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Faccia-faccia Salvini-Draghi, abbassare i toni

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Il momento e’ delicato, la bilancia delle misure anti-Covid, con la variabile delle varianti ormai in Italia, va equilibrata con la massima attenzione. E lo stesso equilibrio e’ opportuno anche nei toni della politica. E’ sostanzialmente questo il ragionamento che il premier Mario Draghi avrebbe fatto a Matteo Salvini, si racconta in ambienti politici, in un faccia a faccia a Palazzo Chigi voluto dallo stesso presidente del Consiglio. Al quale il leader leghista ha risposto confermando la serieta’ dell’approccio del suo partito ai dossier legati all’emergenza Covid, auspicando contestualmente chiarezza da parte del Comitato tecnico scientifico per garantire decisioni bilanciate da parte del governo. E’ una giornata in gran parte legata all’emergenza Covid, quella del premier. Il capo del governo, in vista della scadenza del Dpcm, in 5 marzo, non si discosta dalla linea della prudenza: quella di essere pronti ad una stretta se e laddove necessario. E’ lo stesso format del vertice serale a Palazzo Chigi a tracciare, almeno parzialmente, la linea che terra’ il capo del governo. Alla riunione sono presenti i ministri competenti e quelli rappresentanti delle forze di maggioranza – Daniele Franco, Roberto Speranza, Stefano Patuanelli, Giancarlo Giorgetti, Dario Franceschini, Elena Bonetti, Maria Stella Gelmini – e i tre rappresentanti della task force degli esperti, Agostino Miozzo, Franco Locatelli e Silvio Brusaferro. Ad un certo punto, dopo l’illustrazione scientifica dei dati epidemiologici, il vertice prosegue solo con i ministri. Dando anche alla politica lo spazio e la responsabilita’ delle decisioni. Il governo, prima di mettere nero su bianco le nuove misure – in un Dpcm o forse con un decreto legge ad hoc che dia piu’ spazio quindi al Parlamento – attendera’ la fotografia della pandemia in Italia di venerdi’. Il trend, comunque, va in una direzione opposta a quello delle riaperture, anche se parlare di lockdown o di zona arancione nazionale e’ prematuro. “Draghi non e’ aperturista o rigorista, ci ha ascoltati con attenzione”, spiega Miozzo a margine della riunione. I prossimi giorni saranno decisivi. Anche perche’ ad ogni mancata riapertura il governo sara’ chiamato a “conteggiare” i corrispondenti ristori. E l’inizio della settimana prossima potrebbe essere quello del Cdm per il decreto economico. Un dl corposo che coinvolgera’ diverse categorie produttive e che non potra’ che risentire degli ultimi aggiornamenti sulla situazione pandemica. E’, insomma, il momento del pragmatismo e dell’equilibrio. Ed e’ anche questo uno dei temi che Draghi affronta con Salvini nel faccia a faccia della mattinata. Ambienti di governo spiegano come il premier abbia esposto al leader della Lega – tra i “piu’ attivi” nelle dichiarazioni aperturiste nei primi giorni del governo – un generale invito alla prudenza anche perche’ le problematiche sono piu’ complesse rispetto a quelle registrate da alcuni settori della politica. Salvini ha assicurato massima serieta’ e attenzione al dossier, sottolineando l’esigenza di indicazioni chiare e puntuali da parte del Cts. Il leader della Lega, spiegano fonti del partito, si e’ detto d’accordo su restrizioni circoscritte laddove i contagi raggiungano numeri preoccupanti ma ha spiegato di ritenere ragionevole l’apertura controllata di bar e ristoranti laddove il virus e’ meno aggressivo. I toni, continuano fonti della Lega sono stati cordiali e collaborativi. E a Palazzo Chigi, spiegano sempre fonti dell’esecutivo, pare abbiano apprezzato i toni usati da Salvini dopo il vertice. Di Covid, e soprattutto di vaccini, Draghi ha parlato anche alla videocall i vertici europei, Angela Merkel, il premier portoghese Antonio Costa, e quello greco, Kiriakos Mitsotakis, organizzata in vista del Consiglio Ue. “Nessuno si salva da solo”, e’ il messaggio che Draghi avrebbe inviato agli alleati europei che hanno, tutti, posto l’accento sulla necessita’ di una campagna vaccinale su scala europea che sia ampia e che rispetti i vincoli di contratto che le case farmaceutiche hanno sottoscritto. Ma nel governo si pensa gia’ al piano B, ovvero all’accelerazione della produzione dei vaccini in Italia con accordi ad hoc tra le aziende nazionali e i proprietari dei brevetti. Non sara’ facile e non sara’ rapido ma, per il governo, e’ opportuno ora giocare d’anticipo, spiega piu’ di una fonte ministeriale.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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