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Spettacoli

Geolier, ‘sono qui per Napoli, non per vincere’

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Geolier il preferito da Televoto e giuria delle radio, nella seconda serata del festival di Sanremo. “Ce ripigliamm’ tutt’ chell che è ‘o nuost'”, direbbe Pietro Savastano di Gomorra. “Sono qui per Napoli”, dice invece il rapper 23enne che è arrivato al festival di Sanremo con il favore dei pronostici, confermati ieri dal pubblico e dalle radio con il primo posto nella top five di serata. “Me l’aspettavo è un parolone… so’ contento – ha detto il giovane artista che considera già una vittoria l’aver portato il napoletano sul palco più importante d’Italia -, mi ero raccomandato con i ragazzi, i miei amici arrivati qui che sono assai, di non fare casino.

Ma hanno fatto mille chilometri e hanno festeggiato e io mi sono emozionato più per la loro reazione che per il risultato. È la seconda serata, non è finita, la strada è ancora lunga: dobbiamo arrivare a sabato vivi. Non è fernut'”, racconta nella pizzeria ‘Geolier’, allestita sul lungomare di Sanremo. Fuori decine di ragazzi arrivati da Napoli urlano il suo nome e cantano tuta la sua discografia. Emanuele, ovvero Geolier, ringrazia e sente la responsabilità di rappresentare un’intera città. “La vittoria? Non ci penso, non perché sia scaramantico ma perché la vedo molto lontana, Nel caso arrivasse sarebbe per Napoli, per i ragazzi, per la mia famiglia.

Siamo in tantissimi, se perdiamo, perdiamo un sacco di noi, se vinciamo vinciamo un sacco di noi. È più bello vincere quando hai tante persone con le quali condividere la vittoria. E la sconfitta fa meno male quando la dividi”. Il successo di martedì lo dedica a Daniele, un ragazzo di 17 anni morto per una grave malattia. “Prima di partire per Sanremo, sono andato a salutarlo e a promettergli una cosa che rimarrà tra me e lui”. Intanto un primo successo se lo porta a casa: a due giorni dal suo debutto sanremese, I p’ me, Tu p’ te ha scalato le classifiche di Spotify, raggiungendo il primo posto nella Top 50 Italia ed entra, unico tra i brani in gara, nella Top 50 Globale. E su TikTok è il suono sanremese più utilizzato per le creation. “Voglio portare Napoli in qualsiasi posto del mondo finché ne ho la possibilità. La classifica globale? Mai stata nelle mia visuale e non lo avrebbe potuto predire neanche Nostradamus.

Il merito però non è il mio, ma dei ragazzi che ascoltano la canzone, io mi sento molto vicino a loro, ho le loro stesse paure. A volte tutto ‘sto casino ti può far perdere la concentrazione. Sono solo al secondo disco della mia carriera: spero di cadere mille volte e di rialzarmi 1001”, sottolinea nelle ore che hanno visto arrivare in città gli agricoltori in protesta. “Le proteste vengono dal popolo e il popolo ha sempre ragione”, ha commentato Geolier. A Sanremo ha voluto portare due cose: il rap e il napoletano. “Domani, nella serata delle cover, è il turno del rap – spiega -, per un medley con Luchè con O’ primmo ammore, Guè con Brivido, Gigi D’Alessio con Chiagne, tuti e tre dei grandi che hanno fatto parte della mia crescita”. Per arrivare all’Ariston si è preparato a lungo.

“La prendo come una scuola, sto imparando a gestire la pressione. Ho 23 anni e stare qui per me è tanto. L’Ariston è un palco pesante, che scotta, senti il fuoco sotto. Ci sono passati tutti i grandi della musica”. In pochi anni, si è imposto nel mercato discografico. “Ma per me questo non è lavoro, il lavoro è altro. Io arrivo da Secondigliano, a 7-8 anni lavoravo a casa a montare viti e bulloni. Agg’ faticato veramente e so che le cose importanti sono altre. Mio padre che mi ha insegnato tutto, mi ha chiamato e ha detto: ‘il primo posto, vabbuò, ma hai mangiato?'”.

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Emmy, a sorpresa ‘Hacks’ è la miglior commedia

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‘Hacks’ ha vinto a sorpresa come miglior serie comica alla 76ma edizione degli Emmy. Lo show Hbo/Max su una matura comedian che deve riconquistare pubblico e verve, ha strappato il premio più pesante tra le commedie per il piccolo schermo alla favorita The Bear, che si aspettava di bissare con la seconda stagione il trionfo della passata edizione. ‘Hacks’ vince anche per la scrittura (nella squadra anche la sceneggiatrice italiana Lucia Aniello) e per la protagonista, la 73enne Jean Smart. Nessun imprevisto, invece, all’apertura della busta per la migliore serie drammatica: ‘Shogun’ si è portata a casa la statuetta senza smentire i pronostici, arrivando a un montepremi da record di 18 Emmy in un’unica stagione, se si sommano i 14 ottenuti nelle categorie tecniche. Finora, deteneva il primato l’ultima stagione di ‘Games of Thrones’, che aveva guadagnato 12 Emmys. Lo show prodotto da Hulu-Disney+ e girato anche in giapponese è il primo in lingua non inglese a ottenere il riconoscimento più prestigioso degli ‘Oscar della televisione’. Solo il sudcoreano ‘Squid Game’ era arrivato in finale due anni fa, ma poi aveva vinto ‘Succession’.

L’epopea sugli intrighi del Giappone feudale ha vinto anche per la regia e per i migliori protagonisti con Hiroyuki Sanada, che interpreta l’imponente lord Yoshii Toranaga, e Anna Sawai, per il suo ruolo della finta placida Lady Mariko. La miniserie che è piaciuta di più alla Television Academy è stata la black comedy di Netflix ‘Baby Reindeer’, che conquista altri tre premi per la sceneggiatura e per il ruolo da protagonista a Richard Gadd, che ha raccontato la propria esperienza di vittima di stalking, e all’attrice secondaria Jessica Gunning, che veste i panni dell’ossessiva Martha. “Non pensavo che avrei rimesso insieme i cocci della mia vita dopo quello che mi è successo – ha detto il comedian accettando la statuetta, sul palco del Peacock con il kilt a ricordare le origini scozzesi -. Questa è per tutti quelli che attraversano periodi difficili: niente dura per sempre, alla fine la situazione migliora”. Anche ‘The Bear ha vinto quattro Emmy che, sommati a quelli vinti ai Creative Arts dello scorso fine settimana, diventano 11 vittorie quest’anno, rispetto alle 10 ottenute nella 75ma edizione del premio, che si è tenuta a gennaio, in ritardo rispetto alla consueta data di metà settembre, per via degli scioperi a Hollywood.

Anche se i Berzatto non sono più la commedia dell’anno, lo chef tormentato Carmy è ancora il miglior protagonista di una serie comica: un bis sul palco del Peacock per Jeremy Allen White, che ha dichiarato: “Questo show mi ha cambiato la vita e racconta che cambiare è sempre possibile. Basta crederci”. Vince per ‘The Bear’ anche Liza Colón-Zayas, 52 anni, alla prima nomination. La sua Tina, la cuoca latina che trova una seconda occasione proprio tra i fornelli e i piatti rotti del ristorante che dà il nome alla serie Fx, le ha fatto ottenere l’Emmy come miglior interprete non protagonista. Ebon Moss-Bachrach trionfa per la seconda volta di fila per il ruolo secondario del cugino Richie. Lo showrunner Chris Storer ha vinto per la regia, anche lui bissando la vittoria per la prima stagione. ‘Ripley’, la serie Netflix girata in Italia, ha portato a casa l’Emmy per la miglior regia di una serie limitata a Steven Zaillian, che era già stato nominato nel 2017 per ‘The Night Of’. “Fare ‘Ripley’ in Italia è già un premio, è stato un sogno. Condivido questo premio con le centinaia di persone che hanno lavorato con me, gli attori, la troupe e le maestranze”. Secondo il produttore romani Enzo Sisti, era italiano il 97% della crew che ha creato le otto puntate sull’enigmatico artista della truffa interpretato da Andrew Scott.

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Danza: morta a 29 anni Michaela DePrince, star in video Beyonce’

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E’ morta a 29 anni Michaela Mabinty DePrince, la ballerina nata durante la guerra civile in Sierra Leone, diventata famosa dopo la sua partecipazione al video dell’album ‘Lemonade’ di Beyonce’. L’annuncio e’ comparso sulla sua pagina Instagram ufficiale, senza nessuna informazione sulle cause del decesso. “E’ stata un faro di speranza per molti, dimostrando che, indipendentemente dagli ostacoli, la bellezza e la grandezza possono emergere dai luoghi piu’ oscuri”, si legge nel post, che riassume alcuni passaggi chiave della sua carriera. Michaela Mabinty DePrince e’ stata la piu’ giovane prima ballerina del Dance Theatre di Harlem, prima di trasferirsi nei Paesi Bassi per ballare con il Dutch National Ballet.

Al rientro negli Stati Uniti ha danzato come seconda balleria nel Boston Ballet. Rimasta orfana dopo l’uccisione del padre durante la guerra civile in Sierra Leone e la morte della madre per fame, DePrince era finita in un orfanotrofio, dove veniva chiamata ‘la figlia del diavolo’ e maltrattata dagli assistenti a causa della vitiligo che chiazzava la sua pelle nera di bianco. All’eta’ di tre anni era rimasta affascinata dalla copertina di una rivista trovata fuori dall’orfanotrofio in cui compariva una ballerina; l’aveva conservata, sognando di diventare un giorno come lei.

Poi la bambina era stata adottata, assieme alla sorella Mia, da una coppia statunitense del New Jersey, che ha incoraggiato la sua passione per la danza facendole prendere lezioni. Ma anche negli Stati Uniti ha inizialmente subito discriminazioni, da danzatrice nera in un ambiente dominato da ballerine bianche. La sua storia e’ raccontata nell’autobiografia, ‘Taking Flight: From War Orphan to Star Ballerina’, scritta assieme alla madre adottiva e pubblicata nel 2014. DePrince e’ stata anche ambasciatrice per l’organizzazione War Child Holland, impegnata a promuovere il benessere e la salute mentale dei bambini che vivono in zone di guerra.

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Polemica sul Centro Sperimentale di Cinematografia e accuse a Castellitto: consulenze costose e lavoratori licenziati

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Una polemica dirompente si abbatte sul Centro Sperimentale di Cinematografia (CSC) di Roma, con il presidente Sergio Castellitto al centro delle accuse. Tra spese considerate inopportune, consulenze esorbitanti e licenziamenti di lavoratori, la gestione del CSC è ora sotto i riflettori. A sollevare il caso è Marco Grimaldi, vicepresidente di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, che ha annunciato un’interrogazione parlamentare al ministro della Cultura, Alessandro Giuli, per chiarire diverse questioni. La questione viene affrontata oggi dal quotidiano La Repubblica con un ampio servizio.

Al centro della polemica c’è l’affitto di una villa storica durante il Festival di Venezia. La prestigiosa Villa Gallo, a pochi passi dal Lido, sarebbe stata affittata per 24mila euro dal CSC nei giorni del festival. Grimaldi ha dichiarato che verificherà tramite accesso agli atti, poiché la spesa non è ancora stata inserita nella sezione “Amministrazione Trasparente” del sito del CSC, come richiesto dalle normative anticorruzione.

Oltre all’affitto, Grimaldi ha denunciato l’aumento delle consulenze, alcune delle quali destano perplessità. Tra queste, spiccano i 4mila euro pagati a Margaret Mazzantini, moglie di Castellitto, per la sua partecipazione come relatrice a un convegno sugli artisti in guerra, al quale ha preso parte anche lo scrittore David Grossman, compensato con la stessa cifra. Inoltre, Angelo Tumminelli, storico produttore teatrale, ha ottenuto un incarico annuale da 105mila euro per “attività di ausilio al Presidente”, ruolo che Grimaldi definisce non strettamente necessario.

Le consulenze legali hanno sollevato ulteriori dubbi. Il CSC ha infatti ingaggiato tre avvocati con un costo complessivo di 417mila euro, nonostante la possibilità di usufruire del gratuito patrocinio dell’Avvocatura dello Stato. Altri incarichi includono un responsabile della comunicazione, Mario Sesti, per 40mila euro, e un direttore editoriale, Monsignor Dario Edoardo Viganò, pagato 25mila euro.

La controversia non si limita alle spese: Grimaldi ha puntato il dito anche contro i licenziamenti avvenuti all’interno del CSC, tra cui quello di Stefano Iachetti, dirigente della Cineteca Nazionale. Secondo Grimaldi, Iachetti sarebbe stato allontanato per aver difeso i 17 collaboratori licenziati, molti dei quali avevano contribuito al restauro premiato del film Ecce Bombo.

In questo scenario, il vicepresidente di Alleanza Verdi e Sinistra chiede chiarimenti urgenti sulle decisioni prese sotto la presidenza di Castellitto, sollevando dubbi sulla gestione delle risorse del CSC, in un momento in cui i lavoratori vengono mandati a casa mentre le consulenze aumentano.

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