E’ da un po’ di tempo che non mi occupavo più di bulimia da mostre “fotografiche”, dopo un paio d’anni, pensavo che l’argomento, di cui si era discusso, ampiamente, con posizioni contrastanti che poi man mano sono divenute, ragionevolmente vicine, avesse trovato un equilibrio che prima di tutto tutelasse la Fotografia, anzi, credevo, sbagliando evidentemente, che tutti, professionisti, amatori, appassionati, utenti, fruitori e prima di tutto istituzioni, avessero percepito, (capire forse è difficile, infatti speravo avessero percepito), la differenza che passa tra il rispetto della fotografia, tutta, sia essa praticata da professionisti o amatori e la smodata voglia di autodefinirsi fotografo/autore/artista per spiattellare al mondo, anche se limitato ai canali social, la capacità di premere il dito su di un pulsante di scatto. Certo, tutto può sembrare lecito, ma con i miei tre corsi di sopravvivenza in ambienti ostili (guerre, per chi non afferrasse il termine) ho imparato, anzi, mi hanno insegnato a rianimare un ferito grave, a fermare una emorragia da un’arteria femorale o omerale, a praticare massaggi cardiaci, a tamponare un buco di pallottola nel polmone, a ridurre una frattura scomposta e trasportare un ferito con le gambe sanguinanti e fratturate, nonché’ a muovermi in ambienti tossici e riuscire a disintossicare pazienti aggrediti da gas asfissianti. Pur con queste capacità, che in inglese vengono detti skills, io non mi sento e non mi arrogherei mai il diritto di dirmi Medico o almeno Infermiere, mentre invece, si assiste alla fiera del “fotografo” che proveniente da qualsiasi altra professione senza aver minimamente appurato le sue capacità e senza alcun ritegno e rispetto per coloro che questa professione la praticano, si arrogano il diritto di dirsi tali, proponendo tra l’altro mostre e esposizioni di indubbio, se non inesistente valore fotografico/artistico/autoriale. Le colpe, ovviamente chiamiamole con nome e cognome, le colpe, ovviamente non sono di chi, anche ingenuamente si propone come tale, ma di quelle istituzioni che dovrebbero tutelare il senso comune dell’arte e proporre ricerche che siano almeno conseguenze di scelte, vite e pensieri legati alla fotografia professionale o autoriale. Non si discute sulla possibilità di tutti a poter esporre e dichiarare il proprio pensiero, anzi, chi lavora in ambiti cosi strettamente particolari come la fotografia, è strenuo difensore dell’articolo 21 della nostra costituzione, ma ci si chiede il perché, tale diritto debba essere cosi ostentatamente sfoggiato in luoghi pubblici, chiedendosi, come ci si arriva ad esporre in una Galleria Principe Umberto, nel mezzo di due istituzioni quali il Museo Archeologico Nazionale e l’Accademia di Belle arti di Napoli, con una mostra dichiarata fotografica, ma che di fotografico ha ben poco, se non le stampe che evidentemente sono più semplici da realizzare rispetto ad una tela dipinta. Ci sarebbe bisogno, in questa città di un piano strategico che collochi la fotografia negli spazi che gli competono e che già internazionalmente abita. Un piano di intervento che valorizzi la fotografia abbandonando definitivamente la rincorsa alla visibilità temporanea basata su rabberciate mostre, molte delle quali autoprodotte. Ed è proprio sull’autoproduzione che le istituzioni cittadine hanno le più pesanti responsabilità, come il PAN, (Palazzo delle Arti a spese degli espositori) oramai quasi un ricettacolo di iniziative autoprodotte, con enorme danno per la qualità, ma prima di tutto della democrazia. L’usanza, la modalità, l’abitudine, la consuetudine di far esporre le proprie opere a coloro che possono pagare per le proprie mostre in un qualsiasi spazio e specialmente in quelli pubblici è quanto di più antidemocratico e classista che possa essere perpetrato alle spalle di chi invece non può, ma ne avrebbe ben più diritto ed è di fatto un attentato mortale all’arte. Non vale la regola del risparmio, come accampato da sempre dalle amministrazioni che non hanno e non conoscono il valore del lavoro, che si sono impettite, ribadendo sempre e vantandosi di non aver speso un euro per determinate mostre, ma un conto è trovare collezionisti, gallerie, privati, che prestano temporaneamente opere d’arte alle istituzioni per mostre o eventi, un’altra è far accedere a luoghi e spazi museali o cittadini coloro che possono pagarsi le stampe o le sculture che nel tempo libero dalle loro professioni riescono a produrre. Aprire una discussione con le amministrazioni che verranno è di fondamentale importanza per poter almeno definire le modalità di approccio e partecipazione, affinché non si ripetano le brutture finora viste e si vada verso una strategia democratica di esposizione delle opere autoriali, evitando di privilegiare solo chi ha la forza di impegnare e sprecare il proprio denaro per una effimera vanagloria
Giffoni, Italia – 23 luglio 2009. Fotografi alla 39a edizione del Giffoni Film Festival. Ph. Mario Laporta Ag. Controluce ITALY, Giffoni – Photographers during the 39th edition of Giffoni Film Festinal in Giffoni Valle Piana, near Salerno, south of Italy on July 23, 2009.
Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse,
Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES.
Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli.
Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli.
Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it
E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International.
Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.
Un tycoon delle criptovalute sta per mangiare la banana appiccicata alla parete di Maurizio Cattelan. Pagando 6,2 milioni di dollari da Sotheby’s, il collezionista Justin Sun, fondatore della piattaforma Tron, ha battuto altri sei concorrenti per una di tre edizioni dell’opera concettuale Comedian creata nel 2019 dall’artista padovano celebre in tutto il mondo per le sue provocazioni. Sun, che nella sua raccolta ha un Giacometti da 78 milioni comprato nel 2021, ha seguito l’asta da Hong Kong e pagato in criptovalute. Dopo aver messo le mani su Comedian ha fatto sapere che “nei prossimi giorni mangerà la banana come parte di questa unica esperienza artistica, onorandone il ruolo sia nella storia dell’arte che nella cultura pop”.
La banana in questione era stata acquistata poche ore prima dell’asta per 35 centesimi da un banchetto di frutta e verdura dell’Upper East Side: assieme al nastro adesivo grigio che l’attacca alla parete, deve essere sostituita regolarmente e questo fa parte del progetto di Cattelan che aveva inteso Comedian come una satira delle speculazioni del mercato: “Su che base un oggetto acquista valore nel sistema dell’arte?”, si era chiesto l’artista famoso per America, il water d’oro massiccio installato nel 2016 al Guggenheim. Piu’ di recente lo stesso Cattelan aveva aggiunto che “l’asta sara’ l’apice della carriera di Comedian. Sono ansioso di vedere quali saranno le risposte”.
Comedian aveva debuttato ad Art Basel Miami dove la galleria Perrotin ne aveva venduto le tre edizioni, due per 120 mila dollari e la terza per 150 mila, pagati da un anonimo acquirente che l’aveva poi donata al Guggenheim. Durante la fiera, l’artista delle performance David Datuna ne aveva mangiata una, costringendo Perrotin a chiudere lo stand prima del tempo. Un’altra banana era stata mangiata l’anno scorso da uno studente d’arte sudcoreano nel museo della fondazione Samsung a Seul: il giovane si era giustificato dicendo che “aveva fame”. Uno dei concetti alla base dell’installazione e’ che le sue parti devono essere continuamente rigenerate.
“Non è solo un’opera d’arte,” ha dichiarato Sun a Sotheby’s: “Comedian è un fenomeno culturale che collega i mondi dell’arte, dei meme e della comunità delle criptovalute e che ispirerà ulteriori discussioni in futuro”. Fatto sta che gia’ prima di essere messa all’asta, la banana è stata oggetto di attenzione quando, all’inizio di novembre, l’executive di Sotheby’s Michael Bouhanna ha lanciato anonimamente una criptovaluta ispirata a Cattelan e denominata $Ban.
Immediatamente accusato di aver usato informazioni riservate per guadagnare sull’aumento del prezzo del token, l’executive ha negato, dichiarando di aver “scelto di lanciarlo per hobby in modo anonimo”, senza associazioni quindi con il suo profilo personale. Due rivali di Sun all’asta di Sotheby’s avevano investito nella cripto di Bouhanna. Uno dei due, Theodore Bi, voleva comprare Comedian come dono per Elon Musk ma si era fermato alla soglia dei 2,5 milioni di dollari.
Dopo sei anni di chiusura, la Casa della Fontana Piccola di Pompei riapre al pubblico, rivelando nuovamente tutta la sua bellezza. Questo straordinario esempio di architettura pompeiana torna a incantare i visitatori con i suoi affreschi, i colori vividi e una fontana unica, simbolo dell’arte e della cultura dell’antica città.
Un esempio di eleganza pompeiana
La Casa della Fontana Piccola è un autentico capolavoro. I suoi affreschi murari, con il celebre rosso pompeiano, e le decorazioni ricche di dettagli, raccontano la vita e i costumi dell’epoca. Ma ciò che rende davvero speciale questa dimora è la fontana visibile già dall’ingresso. Si tratta di un’opera d’arte decorata con tessere di pasta vitrea e valve di mollusco, con un sistema che faceva sgorgare acqua dalla bocca di una maschera tragica in marmo e dal becco di un’oca tenuta da un amorino in bronzo.
Storia e particolarità della domus
Costruita unendo due abitazioni precedenti, la casa aveva due ingressi su via di Mercurio, simbolo dello stato sociale elevato dei proprietari. Danneggiata dal terremoto del 62 d.C., fu quasi completamente affrescata in IV stile pompeiano, pochi anni prima dell’eruzione del Vesuvio. Le pareti laterali del peristilio presentano paesaggi mozzafiato, tra cui una veduta di città marittima, un tema molto in voga nella decorazione di giardini.
Esplorata tra il 1826 e il 1827 dall’architetto Antonio Bonucci, direttore degli scavi, la casa sarebbe appartenuta a Helvius Vestalis, un pomarius (mercante di frutta), secondo un’iscrizione elettorale trovata sulla facciata.
I restauri e gli interventi strutturali
La casa è stata oggetto di importanti lavori di restauro per preservarne la struttura e garantirne la sicurezza. Tra gli interventi principali:
Rinforzo strutturale delle travi in calcestruzzo dell’atrio principale, utilizzando materiali innovativi come il fibrorinforzo (FRP).
Impermeabilizzazione dei solai per prevenire infiltrazioni.
Revisione delle coperture, inclusa quella del peristilio, per proteggere la casa dagli agenti atmosferici.
Le coperture, già restaurate nel 1971, sono state riportate all’altezza originaria per restituire l’antica volumetria della dimora.
L’iniziativa “Raccontare i cantieri”
Con la riapertura della Casa della Fontana Piccola, prende il via una nuova stagione di “Raccontare i cantieri”, giunta alla sua quarta edizione. Ogni giovedì, fino al 17 aprile 2025, i possessori della MyPompeii Card potranno visitare i cantieri di restauro in corso nel Parco Archeologico, iniziando proprio dalla Casa della Fontana Piccola.
Conclusione
La riapertura della Casa della Fontana Piccola rappresenta non solo un recupero storico di grande valore, ma anche un’occasione per riflettere sulla continua necessità di valorizzare e preservare il nostro patrimonio culturale. Un appuntamento imperdibile per tutti gli amanti della storia e dell’archeologia.
Il Gruppo del Gusto della Stampa Estera ha scelto L’Aquila per celebrare il 20° Premio dedicato all’eccellenza agroalimentare italiana, un traguardo prestigioso che quest’anno rende omaggio a Marino Niola, antropologo e divulgatore scientifico, nella categoria “Divulgatore dell’autenticità agroalimentare italiana”.
Il contributo di Marino Niola all’antropologia della gastronomia
Marino Niola (nella foto Imagoconomica in evidenza) , nato a Napoli nel 1953, è un antropologo della contemporaneità, noto per i suoi studi sulle pratiche devozionali, le trasformazioni culturali legate alla globalizzazione e, soprattutto, per il suo contributo alla comprensione dei riti e simboli della gastronomia contemporanea.
Docente all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Niola insegna discipline come Antropologia dei Simboli, Antropologia delle arti e della performance e Miti e riti della gastronomia contemporanea. È inoltre editorialista de La Repubblica, dove cura la rubrica “Miti d’oggi” sul Venerdì, e collabora con testate nazionali e internazionali come Il Mattino e Le Nouvel Observateur.
Tra i suoi numerosi saggi, si ricordano titoli come:
Si fa presto a dire cotto. Un antropologo in cucina (2009)
Homo dieteticus. Viaggio nelle tribù alimentari (2015)
Andare per i luoghi della dieta mediterranea (2017)
Mangiare come Dio comanda (2023).
Queste opere riflettono il suo impegno nel valorizzare la cultura alimentare italiana, esplorando le radici antropologiche e culturali che legano il cibo alle identità locali e nazionali.
Il Premio del Gruppo del Gusto
Il Premio del Gruppo del Gusto, giunto alla sua 20ª edizione, si propone di valorizzare e promuovere l’agroalimentare italiano a livello internazionale, grazie alla partecipazione di giornalisti esteri provenienti da 34 Paesi e 5 continenti. Marino Niola è stato selezionato per la sua capacità di divulgare l’autenticità e la tradizione agroalimentare italiana, combinando rigore scientifico e passione narrativa.
La cerimonia a L’Aquila
La premiazione si terrà sabato 23 novembre, alle ore 18, nella Sala ipogea del Consiglio Regionale d’Abruzzo, a L’Aquila. Durante l’evento, verranno premiate altre eccellenze del settore, tra cui:
Tenuta Vannulo (categoria “Esercizio legato all’alimentare da almeno 100 anni della stessa famiglia”);
Cooperativa Altopiano di Navelli (categoria “Consorzio/cooperative a difesa dei valori agroalimentari italiani”);
Associazione PIZZAUT (Premio speciale della giuria per l’inclusione lavorativa di giovani autistici).
L’importanza del riconoscimento
Il premio a Marino Niola sottolinea l’importanza di valorizzare le eccellenze italiane, non solo nella produzione agroalimentare, ma anche nella capacità di raccontare il legame profondo tra cibo, cultura e identità. L’impegno di Niola nel promuovere la dieta mediterranea e nel raccontare le tradizioni culinarie italiane lo rende una figura chiave nella diffusione internazionale del patrimonio enogastronomico italiano.
Grazie al suo lavoro, il professor Niola contribuisce a consolidare l’immagine dell’Italia come culla di tradizioni culinarie uniche e radicate nella storia. Questo premio rappresenta un ulteriore riconoscimento del suo ruolo cruciale come ponte tra antropologia, cultura e divulgazione enogastronomica.