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Cronache

Falso rischio di trombosi in ospedale, lo studio “Aurelio” pubblicato sulla rivista “Majo Clinic Proceedings”

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Falso rischio di trombosi in ospedale: la terapia preventiva con anticoagulanti, oggi largamente utilizzata con costi notevoli per il Servizio sanitario nazionale, e’ cioe’ utile solo nel 2% dei pazienti. L’indicazione, in controtendenza, arriva dallo studio italiano ‘Aurelio’ pubblicato sulla rivista Majo Clinic Proceedings e condotto su 1.170 pazienti ricoverati nei reparti di otto ospedali universitari italiani. Lo studio e’ coordinato da Francesco Violi, ordinario di Medicina Interna all’Universita’ Sapienza di Roma e presidente del Collegio dei Docenti Universitari di Medicina Interna e Lorenzo Loffredo, associato di Medicina Interna alla Sapienza. La terapia anticoagulante prescritta per prevenire la trombosi venosa profonda – ovvero la formazione di coaguli di sangue nelle vene delle gambe che puo’ dare origine a embolia polmonare – non e’ dunque necessaria, rileva lo studio, e non incide in maniera significativa sul rischio di malattia. La probabilita’ di sviluppare una trombosi durante un ricovero per una malattia acuta non aumenta infatti di otto volte, come si temeva finora, ma e’ di appena lo 0.25%, anche senza profilassi. Tuttavia, precisa Violi, “circa il 2% dei pazienti ha gia’ la malattia al momento del ricovero ma non lo sa e deve essere percio’ individuato, perche’ in questi casi la terapia anticoagulante preventiva e’ invece indispensabile”. Il punto e’ che stare fermi in un letto d’ospedale per giorni e giorni aumenta il rischio che si formino coaguli di sangue nelle vene, di solito delle gambe, e la trombosi venosa profonda e’ molto temuta durante i ricoveri perche’ i coaguli possono poi staccarsi e andare fin nei polmoni, provocando una grave embolia. Proprio per ridurre il rischio, da venti anni si prescrivono ai degenti terapie anticoagulanti. Ora pero’, per la prima volta, uno studio dimostra che questa e’ una precauzione inutile che rischia invece di esporre al pericolo di effetti collaterali, come le emorragie, a fronte di un rischio di trombosi pari, appunto, ad appena lo 0.25% durante il ricovero per una malattia acuta, come ad esempio la polmonite. Lo studio boccia pertanto le terapie anticoagulanti a tappeto a tutti i pazienti, che gravano pesantemente sulla spesa sanitaria, rappresentando il 4,5% dei costi totali di ospedalizzazione, con un costo medio di 373 euro per paziente. La trombosi venosa profonda e’ la terza malattia cardiovascolare piu’ comune in Italia dopo infarto e ictus ed ogni anno si registrano 150/200 nuovi eventi per 100mila abitanti e 70/100 ricoveri per embolia polmonare. Inoltre circa il 15/20% dei casi riguarda pazienti con tumore. La ricerca, spiega Violi, “ha pero’ dimostrato che il tasso di sviluppo della trombosi durante la degenza e’ pressoche’ nullo e che la terapia profilattica a tappeto non e’ necessaria. Tutto cio’ conferma tuttavia l’importanza di una valutazione dell’eventuale presenza di trombosi venosa profonda al momento del ricovero attraverso ecocolordoppler per sottoporre a un’adeguata terapia solo chi puo’ trarne i maggiori benefici. D’altro canto la cura, che e’ comunque gravata da effetti collaterali come un incremento del rischio di emorragie – conclude l’esperto – non trova giustificazione in chi non ha gia’ segni di trombosi”.

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Il caso di Chiara Petrolini e dei bambini sepolti in giardino: tutte le ombre su una tragedia

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Chiara Petrolini, 21 anni, è al centro di un’inchiesta che ha sconvolto la piccola comunità di Traversetolo, accusata di aver ucciso i suoi due neonati appena partoriti e di averne occultato i cadaveri. Gli eventi risalgono al 12 maggio 2023 e al 7 agosto dello stesso anno, date in cui la giovane babysitter avrebbe messo fine alle vite dei figli, nascosti sotto la sua finestra. La vicenda, dai contorni tragici e controversi, ha sollevato numerosi interrogativi.

Le amiche e il silenzio del gruppo

Chiara e le sue amiche del cuore, unite anche sui social, sembravano inseparabili. Le tre ragazze condividevano tutto, tanto da avere persino una pagina Facebook comune. Tuttavia, nessuna di loro ha colto segni della gravidanza o del profondo malessere che Chiara stava vivendo. «Se ci fossimo accorte di qualcosa, l’avremmo aiutata», raccontano le amiche, scosse e sconvolte da quanto accaduto. La stessa cosa vale per il fidanzato, con cui Chiara continuava ad avere una vita apparentemente normale, usciva, beveva, parlava del ciclo mestruale come se nulla fosse.

L’accusa e l’ombra della perizia psichiatrica

Chiara è accusata di omicidio premeditato e soppressione di cadavere. Giovedì avrà la possibilità di esporre la sua versione dei fatti al giudice, anche se potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere, assistita dall’avvocato Nicola Tria. La difesa, nel frattempo, potrebbe richiedere una perizia psichiatrica per valutare lo stato mentale della giovane, cercando di gettare luce sui tanti punti oscuri di questa storia.

Il ruolo dei genitori e il movente

Secondo la Procura, i genitori di Chiara non erano a conoscenza delle gravidanze. In un’intercettazione, la madre chiede alla figlia, dopo il parto del 7 agosto, se l’emorragia dell’anno precedente fosse stata causata da un altro parto, un indizio che evidenzierebbe il completo disorientamento della famiglia. Il padre, invece, si accontenta della spiegazione di un ciclo abbondante e consegna i tappeti insanguinati alla moglie, che li lava senza fare ulteriori domande.

Ma qual è il movente che ha spinto Chiara a compiere questi atti? La giovane ha dichiarato di temere il giudizio dei genitori e del fidanzato, ma resta da capire se questo possa realmente spiegare la tragica scelta di togliere la vita ai suoi figli. Chiara viene descritta come una ragazza solare e sorridente, ma forse viveva un disagio interiore che nessuno è riuscito a percepire.

I misteri sui parti

Uno dei punti più oscuri riguarda le condizioni dei neonati al momento della nascita. Chiara sostiene che entrambi i bambini siano nati morti, ma gli esami indicano che il secondo figlio, nato il 7 agosto, era vivo e sarebbe morto per shock emorragico. Inoltre, i due corpi sono stati seppelliti in modo diverso: il secondo ben nascosto in giardino, mentre il primo solo superficialmente coperto con uno strato di terra. È possibile che Chiara volesse essere scoperta per mettere fine alle bugie?

Il viaggio negli USA e le ricerche online

Poco prima del secondo parto, Chiara si era recata in viaggio negli Stati Uniti con i genitori. Al suo ritorno, ha dichiarato di aver raccontato loro della gravidanza, ma resta da capire se davvero non fosse consapevole del mese di gestazione o se, come ipotizza la Procura, avesse già pianificato di sopprimere il figlio. Nel periodo precedente al parto, infatti, la ragazza ha effettuato diverse ricerche online legate al travaglio, un dettaglio che secondo gli inquirenti indicherebbe l’intenzione premeditata di mettere fine alla vita del neonato.

Un caso che scuote e interroga

La vicenda di Chiara Petrolini ha lasciato una ferita profonda nella comunità di Traversetolo e continua a sollevare domande inquietanti. Come è possibile che nessuno, nemmeno le persone a lei più vicine, si sia accorto del dramma che stava vivendo? Quali sono le vere motivazioni dietro questi terribili atti? E soprattutto, si poteva evitare questa tragedia? Mentre la giustizia cerca di fare chiarezza, il caso di Chiara Petrolini rimane un doloroso mistero che segnerà a lungo non solo la sua vita, ma quella di tutta la comunità.

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Cronache

Gratteri: i magistrati oggi ai minimi storici di credibilità

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“Noi magistrati oggi siamo ai minimi storici di credibilità, perché abbiamo fatto degli errori”. Lo ha detto il procuratore del Tribunale di Napoli, Nicola Gratteri, intervenuto alla seconda edizione di Capri d’autore, la rassegna culturale curata da Valentina Fontana e Gianluigi Nuzzi, e organizzata da Vis factor. Secondo Gratteri si sarebbe dovuto far dimettere i componenti del Csm “perché sul caso Palamara bisognava lanciare il messaggio alla gente che si stava voltando pagina, che si faceva un taglio netto. Non è stato fatto, con il risultato che è passato il messaggio che si voleva tutelare una corporazione che non voleva lasciare la poltrona. E questo ci ha reso più deboli, anche perché le correnti all’interno della magistratura sono ancora tante”.

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Boccia indagata, perquisita la casa di Pompei: sequestrati telefono, pc, occhiali smart e altri supporti

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La procura di Roma ha disposto la perquisizione domiciliare, il sequestro del telefono cellulare e l’acquisizione di materiale informatico nei confronti di Maria Rosaria Boccia dopo la denuncia dell’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. L’attività istruttoria, anticipata da ‘Dagospia’, è stata confermata. Le indagini sono curate  dai Carabinieri del nucleo investigativo di Roma. Boccia è stata iscritta nel registro degli indagati, come scritto oggi da ‘Repubblica’.

In base a quanto si apprende la perquisizione è stata svolta nell’abitazione dell’imprenditrice a Pompei. Gli inquirenti avrebbero trovato in casa anche gli occhiali smart, utilizzati in passato da Boccia per effettuare una serie di filmati anche all’interno della Camera dei deputati. Quanto posto sotto sequestro verrà adesso analizzato dai carabinieri che hanno ricevuto la delega dai pm di piazzale Clodio.

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