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Festa a Como, la Serie A torna in riva al Lario

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Un’attesa lunga 22 anni, un ritorno che sa tanto di punto di partenza: il Como torna in Serie A. Col Cosenza negli ultimi 90 minuti di stagione basta un pari, perchè il Venezia perde e vai ai playoff. Al Sinigaglia, vestito a festa per l’occasione e anche alla presenza di Thierry Henry, la squadra di Roberts e Fabregas ottiene il pass per la serie A. Vano il tentativo di ribaltare l’epilogo del campionato da parte del Venezia, che contro lo Spezia si giocava la possibilità di annullare il -2 in classifica con cui aveva iniziato gli ultimi 90 minuti di gioco.

A Como hanno potuto così stappare lo spumante che avevano già messo in ghiaccio la scorsa domenica, quando la matematica certezza del ritorno in A è venuta meno per lo 0-0 al Braglia (trasferta interdetta ai tifosi lariani), proprio mentre il Venezia vinceva in pieno recupero contro la Feralpisalò e teneva vivo il sogno promozione. Con il pass per la massima categoria, il Como si guadagna il palcoscenico adeguato per le proprie possibilità e finanze, visto che l’indonesiana proprietà degli Hartono è la più ricca del panorama calistico italiano.

Ora l’ambizione, neanche a dirlo, è subito quella di affacciarsi a un posto europeo, sebbene la società non abbia fatto manifesti programmatici. Anche perché nel mentre c’è uno stadio da commisurare a tali ambizioni e nei prossimi giorni si saprà di più sull’eventuale realizzazione del nuovo impianto, moderno e al passo con le aspettative di una società che vuole esportare nel mondo il brand Como, legandolo indissolubilmente calcio e vetrina turistica. Nell’ipotesi in cui il nuovo Sinigaglia non si potrà fare, intervento di adeguamento della struttura esistente, con eventuale trasloco per poche partite a inizio campionato in un altro impianto, verosimilmente Parma. Sul campo, la cavalcata del Como è stata una progressione.

Tre le sconfitte nel 2024: quella interna con l’Ascoli a fine gennaio, con il 4-2-3-1, poi il 3-0 a Palermo una ventina di giorni dopo. Anche se a far saltare il banco sembrava poter essere lo scontro diretto, terza contro seconda, con la Cremonese del 9 marzo. Quel giorno, l’espulsione di Strefezza per fallo su Vazquez aveva lasciato in 10 il Como dopo 12′, Stroppa aveva fatto suo il 2-1 del novantesimo. Una doccia fretta, dopo che neanche una settimana prima il Como aveva vinto lo scontro diretto contro il Venezia con il medesimo risultato: prima del match, in 500 erano accorsi all’allenamento per sostenere la squadra in un momento cruciale. Tanto che da quello snodo di marzo, le cose non sono più peggiorate e dalla giornata 32 il Como è rimasto in pianta stabile al secondo posto, quello che vale la promozione diretta.

 

Eppure, uno dei momenti topici della stagione è destinato a essere la vittoria su Cittadella di giovedì 1 maggio: al minuto 71 veneti avanti con Pittarello. Verde riprende il risultato poco dopo e quando Roberts sta per mettere in campo Iannou, il Como ribalta tutto e ne cambia tre, sbilanciando in avanti la squadra. In pieno recupero, la rete di Goldaniga. A Catanzaro Iemmello faceva invece su rigore 3-2 al Venezia, offrendo ai comaschi il +4 in classifica e il primo match point. Prima del servizio vincente di questa sera.

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Derby di Milano ai Rossoneri: Milan trionfa 2-1 sull’Inter con Gabbia: Fonseca salvo

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Dopo sei derby consecutivi vinti dall’Inter, il Milan torna a vincere la stracittadina grazie a un colpo di testa nel finale di Matteo Gabbia. Un gol che non solo regala tre punti preziosi ai rossoneri, ma salva anche la panchina di Paulo Fonseca, tecnico portoghese che sembrava sull’orlo dell’esonero dopo un periodo difficile.

Fonseca ha stupito tutti schierando dall’inizio un audace 4-2-4, con Leao, Morata, Abraham e Pulisic in campo contemporaneamente. Una mossa rischiosa, ma che si è rivelata vincente, gettando le basi per una prestazione solida e convincente da parte del Milan. Se è vero che il colpo di testa di Gabbia è stato decisivo per il risultato, i rossoneri hanno meritato la vittoria nei 90 minuti, dimostrando maggiore compattezza e pericolosità rispetto ai cugini nerazzurri.

Il Milan è partito meglio, trovando il vantaggio dopo appena 10 minuti grazie a un gol di Christian Pulisic. L’americano ha rubato palla a Mkhitaryan a metà campo, scattando verso la porta senza che nessuno riuscisse a fermarlo, battendo Sommer con un tocco di punta.

Il gol subito ha svegliato l’Inter, che ha cercato di alzare il ritmo senza però trovare continuità nelle azioni. Tuttavia, alla prima disattenzione difensiva del Milan, l’Inter ha pareggiato: Lautaro Martinez ha trovato Dimarco libero in area, e il suo diagonale mancino ha riportato il risultato in parità.

Nel secondo tempo, il Milan è partito nuovamente forte, sfiorando il gol con Leao e Abraham, mentre l’Inter ha faticato a creare pericoli concreti. Quando il pareggio sembrava ormai il risultato definitivo, è arrivato il colpo di scena. Su una punizione dalla destra battuta da Reijnders, Gabbia è saltato completamente indisturbato, trovando la zuccata vincente che ha battuto Sommer e regalato al Milan il 2-1.

Nei minuti finali, l’Inter ha provato una reazione, ma senza convinzione. È stato invece il Milan ad andare vicino al terzo gol con Okafor, che ha calciato alto a tu per tu con Sommer. Al fischio finale, San Siro è esploso di gioia, con i tifosi rossoneri in festa e la squadra che ha celebrato sotto la curva, mentre l’Inter ha lasciato il campo a testa bassa.

Dopo sei derby a tinte nerazzurre, il Milan torna a colorare di rossonero la città e raggiunge i cugini in classifica, entrambi a -3 dal Torino, solitario capolista. Una vittoria che potrebbe rappresentare una svolta nella stagione del Diavolo e che rilancia le ambizioni di Fonseca sulla panchina milanista.

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Sinner, la morte della zia Margith. A lei aveva dedicato la vittoria agli Us Open

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Jannik Sinner continua a sorprendere il mondo del tennis, non solo per i suoi incredibili risultati, ma anche per la sensibilità e l’umanità che lo contraddistinguono. Dopo aver trionfato agli US Open, conquistando il suo secondo slam della carriera e del suo straordinario 2024, il giovane altoatesino ha dedicato il suo successo a una persona speciale: la zia materna, Margith Rauchegger, sorella di mamma Siglinde, scomparsa pochi giorni fa a soli 56 anni.

La dedica in mondovisione, subito dopo aver battuto in finale l’americano Taylor Fritz, aveva commosso tutti. Margith non era solo una parente per Jannik: aveva avuto un ruolo centrale nella sua infanzia, accudendo lui e il fratello Mark mentre i genitori lavoravano. Sabato, la donna è venuta a mancare, lasciando un vuoto profondo nella vita del numero uno al mondo.

Rientrato a Malpensa dopo il trionfo a New York, Sinner ha fatto ritorno a casa con un volo privato fino a Bolzano, seguito da un elicottero per Dobbiaco e infine un’auto. L’obiettivo non era solo riabbracciare i suoi genitori e il fratello Mark, ma soprattutto dare l’ultimo saluto all’amata zia Margith, colei che ha avuto un posto speciale nella sua crescita.

Nonostante il momento difficile, Sinner non smette di sorprendere. Arrivato a Pechino per il prossimo torneo, ha salutato in cinese, dimostrando ancora una volta la sua attenzione ai dettagli e il suo rispetto per le culture che incontra nel suo percorso sportivo.

Jannik Sinner non è solo un campione sul campo, ma anche un giovane uomo legato alle sue radici e ai suoi affetti, capace di emozionare il mondo intero con la sua semplicità e il suo cuore.

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Juric vince alla prima, ma Roma contestata all’Olimpico

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Friedkin, dirigenza e giocatori: la protesta del tifo giallorosso colpisce tutti e nemmeno la prima Roma di Ivan Juric basta ad attenuare una contestazione la cui escalation è cominciata con la cacciata di Daniele De Rossi. Perché è vero che i giallorossi conquistano la prima vittoria del campionato grazie al 3-0 contro l’Udinese, ma questo non risparmia i calciatori dai fischi anche a fine gara, quando la squadra si affaccia verso la Curva. A rubare la scena della partita è infatti quello che succede sugli spalti Ecco allora che dopo 58 sold out consecutivi nell’era Friedkin, arriva la prima vera manifestazione di dissenso contro la proprietà americana e a scatenare tutto, come detto, è l’esonero di De Rossi.

All’Olimpico c’è il culmine di una settimana di tensioni e che ha portato alle dimissioni di questa mattina della Ceo giallorossa, Lina Souloukou, oltre che alle proteste dei tifosi contro calciatori e società. E se il pullman con la squadra ‘dribbla’ gli ultras giallorossi fuori dallo stadio, la contestazione all’interno dell’impianto è inevitabile. La Curva Sud, come annunciato nei giorni scorsi, resta fuori per la prima mezz’ora, scioperando dal tifo, ma chi nel frattempo entra, fischia, anche copiosamente, tutta la squadra. Si salvano solamente Pisilli, Dybala ed El Shaarawy, unici applauditi, ma non Juric, arrivato da nemmeno una settimana nella Capitale.

Alla lettura delle formazioni i più bersagliati sono stati il capitano, Lorenzo Pellegrini, e Bryan Cristante, accompagnati da fischi e insulti anche durante tutto il resto della partita a ogni pallone toccato. A poco l’atteggiamento aggressivo, le verticalizzazioni, la capacita’ di mettere alle corde un’Udinese capolista e rivelazione di questo scorcio di campionato, e neanche il gol di Dovbyk dell’1-0 – buona verticalizzazione, sinistro da limite sul palo opposto – segnato con la Sud fuori dallo stadio. Sprazzi di Juric, insomma, ma il clima resta di aperta protesta contro la società. “Non rispettate i nostri valori e le nostre bandiere. Da oggi torniamo alle vecchie maniere”, è lo striscione che occupa i seggiolini della Sud durante la contestazione della prima mezz’ora. In un Olimpico surreale, senza dirigenti e con i Friedkin gia’ negli Usa, a Juric non resta che difendersi da solo, rimanendo l’unico a metterci la faccia.

All’intervallo, forte del vantaggio, prova a spronare la squadra, fischiata al rientro negli spogliatoi. Prende sottobraccio un Pellegrini scuro in volto, poi un ‘buffetto’ a Pisilli e un abbraccio con Dovbyk che anche nel secondo tempo è decisivo facendo partire l’azione che porta al rigore del raddoppio di Dybala. Nel secondo tempo c’è anche il tris giallorosso con la prima rete romanista di Baldanzi, entrato un minuto prima per Pellegrini, fischiato anche al momento della sua uscita come Cristante che nel finale lascia spazio a Hermoso.

Annullata per fuorigioco, invece, la doppietta di Dovbyk – fuga e scavetto – per il poker giallorosso con Juric che si ‘accontenta’ del 3-0 finale. Da ricucire, però, c’è il rapporto con la tifoseria che nonostante il risultato al triplice fischio ha fatto sentire il suo malcontento. Ora la Roma è ‘costretta’ a giocare le prossime due partite sempre in casa: giovedì in Europa League contro l’Atletico Bilbao e domenica in campionato con il Venezia.

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