Quattro anni e due mesi di reclusione per corruzione, false fatture e truffa ai danni dell’Unione europea, per Lara Comi, esponente di Forza Italia ritornata a Strasburgo al posto di Silvio Berlusconi. E poi sei anni e mezzo all’imprenditore Daniele D’Alfonso, accusato di finanziamento illecito ai partiti, corruzione, turbativa d’asta e reati fiscali. Sono queste le pene più altre inflitte oggi dal Tribunale di Milano nel maxi processo sul caso battezzato ‘mensa dei poveri’ che ha visto alla sbarra 62 persone, tra cui una società, ma che si è concluso con 11 condanne e 51 assoluzioni, tra le quali quelle di due dei protagonisti sul fronte della politica, ossia l’ex vicecoordinatore lombardo azzurro ed ex consigliere comunale milanese Pietro Tatarella, scoppiato in lacrime alla lettura del dispositivo, e il suo allora compagno di partito ma eletto in Regione Lombardia Fabio Altitonante, ora sindaco di un Comune in Abruzzo.
Il collegio della sesta sezione penale, presieduto da Paolo Guidi, ha anche condannato a 2 anni Giuseppe Zingale, ex dg di Afol Metropolitana, ritenuto responsabile di istigazione alla corruzione del Governatore della Lombardia Attilio Fontana e di corruzione in concorso con Maria Teresa Bergamaschi, legale civilista ligure (ha preso 6 mesi) e con Lara Comi. L’europarlamentare si è vista anche riconoscere la truffa ai danni Ue attorno ai 500 mila euro per l’incarico al giornalista Andrea Aliverti (1 anno e 4 mesi) come suo portavoce durante il mandato da lei ricoperto qualche anno fa e per un secondo contratto tra il 2016 e il 2017 a un altro collaboratore.
“Continuerò a difendermi”, ha detto Comi, aggiungendo: “Sono stupita della sentenza di condanna. Tutti gli elementi emersi nel corso del dibattimento militavano per una pronuncia assolutoria”. Lo stesso pensiero del suo difensore, l’avvocato Gian Piero Biancolella: “Sono perplesso e avvilito”. Tra gli 11 condannati compaiono pure l’ex parlamentare di Fi Diego Sozzani (1 anno e 1 mese), Carmine Gorrasi, ex consigliere comunale di Busto Arsizio (Varese) ed ex segretario provinciale azzurro (2 anni) e Giuseppe Ferrari (2 anni e mezzo).
Per tutti, tranne che per Lara Comi e D’Alfonso, la pena è sospesa. Inoltre per l’eurodeputata sono state disposte, oltre alla confisca di 28 mila e 700 euro, anche l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, una delle pene accessorie di rito che riguarda anche i suoi presunti complici.
Se da un lato i giudici hanno sfoltito di molto l’elenco degli imputati – con grande sorpresa tra le file degli avvocati per aver assolto Tatarella, difeso da Nadia Alecci (“ritengo abbiano deciso come era giusto”) e Altitonante, e tra gli altri, il manager della multinazionale Acciona Agua Luigi Patimo, il patron della catena dei supermercati Tigros Paolo Orrigoni con la società’ e Mauro De Cillis, ex responsabile operativo di Amsa – dall’altro ci sono i sei anni e mezzo per D’Alfonso: è vero che non gli è stata riconosciuta l’aggravante dell’aver favorito una cosca della ‘ndrangheta, ma è altrettanto vero che è stato ritenuto responsabile di episodi di finanziamento illecito a Sozzani, a Fratelli d’Italia e a Gorrasi, di corruzione, delle turbative d’asta relative a un appalto Amsa e uno con Acqua Novara Vco e infine di reati fiscali.
Insomma, sebbene le assoluzioni siano state 51, non è stata fatta tabula rasa dell’indagine della Procura di Milano su un presunto “sistema” di mazzette, appalti, nomine pilotate e finanziamenti illeciti in Lombardia, che vedeva al centro l’ex coordinatore di Fi a Varese Nino Caianiello, che ha patteggiato l’anno scorso 4 anni e 10 mesi.