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Generale Usa, possibile guerra con la Cina nel 2025 

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 Washington e Pechino potrebbero entrare in guerra nel giro di due anni, nel 2025, a causa dell’invasione cinese di Taiwan. E’ la previsione, e il monito, del generale Michael Minihan, capo dell’ ‘Air Mobility Command’, che sovrintende alla flotta degli aerei da trasporto e da rifornimento. Un allarme che arriva alla vigilia della visita in Cina del segretario di Stato americano Antony Blinken, la prima di un membro dell’amministrazione Biden, per tentare di ridurre le tensioni tra i due Paesi. Altri alti ufficiali americani avevano già profetizzano un conflitto del genere entro il 2027, come fece due anni fa l’ammiraglio Phil Davidson, allora capo del comando Indo-Pacifico. Nessuno tuttavia aveva formulato una linea temporale cosi’ breve. La previsione è contenuta in un memo per i sottoposti che porta la data del primo febbraio, già distribuito tra i comandanti del reparto e confermato da un portavoce dell’Air Force. “Spero di sbagliarmi, ma il mio istinto mi dice che combatteremo nel 2025”, scrive il generale Minihan, affermando che una serie di circostanze incoraggeranno il presidente cinese Xi Jinping ad iniziare un conflitto per conquistare l’isola democratica rivendicata dalla Cina. “Xi si è assicurato un terzo mandato al potere e nell’ottobre 2022 ha nominato il suo consiglio di guerra”, sottolinea l’alto ufficiale nel documento. “Le elezioni presidenziali di Taiwan sono nel 2024 e offriranno a Xi un pretesto. Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti sono nel 2024 e offriranno a Xi un’America distratta. La squadra, il pretesto e l’opportunità di agire per Xi sono tutti allineati per il 2025”, conclude. Per questo esorta i suoi a prepararsi, ad addestrarsi, a considerare le situazioni personali. Minihan è noto per il suo linguaggio ‘colorito’, come quando disse ad una conferenza che “la letalita’ e’ quella che conta di piu’: quando puoi uccidere il tuo nemico, ogni parte della tua vita è migliore. Il tuo cibo ha un sapore migliore. Il tuo matrimonio è più forte”. Ma è anche uno che conosce la regione, avendo ricoperto ruoli influenti nel Pacifico dal 2013, compreso quello di vice comandante per l’ Indo-Pacifico, con competenza su Cina e Taiwan, dal 2019 al 2021. Del resto lo stesso Joe Biden, da quando è alla Casa Bianca, ha dichiarato diverse volte che ordinerebbe alle forze americane di intervenire in risposta ad un blitz militare cinese su Taiwan, con un apparente cambiamento della politica di “ambiguità strategica” in base a cui Washington non diceva se sarebbe entrata o meno in guerra per difendere l’isola. E la Cina resta la sfida numero uno per gli Usa, tanto che Biden ha rafforzato l’alleanza col Giappone e lanciato con Australia e Gran Bretagna una sorta di Nato del Pacifico: Aukus (acronimo con le iniziali in inglese dei tre Paesi).  

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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