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Ex modella e cecchino, brasiliana muore a Kharkiv

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 Nell’ultimo video postato su Tik Tok appare in mimetica, su un’auto con un amico militare, seduta sotto la bandiera ucraina, in posa sorridente, capelli lunghi, occhi grandi azzurri. E sono le immagini definitive di Thalita Do Valle, ex modella brasiliana di 39 anni, diventata tiratore scelto in Iraq, che aveva deciso di combattere a fianco degli ucraini: la sua vita e’ finita in un bunker a Kharkiv colpito dai missili russi. E’ morta asfissiata tra le macerie del rifugio crollato sotto le cannonate, e con lei se n’e’ andato anche Douglas Burigo, volontario quarantenne che ha cercato di salvarla a ogni costo. Thalita era arrivata in Ucraina verso i primi di giugno, raccontava l’esperienza della guerra sul suo canale YouTube. Aveva un passato da volontaria per organizzazioni non governative ed era stata nel Kurdistan iracheno assieme ai combattenti curdi durante il periodo della guerra contro lo Stato islamico. Li’, raccontava, era stata addestrata dai curdi all’uso delle armi, era diventata un tiratore scelto, un cecchino. Esperienza che aveva portato in Ucraina dove forniva copertura ai battaglioni di Kiev contro le truppe russe. La vita di Thalita si e’ fermata il 30 giugno a Kharkiv, seconda citta’ ucraina per numero di abitanti nell’Est del Paese, che dopo mesi di bombardamenti russi si e’ svuotata di due terzi dei suoi abitanti. In quell’avamposto senza pace, dove ci si muove come fantasmi inseguiti dagli allarmi antiaerei, con gli edifici residenziali e le universita’ attaccati e saccheggiati di continuo, la giovane combattente di San Paolo era arrivata solo tre settimane prima. La sua morte e’ stata confermata dalla famiglia. “Ci sono stati attacchi russi e il battaglione e’ stato diviso, i soldati sono rimasti separati gli uni dagli altri. Thalita si e’ rifugiata nel bunker, e’ morta per asfissia, non e’ stata colpita dalle schegge”, ha raccontato il fratello Theo Rodrigo Vieira, aggiungendo che lei mandava messaggi dal fronte praticamente ogni giorno, lavorava sia come soccorritrice che come tiratore scelto. Lei non era l’unica cittadina del Brasile approdata in Ucraina: tra i combattenti arrivati da tutto il mondo per stare al fianco dell’esercito di Kiev contro i russi c’e’ anche un contingente di brasiliani, che ha raggiunto il Paese fin dal mese di marzo. Thalita e Douglas facevano parte del gruppo che si fa chiamare ‘Cobras Fumantes”, citazione storica che si riferisce ai brasiliani che si offrirono come volontari per combattere con gli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale. Il nome di Thalita Do Valle adesso e’ entrato nella lista dei migliaia che non torneranno a casa. Le foto della sua gioiosa energia, portata in guerra come la bandiera della vita, resteranno nella memoria di chi le ha viste.

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Attacco di Hezbollah in Libano, feriti quattro militari italiani della missione UNIFIL

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Quattro militari italiani impegnati nella missione di pace UNIFIL in Libano sono rimasti feriti a seguito di un attacco alla base situata nel sud del Paese. Fonti governative assicurano che i soldati, che si trovavano all’interno di uno dei bunker della base italiana a Shama, non sono in pericolo di vita. Le autorità italiane e internazionali hanno espresso forte indignazione per l’accaduto, mentre proseguono le indagini per ricostruire la dinamica dell’attacco.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LIBANO. SOLDATI DELLE NAZIONI UNITE  (FOTO IMAGOECONOMICA)

La dinamica dell’attacco

Secondo le prime ricostruzioni, due razzi sarebbero stati lanciati dal gruppo Hezbollah durante un’escalation di tensioni con Israele. Al momento dell’attacco, la base italiana aveva attivato il livello di allerta 3, che impone ai militari l’utilizzo di elmetti e giubbotti antiproiettile. La decisione si era resa necessaria a causa della pericolosità crescente nell’area, teatro di scontri tra Israele e Hezbollah.

Un team di UNIFIL è stato inviato a Shama per verificare i dettagli dell’accaduto, mentre il governo italiano monitora attentamente la situazione.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LEBANON. FOTO IMAGOECONOMICA ANCHE IN EVIDENZA

Le dichiarazioni del ministro Crosetto

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha commentato con durezza l’attacco, definendolo “intollerabile”:

“Cercherò di parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano per chiedergli di evitare l’utilizzo delle basi UNIFIL come scudo. Ancor più intollerabile è la presenza di terroristi nel Sud del Libano che mettono a repentaglio la sicurezza dei caschi blu e della popolazione civile”.

Crosetto ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere i militari italiani, impegnati in una missione delicata per garantire la stabilità nella regione.


La solidarietà del Presidente Meloni

Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso solidarietà ai militari feriti e alle loro famiglie, dichiarando:

“Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di UNIFIL. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l’attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano. Ribadisco che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di UNIFIL”.


Unifil: una missione per la pace

La missione UNIFIL, operativa dal 1978, ha il compito di monitorare il cessate il fuoco tra Israele e il Libano, supportare le forze armate libanesi e garantire la sicurezza nella regione. L’attacco alla base italiana evidenzia la crescente instabilità nell’area e i rischi a cui sono esposti i caschi blu impegnati nella missione di pace.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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