella missione di pace UNIFIL in Libano sono rimasti feriti a seguito di un attacco alla base situata nel sud del Paese. Fonti governative assicurano che i soldati, che si trovavano all’interno di uno dei bunker della base italiana a Shama, non sono in pericolo di vita. Le autorità italiane e internazionali hanno espresso forte indignazione per l’accaduto, mentre proseguono le indagini per ricostruire la dinamica dell’attacco.
UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LIBANO. SOLDATI DELLE NAZIONI UNITE (FOTO IMAGOECONOMICA)
La dinamica dell’attacco
Secondo le prime ricostruzioni, due razzi sarebbero stati lanciati dal gruppo Hezbollah durante un’escalation di tensioni con Israele. Al momento dell’attacco, la base italiana aveva attivato il livello di allerta 3, che impone ai militari l’utilizzo di elmetti e giubbotti antiproiettile. La decisione si era resa necessaria a causa della pericolosità crescente nell’area, teatro di scontri tra Israele e Hezbollah.
Un team di UNIFIL è stato inviato a Shama per verificare i dettagli dell’accaduto, mentre il governo italiano monitora attentamente la situazione.
UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LEBANON. FOTO IMAGOECONOMICA ANCHE IN EVIDENZA
Le dichiarazioni del ministro Crosetto
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha commentato con durezza l’attacco, definendolo “intollerabile”:
“Cercherò di parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano per chiedergli di evitare l’utilizzo delle basi UNIFIL come scudo. Ancor più intollerabile è la presenza di terroristi nel Sud del Libano che mettono a repentaglio la sicurezza dei caschi blu e della popolazione civile”.
Crosetto ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere i militari italiani, impegnati in una missione delicata per garantire la stabilità nella regione.
La solidarietà del Presidente Meloni
Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso solidarietà ai militari feriti e alle loro famiglie, dichiarando:
“Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di UNIFIL. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l’attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano. Ribadisco che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di UNIFIL”.
Unifil: una missione per la pace
La missione UNIFIL, operativa dal 1978, ha il compito di monitorare il cessate il fuoco tra Israele e il Libano, supportare le forze armate libanesi e garantire la sicurezza nella regione. L’attacco alla base italiana evidenzia la crescente instabilità nell’area e i rischi a cui sono esposti i caschi blu impegnati nella missione di pace.
La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.
Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.
E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.
La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.