Collegati con noi

Cronache

Faida dopo lite tra ragazzine, donna dà fuoco a 26enne

Pubblicato

del

Prima le telefonate poi i messaggi, gli insulti sul cellulare fino alla rissa tra donne davanti casa. E’ l’escalation di uno scontro tra due ragazzine che a Catania si contendevano un fidanzatino, uno scontro che poi ha coinvolto anche le due famiglie ed è finito in una rissa tra adulte. A farne le spese una 26nne addosso alla quale una donna, forse la madre di una delle due ragazzine, ha gettato del liquido infiammabile dandole fuoco e procurandole ustioni al volto, al collo, alle braccia e al torace. Una sua familiare nel tentativo di soccorrerla e di spegnere le fiamme si è ustionata le mani. Le due donne sono state portate con ambulanze del 118 al pronto soccorso dell’ospedale Garibaldi Centro, ma la 26enne, per la gravità delle ferite riportate, è stata subito trasferita all’ospedale Cannizzaro dove è stata presa in cura da medici del Centro ustioni e, dopo le prime cure, è stata ricoverata con la prognosi riservata nel reparto di Rianimazioni.

Le sue condizioni, con ustioni sul venti per cento del corpo, sono gravi, ma, al momento, non è considerata in pericolo di vita. Sul caso indaga la squadra mobile della Questura. Al centro dell’aggressione, secondo una prima ricostruzione, ci sarebbe un ragazzino conteso tra due minorenni. Una lite che ieri è salita di tono, con insulti tra le due contendenti che sono cresciuti di livello fino a scambi di vere e proprie minacce. Poi la volontà di un confronto non solo telefonico subito degenerato in una vera e propria faida dove gli adulti, anzichè calmare gli animi, sono passati alle vie di fatto. Due famiglie contrapposte entrambe con legami con ambienti criminali di Catania.

All’appuntamento chiarificatore, sotto casa di una delle due minorenni, una parte pretende le scuse per gli insulti telefonici ed anche un passo indietro nella competizione sul fidanzatino. Il confronto in strada prima è solo verbale, seppur violento, poi arrivano le minacce che ben presto diventano tragici fatti: una donna, sembra la madre della ragazzina che era andata a chiedere conto e ragione per il trattamento riservato alla figlia insultata al telefono, getta benzina addosso ad una ragazza del ‘clan’ rivale e le dà fuoco. La vittima era per caso dai parenti, non era neanche l’obiettivo della vendetta e forse aveva tentato di fare da paciere cercando di smorzare i toni.

La ricostruzione sulla dinamica e sulle persone coinvolte trapela da indiscrezioni, perché gli investigatori non forniscono una versione ufficiale: “non possiamo confermare né smentire alcunché, ci sono indagini in corso”, si limitano a dire, anche perché la Procura di Catania, che ha aperto un’inchiesta, ha imposto il massimo riserbo sulle attività in corso. Ma è certo che un faro della polizia è acceso sulla madre di una delle due ragazzine, quella che si è recata a casa della rivale. Secondo una prima ricostruzione sarebbe stata lei a gettare il liquido infiammabile sulla 26enne, parente, pare una cugina, dell’altra minorenne. Ma accertamenti sono in corso anche su un’altra donna, sempre parente della ragazzina. In questura si ascoltano i testimoni per stabilire dinamica e responsabilità.

Da accertare anche l’eventuale premeditazione. Con un focus sulla bottiglia di benzina: chi l’ha comprata e quando? Ed era previsto il suo uso, o doveva servire a scopo intimidatorio? Domande alla quale la squadra mobile potrebbe cercare di dare una risposta analizzando anche i video di sistemi di sorveglianza di alcune aree di servizio della zona. Nel quartiere della faida pochi hanno voglia di parlare. Qualcuno in un primo momento aveva attribuito l’aggressione ad una lite scoppiata tra le due famiglie per un contrasto tra ragazzini durante una partita di pallone in cortile. (

Advertisement

Cronache

Mostro di Firenze, riesumati i resti di Francesco Vinci

Pubblicato

del

Lo dirà tra 90 giorni l’esame del Dna se i resti riesumati in un cimitero di Montelupo Fiorentino sono veramente di Francesco Vinci, una figura chiave nella cosiddetta “pista sarda” sui delitti sul mostro di Firenze. L’operazione è stata ordinata dalla procura di Firenze. Ma solo dopo che la vedova Vitalia Melis e i figli avevano chiesto, in via autonoma, la riesumazione del cadavere per sapere se il corpo dell’uomo trovato ucciso, incaprettato e carbonizzato nel bagagliaio di un’auto nell’agosto 1993, nella campagna di Chianni (Pisa) fosse veramente quello del loro congiunto. Poco dopo l’alba, nel cimitero, chiuso al pubblico, ufficialmente per lavori, oltre ai carabinieri sono arrivati le due pm Ornella Galeotti e Beatrice Giunti, e Sergio Vinci, uno dei figli della vittima.

L’urna coi resti è stata poi portata all’istituto di Medicina legale di Firenze, dove già nei prossimi giorni saranno esaminati dagli esperti incaricati dalla procura – il medico legale Martina Focardi e il genetista Ugo Ricci – e i consulenti nominati da Vitalia Melis, il genetista forense Eugenio D’Orio e il medico legale Aldo Allegrini. Dovranno estrarre il Dna poi da confrontare con quello dei familiari. “Vitalia Melis ha il forte sospetto che il marito sia ancora vivo — spiega il criminologo e investigatore privato Davide Cannella, che assiste i familiari di Vinci — Racconta di aver visto Francesco che da un’auto la salutava con un cenno della mano. Questo avveniva qualche giorno dopo la scoperta della morte del marito. Andò dai carabinieri, ma la cosa non ebbe seguito”. E aggiunge: “Vitalia è sempre stata la detentrice dei segreti del marito e afferma di aver avuto, negli anni, segnali inequivocabili della sua esistenza in vita”.

“La procura – prosegue – si è mossa con rapidità ammirevole: vuol dire che c’è interesse a capire di chi siano veramente quei resti. Per i nostri consulenti sarà impresa ardua rilevare il dna. Ma è come per la schedina, bisogna sempre tentare”. Insieme al fratello Salvatore Vinci, Francesco fu al centro della “pista sarda” sugli omicidi delle coppiette, a partire dall’omicidio dei due amanti Barbara Locci e Antonio Lo Bianco nel 1968 nelle campagne di Lastra a Signa, uccisi con la pistola Beretta calibro 22. Stefano Mele, marito della donna accusò i due fratelli Vinci, amanti della moglie, ma alla fine fu condannato non solo per il duplice omicidio ma anche per aver calunniato i Vinci. L’arma non fu ritrovata. Ma fu utilizzata nel 1974 in occasione dell’omicidio di Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini a Borgo San Lorenzo. Nel 1982 Francesco Vinci fu arrestato sospettato di essere il mostro. Ma mentre era in carcere, nel 1983 il killer delle coppiette torno a uccidere, lasciando a terra due ragazzi tedeschi. E per lui cadde ogni accusa. Dieci anni più tardi venne attribuito a lui il cadavere, carbonizzato, ritrovato insieme a quello dell’amico Angelo Vargiu, suo servo pastore. I corpi erano nel bagagliaio dell’auto di Vinci, data alle fiamme nelle campagne di Chianni.

Continua a leggere

Cronache

Gli abusi in Belgio. Il Papa, ‘vergogna, chiedo perdono’

Pubblicato

del

La ‘bomba’ della pedofilia nella Chiesa in Belgio esplode il primo giorno della visita di Papa Francesco. Il viaggio a Bruxelles era nato per celebrare i 600 anni dell’Università di Lovanio e per mettere in evidenza il ruolo di un Paese piccolo ma allo stesso tempo centrale in Europa, anche per costruire vie di pace, in questo frangente così “vicino alla guerra mondiale”, come ha detto oggi il Papa. Ma era impossibile ignorare che in Belgio la Chiesa nei decenni passati si è macchiata di terribili delitti contro i più piccoli. “Sono stati orribilmente feriti, segnati per la vita”, ha sottolineato oggi Il Re dei belgi, Philippe, nel suo discorso davanti al Papa nel maestoso Palazzo di Laeken. Il premier Alexander De Croo ha lanciato un messaggio ancora più forte: “non basta parlarne”, “bisogna fare dei passi concreti, bisogna fare tutto il possibile”. “Lei ha il diritto di sapere la verità su questi reati – ha detto rivolgendosi direttamente al Pontefice ma parlando davanti alle autorità del Paese – che vanno portati alla luce. Bisogna arrivare alla giustizia”.

Il Papa non si nasconde. Parla di una “Chiesa santa e peccatrice” ma dice, senza inutili giri di parole, che “questa è la vergogna! La vergogna che oggi tutti noi dobbiamo prendere in mano e chiedere perdono e risolvere il problema: la vergogna degli abusi, degli abusi sui minori”. Cita anche Erode e la strage dei bambini: “Ma oggi – sottolinea riportando l’attenzione al presente – nella Chiesa c’è questo crimine; la Chiesa deve vergognarsi e chiedere perdono e cercare di risolvere questa situazione con l’umiltà cristiana. E mettere tutte le condizioni perché questo non succeda più”. E se qualcuno dice che la pedofilia c’è anche in altri ambienti, il Papa non arretra nel suo ‘mea culpa’: “Un caso solo è sufficiente per vergognarsi! Nella Chiesa dobbiamo chiedere perdono di questo; gli altri chiedano perdono per la loro parte. Questa è la nostra vergogna e la nostra umiliazione”.

Il Belgio è da anni scosso da questa piaga: sono oltre mille le denunce finite nel dossier della Commissione parlamentare alla quale hanno collaborato anche i vescovi. Papa Francesco ha dato un segnale dimettendo allo stato laicale, a marzo di quest’anno, il vescovo emerito di Bruges, Roger Vangheluwe, 87 anni, che quando parlava degli abusi nei confronti del nipote si schermiva replicando che si trattava di “una relazione”. Non solo abusi. Il Belgio ancora soffre per le adozioni forzate: nei decenni passati, tra gli anni ’50 e ’70, sarebbero stati 30mila i neonati sottratti alle loro madri perché non sposate. A mediare erano spesso gli istituti religiosi per le generose donazioni che ricevevano da parte delle famiglie che adottavano. “Sono stato rattristato” per questa notizia, ha detto il Papa sottolineando che “in quelle spinose storie si mescolò l’amaro frutto di un reato e di un crimine”.

In serata Papa Francesco ha incontrato in Nunziatura 17 persone, vittime di abuso da parte di membri del clero in Belgio. Nel corso dell’incontro, durato più di due ore, “i partecipanti – riferiscono dal Vaticano – hanno potuto portare al Papa la propria storia e il proprio dolore ed espresso le proprie attese riguardo l’impegno della Chiesa contro gli abusi. Il Papa ha potuto ascoltare e avvicinarsi alla loro sofferenza, ha espresso gratitudine per il loro coraggio, e il sentimento di vergogna per quanto da loro sofferto da piccoli a causa dei sacerdoti a cui erano affidati, prendendo nota delle richieste a lui rivolte per poterle studiare”.

Continua a leggere

Cronache

Bambina ingerisce marijuana, é in coma farmacologico

Pubblicato

del

Una bambina di due anni é in coma farmacologico, nell’ospedale Annunziata di Cosenza, dove é stata ricoverata dopo aver ingerito, per cause da accertare, della marijuana. Sul caso ha avviato indagini la Squadra mobile. La piccola é stata portata in ospedale dai genitori: hanno riferito ai sanitari del pronto soccorso di essersi allarmati dopo che la figlia non rispondeva più agli stimoli. I sanitari, dopo avere allertato il posto fisso della polizia, hanno eseguito gli esami tossicologici sulla bambina. La polizia ha perquisito la casa dei genitori. Il padre della bambina ha precedenti e si trova per questo agli arresti domiciliari.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto