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Ergastolo ostativo e 41bis, Calleri (Fondazione Caponnetto): smantellano la legislazione antimafia

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Lergastolo ostativo prevede limpossibilità di accedere alla libertà condizionale per il boss mafioso che sceglie di non collaborare con la giustizia. Una norma che ha incentivato la collaborazione nelle indagini di tanti mafiosi, unica possibilità per scampare al fine pena mai.

Calleri Salvatore. Presidente della Fondazione Caponnetto

Adesso la tenuta di questa norma è a rischio. Lo scorso 23 marzo, alludienza pubblica davanti alla Corte costituzionale sullergastolo ostativo, è stata lAvvocatura dello Stato ad aprire ufficialmente alla possibilità per i boss che non collaborano di accedere ai permessi premio dopo ventisei anni di reclusione.

Nel 2019, le prime crepe nella normativa sul fine pena mai. La Corte europea dei diritti delluomo chiese allItalia di riformare la norma, giudicata lesiva dei diritti umani e contraria al senso di umanità. Pochi mesi dopo la stessa Consulta avrebbe giudicato incostituzionale il divieto di accedere ai permessi premio per i boss che non collaborano. Nei prossimi giorni è atteso il pronunciamento della Corte Costituzionale. A scendere in campo in difesa della norma è stata la Fondazione Caponnetto, con una giornata in difesa di ergastolo ostativo e 41 bis, presto trasformatasi in una mobilitazione permanente. Un appello raccolto da tantissimi esponenti del mondo della politica, della magistratura e dellinformazione. Abbiamo affrontato la questione col presidente della Fondazione Caponnetto Salvatore Calleri.

Presidente Calleri, come si spiega questa apertura da parte dellavvocatura dello Stato?

Sinceramente non lo so, io preferivo che non ci fosse. È un cedimento da parte dello Stato. Noi riteniamo che non si possa mostrare alcun cedimento nei confronti della mafia alleggerendo la normativa antimafia, a prescindere dalla decisione della Cedu, che, lo ricordo, è la corte del Consiglio dEuropa. Non fa parte dellUnione Europea, c’è molta confusione a riguardo.

Perché è così importante la norma sullergastolo ostativo?

Innanzitutto, se non fosse importante i mafiosi non ne avrebbero chiesto labolizione nel papello. I mafiosi sono disposti a farsi degli anni di galera, ma temono il non poter mai uscire dal carcere. Tenete presente che se questa norma venisse modificata dalla Consulta, chi ha fatto le stragi negli anni Novanta, potrebbe già uscire. Parliamo di Graviano, ma non solo lui. Lergastolo ostativo ha incentivato le collaborazioni, aumentando il numero di pentiti.

Quali sarebbero le principali conseguenze della sua cancellazione?

In primis, una diminuzione dellincentivo a collaborare. Poi sarebbe una quasi resa da parte dello Stato. Lo Stato non può cedere su queste cose, è un enorme segnale di debolezza. Abbiamo avuto centinaia di morti per mafia, non puoi cedere così. Per questo abbiamo trasformato la giornata in difesa dellergastolo ostativo in mobilitazione permanente.

Come andrà avanti la mobilitazione permanente della Fondazione Caponnetto?

Terremo alta lattenzione finché il tema della lotta alle mafie non sia messo al primo posto nellagenda della classe politica e dirigente del Paese. Andremo avanti ovviamente nel pieno rispetto della normativa Covid-19. Qui in Toscana la Fondazione Caponnetto, al termine del periodo di zona rossa, farà un presidio settimanale silenzioso davanti alla Regione Toscana e alla prefettura. Al nostro appello hanno aderito tantissime personalità del mondo della politica, della magistratura, dellinformazione, è una cosa molto bella.

Crede che questo sia il preludio a nuovi attacchi alla normativa antimafia?

Lattacco alla normativa antimafia è in corso già da tempo. Allergastolo ostativo seguirà il 41bis e poi le altre norme. Io mi aspetto che elimineranno le norme sullinterdittiva e lo scioglimento dei Comuni. C’è una strategia in atto, favorita dalle organizzazioni mafiose. Non dico che chi attua questi cambiamenti sia necessariamente consapevole della strategia, però la mafia mira a questo. E noi non possiamo permetterci di aiutarla, nemmeno involontariamente.

Perché la Cedu giudica lergastolo ostativo lesivo dei diritti umani e contrario al senso di umanità?

Fuori dallItalia non hanno mai compreso bene che cosa abbia rappresentato per noi la stagione stragista. Per questo non sono in grado di esprimere un giudizio. Io ho delle idee fortemente europeiste, sono un europeista federalista. Però se fossi al Governo abbandonerei il Consiglio dEuropa, mi pare un organismo di troppo. E poi in casi come questo servono anche atti forti.

Come far comprendere al Consiglio dEuropa lo spirito e lo stato danimo che hanno ispirato questa e altre norme nate dal sangue di tanti servitori dello Stato?

È molto difficile e infatti non riusciamo a farlo comprendere, perché loro quella stagione non lhanno vissuta. Per questo il Consiglio dEuropa dovrebbe capire e non intervenire, lasciando le cose come stanno. Anche perché il livello italiano di rispetto dei diritti civili è altissimo, stiamo avanti anni luce rispetto ad altri Paesi che fanno parte del Consiglio dEuropa.

Lei ha affermato a più riprese che questo è il momento più buio nella lotta alla mafia degli ultimi trentanni. Perché?

Ovviamente non dal punto di vista di chi la combatte. Una parte di magistratura e forze dellordine continua a fare il suo lavoro: sono un raggio di luce in questo buio. Il problema è invece che la classe dirigente del Paese, politica, sociale ed economica, non la sta combattendo. Il problema è che è in atto lo smantellamento della normativa antimafia. Per questo è lora più buia.

Affari di mafia. Dopo la morte di Riina le cosche provano a riorganizzarsi

Trattativa Stato-Mafia. Nel papello di Riina cera, fra le varie richieste, la riforma della legge sui pentiti.

Stiamo assistendo allattuazione del papello. La questione forse non è che la trattativa sia ripresa, ma che non si sia mai interrotta. Solitamente le trattative con le menti raffinatissime delle organizzazioni mafiose sono un qualcosa di perenne. Per trattare non bisogna necessariamente intendere due persone sedute attorno ad un tavolo. Ci sono tanti altri modi raffinati.

Giuseppe Graviano, autore della strage di via DAmelio, uno dei potenziali beneficiari di uneventuale sentenza favorevole della Consulta, è custode di una serie di importanti segreti sugli intrecci fra politica, mafia e apparati deviati dello Stato. È solo una coincidenza?

Tutti i boss del periodo stragista sono potenziali beneficiari di uneventuale sentenza favorevole della Consulta. Graviano è sicuramente una persona che se parlasse scatenerebbe terremoti. Se è una coincidenza? Non lo so. A prescindere da questo, però, lo Stato non deve cedere né sposare lattenzione di un millimetro. Questo deve essere limperativo categorico.

A questo link è possibile ascoltare i contribuiti di politici, magistrati, giornalisti, parenti di vittime di mafia, che hanno aderito allappello lanciato dalla Fondazione Caponnetto:

https://antoninocaponnetto.blogspot.com/2021/03/blog-post.html?fbclid=IwAR12NFxPYDUfgjT2PKwxuut80vJLzOuiwQux8bPICaSOsZQh4idgKJe7v6w

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Mai così tante famiglie operaie in povertà assoluta

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Essere o diventare poveri in Italia non è un’esperienza riservata a pochi. Nel 2023, con quasi 6 milioni di “poveri assoluti”, esattamente 5,69 milioni di residenti, si è toccato il record storico del numero di indigenti dal 2014, anno in cui si è cominciato a fare questo tipo di rilevazione. Dati alla mano, in Italia essere poveri è una condizione che riguarda più di una persona su dieci (10,6%), e i minori in condizioni di povertà sono arrivati a 1,29 milioni, anche questo un triste primato. La probabilità di essere povero aumenta ovviamente se si è disoccupati ma, meno ovviamente, aumenta anche se un lavoro ce l’hai e sei un operaio, un lavoratore dipendente, se vivi in una famiglia numerosa, se sei straniero e se vivi al Sud, benché anche al Nord stiano aumentando le famiglie in povertà.

Dal rapporto Istat, emerge che il disagio economico si aggrava per gli operai la cui quota in “povertà assoluta” è in continuo aumento. Le famiglie operaie in povertà nel 2023 hanno toccato il livello record di 16,5%, cioè un balzo di quasi due punti in più rispetto al 14,7% del 2022, stesso balzo anche per le famiglie operaie considerate in “povertà relativa” che passano dal 16,8% del 2022 al 18,6% del 2023. Il dato non stupisce considerando che la produzione industriale italiana ha segnato ad agosto il suo diciannovesimo mese di calo consecutivo mentre gli annunci di tagli, chiusure, cassa integrazioni, si susseguono con un bollettino senza tregua.

Ma la povertà inizia a erodere anche le categorie sociali considerate privilegiate. Nel 2023 sono aumentate le famiglie di “dirigenti, quadri e impiegati dipendenti” in “povertà assoluta”, passate dal 2,6% del 2022 al 2,8% del 2023 come quelle di “imprenditori e liberi professionisti” (da 1% all’1,7%). Migliora invece il tenore di vita delle famiglie di lavoratori autonomi: in questo segmento si registra una diminuzione delle famiglie in povertà assoluta che scendono dall’8,5% del 2022 al 6,8% del 2023. Meno prevedibile, e per questo più preoccupante, è l’aumento della povertà riscontrata nelle regioni del Nord Italia. Se l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si mantiene ancora più alta nel Mezzogiorno, dove coinvolge oltre 859mila famiglie cioè più del doppio delle famiglie in povertà assoluta nel Nord-Est (413mila), al Nord e al Centro la fetta di famiglie in povertà assoluta è in aumento: rispettivamente al Nord dal 42,9% del 2022 al 45,0% e al Centro dal 15,6% al 16,2%.

Mentre nel Mezzogiorno la percentuale diminuisce dal 41,4% al 38,7%. Stesse dinamiche si riscontrano nelle famiglie in “povertà relativa”. Nel report l’Istat segnala un “aumento dell’intensità in tutto il Nord (sia nel Nord-est che nel Nord-ovest, dove è pari a 19,4% e 19,9%, rispettivamente), e al Centro (20,2%), mentre il Mezzogiorno segnala una riduzione che porta i valori dell’intensità al 20,9%”. Viene considerata dall’Istat in “povertà relativa” una famiglia di due persone che abbia una spesa per consumi pari o al di sotto la soglia mensile di 1.210,89 euro. Se la famiglia è di quattro persone la soglia sale a 1.973,75 euro. Mentre viene considerato in “povertà assoluta” un single di 30-59 anni che vive nell’area metropolitana della Lombardia e spende 1.217,10 euro al mese, o se vive in Sicilia spende 756,16 euro al mese.

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Uccide la zia nel negozio e si barrica in casa

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Un’altra donna vittima di violenza, stavolta vicino a Firenze dove un giovane ha ucciso la zia nel negozio e poi, ancora armato, si è fatto arrestare dai carabinieri nell’orto. La vittima è Laura Frosecchi, 54 anni, sposata, due figli. Le ha sparato il nipote Mattia, 22 anni, disoccupato, stamani a Chiesanuova (Firenze), un paese di collina poco distante dalla città. Una cliente andata a fare la spesa ha trovato la vittima in una pozza di sangue, ha chiamato soccorso e una parente ha dato l’allarme al 118. Intanto il presunto omicida, fuggito verso la sua abitazione che è appena al di là della stessa strada, la provinciale Volterrana, ha contattato più o meno negli stessi momenti per telefono in un forte stato di agitazione i carabinieri di San Casciano Val di Pesa, che lo hanno riconosciuto e hanno avvisato il comando in città.

Per la donna, che lavorava col marito Stefano nell’alimentari di famiglia, un panificio ben avviato, i sanitari del 118 hanno subito constatato la morte. Invece, la presenza di una persona armata nel paese ha fatto scattare un piano di emergenza per isolare parte dell’abitato e cercare il colpevole. Sono stati inviati a Chiesanuova carabinieri protetti da caschi e giubbotti antiproiettile pronti per un’irruzione. In forze hanno raggiunto la casa del 22enne che con la pistola poteva diventare pericoloso per gli altri e per sé. Si era nascosto nel terreno retrostante, in un orto e qui lo hanno trovato dopo una prolungata trattativa. Grazie all’intervento di un negoziatore dell’Arma lo hanno convinto a consegnarsi. L’intervento, spiegano i carabinieri, è stato tale da “farlo desistere da ogni ulteriore iniziativa, anche autolesionistica”. La pistola è stata sequestrata, lui è stato portato in caserma a Firenze.

Quando l’auto con il fermato a bordo è transitata davanti al gruppo di residenti, sbigottiti per l’accaduto, alcuni lo hanno offeso. Un parente della vittima ha urlato “Sei un pezzo di m…’. Laura Frosecchi lavorava nell’alimentari dei suoceri, gestendolo insieme al marito Stefano. Il suo omicidio è un fatto eclatante per zone solitamente esenti da fatti di sangue. Subito tra i residenti è girata la voce che le avesse sparato il nipote, qualcuno lo avrebbe visto mentre si allontanava dal negozio. Secondo gli abitanti il 22enne girava armato di pistola e sarebbe coinvolto in “brutti giri”, pure il parroco è a conoscenza del fatto che aveva “difficoltà”. Le ricostruzioni sono in corso, a partire dal motivo per cui avrebbe ucciso la zia.

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Carabiniere ucciso nel 1987, Corte d’Assise vuole perizia fonica

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Nella tarda mattinata la Corte d’Assise d’appello di Bologna ha dato incarico per una perizia fonica sulla voce del telefonista che da una cabina del litorale ferrarese ai familiari chiese il riscatto di 300 milioni di lire per la liberazione di Pier Paolo Minguzzi, 21enne studente universitario di Alfonsine (Ravenna), figlio di imprenditori dell’ortofrutta e carabiniere di leva a Bosco Mesola, nel Ferrarese, rapito e subito ucciso nella notte tra il 20 e il 21 aprile 1987 mentre, in un periodo di licenza pasquale, rincasava dopo avere riaccompagnato la fidanzata. I suoi aguzzini infine lo gettarono nel Po di Volano da dove il corpo riaffiorò l’uno maggio successivo. In totale sono tre gli imputati: tutti assolti in primo grado il 22 giugno 2022, dopo poco più di un’ora di camera di consiglio a fronte di altrettante richieste di ergastolo, per non avere commesso il fatto.

Si tratta di due ex carabinieri al tempo in servizio alla caserma di Alfonsine: il 59enne Angelo del Dotto di Ascoli Piceno (avvocato Gianluca Silenzi) e il 58enne Orazio Tasca, originario di Gela (Caltanissetta) ma da anni residente a Pavia (avvocato Luca Orsini). E dell’idraulico del paese: il 67enne Alfredo Tarroni (avvocato Andrea Maestri). Parte civile, oltre ai familiari del defunto, figura il nuovo sindacato carabinieri (Nsc) con l’avvocato Maria Grazia Russo. In particolare la Corte bolognese vuole capire se chi aveva realizzato le telefonate estorsive alla famiglia Minguzzi, possa o meno essere identificabile in Tasca attraverso la comparazione delle registrazioni della voce dell’imputato provenienti dal processo per la tentata estorsione, sempre da 300 mila euro, a un altro imprenditore ortofrutticolo della zona, Contarini.

La Corte ha in particolare chiesto espressamente di indicare quali siano i criteri che i periti utilizzeranno. Il nuovo presidente della Corte, il giudice Domenico Stigliano, ha invitato i periti e i consulenti di parte alla massima collaborazione e lealtà al fine di raggiungere il fine ultimo comune a tutti: che è quello del perseguimento della verità. Le operazioni inizieranno il 4 novembre, data entro la quale anche Nsc avrà facoltà di nominare propri consulenti tecnici. I periti individuati dalla Corte sono l’ingegnere informatico Sebastiano Battiato (università di Catania) e la professoressa Chiara Meluzzi (università statale di Milano), linguista.

La scelta di quest’ultima è stata dettata dalla volontà della Corte di esplorare anche la possibile individuazione del dialetto di provenienza dell’estorsore, già indicata, genericamente nelle perizie di primo grado, in quella siciliana. Il termine per il deposito della perizia è di giorni 90. L’udienza per l’esame dei periti è stata fissata per il 10 febbraio. Ulteriore udienza istruttoria è stata fissata per il 17 febbraio. Nelle motivazioni di assoluzione, l’allora presidente della Corte d’Assise di Ravenna, il giudice Michele Leoni oggi in pensione, aveva scritto che si era trattato di “un omicidio di stampo mafioso”, un “classico esempio di lupara bianca”.

Tanto che l’eliminazione del ragazzo “avvenne con un rituale simbolico e tipico delle vicende di mafia”. E in quanto al riscatto, la spiegazione poteva celarsi dietro alla volontà di “infliggere alla famiglia un ulteriore pregiudizio” o a mero sciacallaggio. Di sicuro chi aveva rapito Minguzzi, aveva continuato per tutti il tempo a chiedere il riscatto ben sapendo che il ragazzo fosse già morto. Durante il processo di primo grado, il consulente nominato dal pm Marilù Gattelli, l’ingegnere Sergio Civino, era giunto alla conclusione di una forte corrispondenza tra la voce del telefonista e quella di Tasca. Il perito nominato dalla Corte d’Assise, il professor Luciano Romito, si era invece espresso escludendo categoricamente Tasca.

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