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Fuoco degli israeliani su Unifil, condanna internazionale

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Grave incidente internazionale nel Libano del sud: le forze armate israeliane hanno aperto il fuoco contro il quartier generale dell’Unifil a Naqoura, ferendo due caschi blu, e le altre due postazioni a Labbouneh e Ras Naqoura che ospitano il contingente italiano. Dura condanna della missione Onu, che ha sottolineato come “ogni attacco deliberato alle forze di peacekeeping e’ una grave violazione del diritto umanitario internazionale e della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza”. “Ricordiamo alle Idf e a tutti gli attori i loro obblighi di garantire la sicurezza e la protezione del personale e delle proprieta’ delle Nazioni Unite e di rispettare l’inviolabilita’ dei locali dell’Onu in ogni momento”, ha aggiunto l’Unifil, prima di rispedire al mittente, tramite un portavoce sentito dal sito Walla, la richiesta israeliana di evacuare le postazioni lungo il confine tra Israele e Libano.

Anche l’Italia ha “protestato fermamente”, con il ministro della Difesa Guido Crosetto che ha parlato con l’omologo israeliano Yoav Gallant e ha convocato l’ambasciatore dello Stato ebraico a Roma. “Non si tratta di un errore, non si tratta di un incidente – ha detto poi in una conferenza stampa – gli atti ostili reiterati delle Forze israeliane contro la base 1.31 potrebbero costituire crimini di guerra e sicuramente sono gravissime violazioni del diritto internazionale”. “Questi incidenti sono intollerabili, devono essere accuratamente e decisamente evitati”, ha aggiunto. “Aprire il fuoco contro le forze di peacekeeping non puo’ mai essere tollerato o accettabile. Il casco blu indossato dalle forze dell’Onu deve essere sacrosanto”, gli ha fatto eco il primo ministro irlandese Simon Harris, precisando che nessun militare irlandese e’ stato coinvolto nell’attacco. Anche da Madrid, il ministro degli Esteri spagnolo Jose’ Manuel Albares ha espresso “ferma condanna” nei confronti di Israele: “Il governo esige che le parti rispettino le truppe dell’Unifil, la loro sicurezza deve essere garantita”.

Non c’e’ “alcuna giustificazione” per un atto cosi’ “inammissibile”, ha ribadito l’Alto rappresentante della Politica estera Ue, Josep Borrell. I ministri della Difesa di Francia e Italia, Sebastien Lecornu e Guido Crosetto, hanno concordato di convocare la prossima settimana una riunione dei Paesi che contribuiscono alla missione di pace nel sud del Libano (Francia, Italia, Spagna e Irlanda). Secondo quanto riferito dall’Unifil, stamane un carro armato Merkava ha sparato verso una torre di osservazione presso il quartier generale dell’Unifil a Naqoura, colpendola direttamente e facendo cadere due caschi blu che sono rimasti feriti non gravemente.

I soldati israeliani hanno anche aperto il fuoco sulla postazione 1-31 a Labbouneh, colpendo l’ingresso del bunker dove si erano rifugiati i peacekeeper e danneggiando veicoli e un sistema di comunicazione, mentre un drone e’ stato osservato volare fino all’ingresso del bunker. Gia’ ieri, i militari avevano deliberatamente sparato e disattivato le telecamere di monitoraggio perimetrale della postazione. Hanno anche deliberatamente sparato sulla posizione a Ras Naqoura, dove si tenevano regolari incontri tripartiti prima dell’inizio del conflitto, danneggiando l’illuminazione e una stazione di trasmissione. Nessun commento sull’incidente da Israele ma l’ambasciatore all’Onu, Danny Danon, ha espresso la “raccomandazione all’Unifil di spostare i caschi blu 5 km a nord per evitare pericoli mentre i combattimenti si intensificano e la situazione lungo la Linea Blu rimane instabile a causa dell’aggressione di Hezbollah”.

La richiesta e’ stata respinta. Intanto, duri combattimenti proseguono nel Libano meridionale. Secondo il ministero della Salute di Beirut, ci sono stati 4 morti e 17 feriti in raid dell’Idf nella regione della Beqaa, mentre l’Osservatorio siriano per i diritti umani ha reso noto che un attacco israeliano ha colpito una strada che collega Siria e Libano, un tentativo di tagliare le rotte di rifornimento di Hezbollah.

L’esercito israeliano ha annunciato l’uccisione nel sud del Paese dei Cedri di due comandanti del gruppo sciita filo-iraniano, Ahmad Mustaga Alhaj Ali, responsabile del lancio di centinaia di razzi e missili anticarro su Kiryat Shmona, e Muhammad Ali Hamdan, a capo dell’unita’ anticarro a Meiss Ej Jabal. Hezbollah da parte sua ha sostenuto di aver “distrutto un carro armato” israeliano che avanzava verso Ras al-Naqoura, distruggendolo e provocando vittime. Secondo il Wall Street Journal, la diplomazia Usa intende approfittare dell’offensiva militare israeliana per isolare politicamente Hezbollah nella regione e superare l’impasse politica in Libano con l’elezione del nuovo presidente, incarico vacante dalla fine del mandato di Michel Aoun nel 2022.

L’iniziativa di Washington ha il sostegno dell’Arabia Saudita, ma funzionari di Egitto e Qatar, che hanno svolto un ruolo chiave nei negoziati per il cessate il fuoco sia a Gaza che in Libano, considerano il piano americano irrealistico e persino pericoloso, perche’ potrebbe riaccendere lotte intestine in un Paese che ha sofferto una debilitante guerra civile conclusasi nel 1990. In serata e’ prevista in Israele una riunione del gabinetto di sicurezza per discutere del minacciato attacco all’Iran. Il tema e’ stato affrontato anche ieri nella telefonata tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente Usa Joe Biden. Intanto prosegue l’operazione delle truppe israeliane nel nord di Gaza, incentrata contro il campo profughi di Jabaliya e le vicine citta’ di Beit Hanoun e Beit Lahiya, e volta a impedire ad Hamas di riorganizzarsi. Secondo fonti mediche, almeno 130 persone sono state uccise in sei giorni.

Nel centro di Gaza, almeno 28 palestinesi, tra cui donne e bambini, sono stati uccisi e altri 54 feriti in un bombardamento israeliano su una scuola che ospitava sfollati a ovest della citta’ di Deir al-Balah. L’inchiesta dell’Onu guidata dall’ex Alto Commissario per i diritti umani, Navi Pillay – il cui rapporto sara’ presentato il 30 ottobre – ritiene che nella guerra contro Hamas nella Striscia, lo Stato ebraico si sia reso responsabile di “sterminio”, in particolare per l’attuazione di una politica concertata di distruzione del sistema sanitario locale.

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La risoluzione 1701 e le regole di ingaggio Unifil

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La Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu è stata approvata nell’agosto del 2006 durante l’allora round di guerra tra Hezbollah e Israele. Con questa risoluzione sono state definite anche le regole d’ingaggio dei caschi blu dell’Onu. Dopo aver chiesto, prima di tutto, la cessazione delle ostilità tra le parti e il ritiro delle forze israeliane dal sud del Libano, la risoluzione prevedeva – e prevede ancora oggi – il dispiegamento dell’esercito regolare libanese e il rafforzamento della missione militare Onu di interposizione (Unifil). Questa era stata creata già nel 1978 durante la prima invasione israeliana del sud del Libano.

La risoluzione 1701 prevede ancora oggi: – il rafforzamento di Unifil per sostenere il governo libanese nel garantire la sicurezza e impedire il ritorno delle ostilità; – il dispiegamento delle forze armate libanesi e il loro rafforzamento tramite la creazione di ‘model regiment’; – il disarmo – da parte dell’esercito libanese ma non da parte di Unifil – di gruppi armati non statuali, come Hezbollah, per garantire che solo lo Stato libanese mantenga il monopolio delle armi; – la necessità di garantire l’accesso umanitario e facilitare il ritorno degli sfollati a causa del conflitto.

Le regole di ingaggio di Unifil sono state decise in base al capitolo sesto della Carta dell’Onu (“risoluzione pacifica delle controversie”) e non secondo il capitolo settimo, che autorizza invece l’uso della forza. I caschi blu dell’Onu non possono ingaggiare con la forza né i soldati Hezbollah né quelli di Israele a parte alcune circostanze:

– i caschi blu possono usare la forza per autodifesa o per difendere altri membri del personale Onu sotto attacco. L’autodifesa comprende anche la protezione dell’equipaggiamento e delle infrastrutture Onu.

– in situazioni in cui i civili sono sotto minaccia imminente di violenza, Unifil è autorizzata a intervenire e usare la forza per proteggere la popolazione civile, in linea con il mandato Onu e le capacità operative della missione.

– i caschi blu possono assistere l’esercito libanese nel garantire la sicurezza e stabilità nella loro area operativa, ma devono sempre operare sotto il coordinamento e la guida del comando dell’esercito di Beirut, rispettando la sovranità libanese.

– le regole d’ingaggio prevedono che l’uso della forza debba essere sempre proporzionale alla minaccia percepita e limitato al minimo necessario per ottenere l’effetto desiderato. L’obiettivo è sempre quello di evitare l’escalation del conflitto e minimizzare i danni collaterali.

– le operazioni devono essere strettamente coordinate con le forze libanesi. Queste, di fatto, almeno fino a metà settembre scorso, sono sempre rimaste in stretto contatto con Hezbollah, tramite ufficiali di collegamento tra il Partito di Dio e l’intelligence militare libanese.

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Meloni fa asse con Macron e Sanchez: Israele si fermi

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Il rischio è che basti poco in Medio Oriente, perché il conflitto regionale possa sfociare assumendo una dimensione ancora più spaventosa. Timori di questo tenore sono stati condivisi al summit del Med9 di Pafo, dove Giorgia Meloni ha fatto asse con Emmanuel Macron e Pedro Sanchez per condannare gli attacchi dell’esercito israeliano alle truppe Unifil in Libano. “È inaccettabile e non deve più ripetersi”, l’avvertimento lanciato all’unisono dai leader di Italia, Francia e Spagna, e scritto nero su bianco in una dichiarazione congiunta. Per mettere ulteriore pressione a Israele non sono escluse telefonate ai massimi livelli con Benjamin Netanyahu nelle prossime ore.

Intanto da parte del presidente francese e dal primo ministro spagnolo arriva un altro avvertimento: “Bisogna cessare la vendita di armi a Israele, unica leva per mettere fine ai conflitti”. A 400 chilometri in linea d’aria da Gaza e ancor meno dal Libano, la polveriera mediorientale è il principale tema al tavolo del summit a Cipro, allargato alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e al re di Giordania Abdullah II Al-Hussein. Durante la foto di famiglia sul campo da golf del resort scelto come sede, non mancano sorrisi e pacche sulle spalle fra i leader, Meloni mima anche uno swing. Ma nei saloni del vertice i ragionamenti sono gravi. Molti si concentrano sull’atteggiamento di Israele e gli attacchi a Unifil. “Questi attacchi – il senso della dichiarazione di Italia, Francia e Spagna – sono ingiustificabili e dovranno finire immediatamente”. “Non lo tolleriamo e non vogliamo che ciò si ripeta”, chiarisce Macron. Meloni ha ribadito la condanna di atti “inaccettabili che violano la risoluzione 1701 dell’Onu”. Così Netanyahu rischia l’autoisolamento, si ragiona nel governo italiano, dove si sottolinea che Roma ha chiesto in tempi non sospetti la rimodulazione del mandato e delle regole di ingaggio della missione di pace dei caschi blu al confine fra Libano e Israele.

“Il contributo” della missione Unifil “alla cessazione delle ostilità sarà fondamentale”, si afferma nella dichiarazione congiunta dei tre Paesi, ma è chiaro che ogni scenario viene preso in considerazione, senza nascondere che nel Consiglio di sicurezza Onu il consenso unanime è un’impresa ardua per la presenza della Russia. Non è escluso se ne parli anche al Consiglio supremo di difesa, convocato al Quirinale il 23 ottobre alle ore 10. “Durante il G7 della Difesa – ha annunciato Meloni – prevediamo un’iniziativa per rafforzare le forze armate libanesi”. Privare di rifornimenti militari Israele è invece la linea scelta da Francia e Spagna, che hanno varato già l’embargo e chiedono al resto della comunità internazionale di fare altrettanto. “È l’unica leva per porre fine ai conflitti”, ha sostenuto Macron.

Davanti alla “violazione del diritto internazionale” per “l’invasione” del Libano”, “il governo spagnolo dallo scorso 7 ottobre non fa esportare qualsiasi tipo di arma o materiale militare in Israele, niente”, ha spiegato Sanchez a Roma, dove ha incontrato il Papa prima di volare a Cipro. Meloni su questo tema non si è espressa nelle dichiarazioni finali, in cui il premier spagnolo ha anche chiesto “coerenza” all’Unione europea su Israele: “Se non si rispettano il diritto internazionale e i diritti umani, elementi essenziali dell’accordo di associazione fra Unione Europea e Israele, c’è solo una strada: rivedere questi accordi”. In parallelo, leader e diplomatici lavorano sulla questione umanitaria: il sovrano giordano trova sostegno al suo piano per superare i colli di bottiglia che continuano a rallentare la distribuzione degli aiuti a Gaza. “Si tratta di una leadership estremamente importante e preziosa in tema di moderazione e ricerca della pace”, spiega Meloni, che nel bilaterale con Abdullah II ha accettato l’invito a recarsi “presto” ad Amman.

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Trump annuncia operazione Aurora per deportare i migranti

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“Operazione Aurora”: Donald Trump ha battezzato così ad Aurora, Colorado, la più grande deportazione di massa di migranti illegali che ha promesso in caso di vittoria. “Oggi annuncio che, una volta entrato in carica, avremo un’operazione Aurora a livello federale per accelerare le rimozioni di queste gang selvagge”, ha assicurato, evocando il ricorso all’Alien Enemies Act del 1798.

“L’invasione – ha aggiunto – verrà fermata. I voli dei migranti termineranno e l’app di Kamala per gli immigrati clandestini verrà chiusa immediatamente entro 24 ore. Quello stesso giorno inizieremo a trovare e deportare ogni singolo membro di una gang di immigrati clandestini dal nostro Paese. Li faremo uscire, sarà un’importante impresa nazionale”, annunciando l’impiego di squadre d’élite della polizia doganale, di frontiera e di altre forze dell’ordine federali.

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