Quella che sembrava una morte naturale, a un anno e mezzo di distanza si tinge di giallo, con gli investigatori bolognesi convinti però di averlo risolto. Al centro c’è la morte di Isabella Linsalata, 62 anni, specialista in ginecologia e ostetricia, trovata senza vita nel suo appartamento di Bologna, in zona Murri, lo scorso 31 ottobre del 2021. Una morte naturale si diceva, almeno fino a pochi giorni fa, quando il marito, Giampaolo Amato, 64 anni, anche lui medico molto conosciuto in città, soprattutto per aver lavorato alcuni anni nella Virtus Pallacanestro, è stato arrestato con l’accusa di omicidio aggravato, peculato e detenzione illecita di farmaci psicotropi. Secondo la Procura avrebbe infatti ucciso la moglie somministrandole di nascosto benzodiazepine e un anestetico ospedaliero. Accuse respinte al mittente dall’uomo, che si dichiara innocente.
Gli investigatori hanno eseguito l’ordinanza applicativa della misura cautelare in carcere sabato scorso: un provvedimento richiesto dalla Procura, con il pm Domenico Ambrosino, ed emesso dal gip. Sulla vicenda le bocche degli inquirenti sono cucite, nonostante le lunghe indagini e un caso rimasto praticamente nascosto. Amato, specializzato in oftalmologia e in medicina dello sport, con un dottorato in scienze neurologiche, già medico sociale della Virtus Pallacanestro (dal 2013 al 2020) e dipendente dell’Ausl di Bologna, anche se dal primo aprile risulta fuori turno all’ospedale Maggiore, si trova ora nel carcere della Dozza. Fu proprio lui il 31 ottobre 2021 a chiamare il 118 dicendo di avere trovato la donna priva di sensi nel letto del loro appartamento in via Bianconi. I sanitari constatarono il decesso, attribuendolo a cause naturali.
I successivi accertamenti tossicologici e le indagini coordinate dalla Procura hanno invece portato a ipotizzare che la morte sarebbe stata provocata, secondo l’accusa, dalla somministrazione dolosa da parte del marito di due farmaci: una benzodiazepina e un anestetico ospedaliero, entrambe sostanze facilmente reperibili per un medico. Durante le stesse indagini sarebbe emerso che già alcuni anni prima la donna potrebbe essere stata oggetto di altre somministrazioni di benzodiazepina a sua insaputa, che si suppongono riconducibili al marito e mai denunciate, e che le avevano causato episodi di malessere e di narcolessia. L’uomo avrebbe preso i farmaci nella struttura dove lavorava, da qui l’accusa di peculato. Il medico 64enne durante le indagini, parlando con gli inquirenti, si è sempre dichiarato innocente, ma oggi nell’interrogatorio di garanzia dopo l’arresto si è avvalso della facoltà di non rispondere. I suoi legali, Gianluigi Lebro e Cesarina Mitaritonna, hanno già fatto ricorso al Tribunale del Riesame, impugnando l’ordinanza di custodia, e sono in attesa della fissazione dell’udienza.