I familiari dell’ambasciatore Luca Attanasio, ucciso in Congo nel febbraio del 2021 assieme al carabinieri Vittorio Iacovacci, non sono più parti civili nel processo a carico di Rocco Leone e Mansour Rwagaza, i due funzionari del Programma alimentare mondiale (Pam) accusati di omicidio colposo.
Ad apertura dell’udienza svolta a Roma venerdì, davanti al gup, ha preso la parola il legale del padre del diplomatico, Salvatore Attanasio, comunicando che i familiari, compresa la moglie Zakia Seddiki, hanno trovato un accordo per il risarcimento con il Pam e quindi escono dal processo.
Dal canto loro i familiari di Iacovacci, che non hanno accettato il risarcimento, restano parti civili nel procedimento che dovrà valutare eventuali mancanze nel sistema di sicurezza durante la missione nella quale morirono. Sulla decisione presa dai parenti di Attanasio è intervenuto il fratello di Iacovacci che ha ribadito: “Noi restiamo come parte civile nel processo perché vogliamo la verità su quanto accaduto”, ha commentato Dario Iacovacci, fratello del militare dell’Arma.
Nel corso dell’udienza sono state poi affrontate ulteriori questioni preliminari e in particolari i nodi legati alla giurisdizione e l’eventuale immunità diplomatica dei due imputati. Il gup ha quindi aggiornato il procedimento al prossimo 14 settembre quando la parola passerà al pm per la discussione. Attanasio e il militare dell’Arma che lo scortava vennero uccisi nel corso di un drammatico tentativo di rapimento. Un gruppo di banditi locali composto da almeno cinque persone bloccò il convoglio a bordo del quale viaggiava il nostro diplomatico. La banda, condannata all’ergastolo in Congo, chiese cinquanta mila dollari per ottenere il “lasciapassare”.
Soldi che non erano però nella disponibilità delle persone che erano a bordo delle jeep. Da qui il tentativo di rapimento finito tragicamente. Negli atti dell’indagine del procuratore aggiunto, Sergio Colaiocco, anche i verbali dei due indagati che hanno ricostruito quanto avvenuto a Goma. “Ho dato tutto quello che avevo, 300-400 dollari e il mio telefonino – ha raccontato agli inquirenti Leone -. Anche l’ambasciatore ha cominciato a togliersi le cose che aveva indosso, sicuramente il portafogli e forse l’orologio. Ho detto a Iacovacci di stare calmo e di non prendere la pistola, forse gliel’ha detto anche l’ambasciatore”.
Dal canto suo Rwagaza ha affermato che i banditi “hanno intimato di consegnare i soldi. Volevano 50 mila dollari, altrimenti ci avrebbero portati nella foresta e poi avrebbero chiesto un riscatto… ho detto a Rocco Leone che dovevamo cooperare per evitare che ci sparassero”.