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Cultura

Epidemie, clima e gli echi di una memoria perduta

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Nella quinta edizione, il Dizionario dell’Académie Française trova il modo di aggiungere un nuovo significato a quelli fino ad allora attribuiti al termine “costituzione”: “si dice ‘la costituzione dell’aria’ per dire lo stato dell’aria”. E’ il 1798: stanno succedendo cose grosse a Parigi e lo strumento che dai tempi del Re Sole pretende di definire la norma culturale di Francia, per un termine così sensibile, inserisce questa unica modifica. Tuttavia la trasformazione è solo apparentemente lieve. Di fatto, essa registra un’acquisizione scientifica decisiva maturata all’ombra della politica proprio dall’ultima edizione del Dictionnaire, nel 1762, e destinata a diventare un caposaldo della sanità pubblica nella Francia post-rivoluzionaria. 

          Si tratta, in realtà, del recupero in chiave moderna di un’ antica colonna della dottrina ippocratica, profondamente geografica, che faceva risalire le epidemie al clima, e particolarmente all’intreccio di temperatura e umidità che, combinandosi in un dato luogo con altre caratteristiche –topografia, miasmi, concentrazioni della popolazione e modi dell’abitare- generavano certe malattie e ne propiziavano la diffusione. Ministro delle Finanze di Luigi XVI, all’epoca, era Robert-Jacques Turgot. Il “controllore generale”, erede degnissimo e innovatore di Colbert, era molto preoccupato dalle epizoozie che annientavano gli allevamenti e dalle epidemie che decimavano le popolazioni, provocando un inarrestabile impoverimento del Regno e un’intollerabile compressione del gettito fiscale. Si risolse così a creare una “Commissione” per la lotta a questi grandi eventi patogeni, che debordavano l’ambito strettamente medico e investivano quello sociale. Ne confidò la responsabilità a un giovane, brillante ed  infaticabile anatomista che rispondeva al nome di Félix Vicq d’Azyr, ultimo medico di Maria-Antonietta.

          Figlio del suo secolo, Vicq d’Azyr recupera coi “Lumi” il principio ippocratico, ma si chiede perché le epidemie pur durando a lungo, sono intermittenti e si presentano a macchia di leopardo: sono cioè temporalmente e spazialmente discontinue. E’ così che pensa di utilizzare quella che oggi si chiama medicina di territorio –e che è stata tanto bistrattata nel corso del coronavirus- e manda a tutti i medici di provincia un questionario in cui si raccolgono a tappeto, a partire dal 1776 e durante 16 anni, dati meteorologici e dati epidemiologici, a migliaia, in modo sistematico e standardizzato. E’ l’atto di “nascita della clinica” che, ci racconta Michel Foucault, non può più contentarsi di dottrine, ipotesi, speculazioni, ma interpone tra questo tessuto ideologico e la pratica medica l’osservazione, il dato, la statistica. Tra il 1762 e il 1798, tra le due edizioni del Dictionnaire, prende corpo una rivoluzione scientifica, direbbe Thomas Kuhn, che il linguaggio si affretta a registrare attraverso alcuni termini altamente concettuali e tra questi, appunto, quello di “costituzione”. 

          La vicenda ha un seguito, evidentemente, ma noi ci fermiamo qui. E tuttavia non senza trarre qualche lezione. Ci troviamo di fronte, infatti, esattamente a quel che il COVID-19 sembra dirci oggi. E’ l’immaginario sociale che si rappresenta le epidemie come dei fenomeni episodici e transitori, che appaiono e, dopo un po’, scompaiono: quasi senza una storia che le differenzi sul piano temporale e una geografia che le articoli sul piano spaziale. Perciò la gente si dispera, o si immalinconisce, pensando che “deve convivere a lungo” con questo virus. Eppure, questa è la storia patologica dell’umanità: vivere in forma persistente ancorché intermittente in un contesto epidemico, o per dire ancor meglio, in una tessitura epidemica. All’epoca della storia che abbiamo raccontato, la Francia, ossia la più grande potenza europea insieme all’Inghilterra, è afflitta da almeno quattro epidemie: 

  1. una di influenza (1775-76), di estensione europea;
  2. una di dissenteria grave (1779);
  3. una di febbre miliaria (1782); 
  4. una di polmonite da pneumococco (1781-1785). 

Tutte queste “esplosioni” epidemiche si dipanano sulla tela di fondo delle epidemie annuali di vaiolo, difterite, tifo, con cicli di immunità e di riapparizione nelle varie località. E delle epidemie “regolari” -e quindi divenute in qualche modo delle endemie- delle febbri malariche e della tubercolosi contadina. Insomma, il mondo ha una sua “norma epidemica” ed è bene ricominciarne ad avere consapevolezza. Anche riannodando le fila di un discorso unitario con la transizione climatica, fin troppo precipitosamente dimenticata.         

Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.

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Cultura

Un tycoon delle cripto acquista all’asta e fa sapere che mangerà la banana di Cattelan

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Un tycoon delle criptovalute sta per mangiare la banana appiccicata alla parete di Maurizio Cattelan. Pagando 6,2 milioni di dollari da Sotheby’s, il collezionista Justin Sun, fondatore della piattaforma Tron, ha battuto altri sei concorrenti per una di tre edizioni dell’opera concettuale Comedian creata nel 2019 dall’artista padovano celebre in tutto il mondo per le sue provocazioni. Sun, che nella sua raccolta ha un Giacometti da 78 milioni comprato nel 2021, ha seguito l’asta da Hong Kong e pagato in criptovalute. Dopo aver messo le mani su Comedian ha fatto sapere che “nei prossimi giorni mangerà la banana come parte di questa unica esperienza artistica, onorandone il ruolo sia nella storia dell’arte che nella cultura pop”.

La banana in questione era stata acquistata poche ore prima dell’asta per 35 centesimi da un banchetto di frutta e verdura dell’Upper East Side: assieme al nastro adesivo grigio che l’attacca alla parete, deve essere sostituita regolarmente e questo fa parte del progetto di Cattelan che aveva inteso Comedian come una satira delle speculazioni del mercato: “Su che base un oggetto acquista valore nel sistema dell’arte?”, si era chiesto l’artista famoso per America, il water d’oro massiccio installato nel 2016 al Guggenheim. Piu’ di recente lo stesso Cattelan aveva aggiunto che “l’asta sara’ l’apice della carriera di Comedian. Sono ansioso di vedere quali saranno le risposte”.

Comedian aveva debuttato ad Art Basel Miami dove la galleria Perrotin ne aveva venduto le tre edizioni, due per 120 mila dollari e la terza per 150 mila, pagati da un anonimo acquirente che l’aveva poi donata al Guggenheim. Durante la fiera, l’artista delle performance David Datuna ne aveva mangiata una, costringendo Perrotin a chiudere lo stand prima del tempo. Un’altra banana era stata mangiata l’anno scorso da uno studente d’arte sudcoreano nel museo della fondazione Samsung a Seul: il giovane si era giustificato dicendo che “aveva fame”. Uno dei concetti alla base dell’installazione e’ che le sue parti devono essere continuamente rigenerate.

“Non è solo un’opera d’arte,” ha dichiarato Sun a Sotheby’s: “Comedian è un fenomeno culturale che collega i mondi dell’arte, dei meme e della comunità delle criptovalute e che ispirerà ulteriori discussioni in futuro”. Fatto sta che gia’ prima di essere messa all’asta, la banana è stata oggetto di attenzione quando, all’inizio di novembre, l’executive di Sotheby’s Michael Bouhanna ha lanciato anonimamente una criptovaluta ispirata a Cattelan e denominata $Ban.

Immediatamente accusato di aver usato informazioni riservate per guadagnare sull’aumento del prezzo del token, l’executive ha negato, dichiarando di aver “scelto di lanciarlo per hobby in modo anonimo”, senza associazioni quindi con il suo profilo personale. Due rivali di Sun all’asta di Sotheby’s avevano investito nella cripto di Bouhanna. Uno dei due, Theodore Bi, voleva comprare Comedian come dono per Elon Musk ma si era fermato alla soglia dei 2,5 milioni di dollari.

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Pompei, riapre la Casa della Fontana Piccola: un gioiello dell’architettura pompeiana

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Dopo sei anni di chiusura, la Casa della Fontana Piccola di Pompei riapre al pubblico, rivelando nuovamente tutta la sua bellezza. Questo straordinario esempio di architettura pompeiana torna a incantare i visitatori con i suoi affreschi, i colori vividi e una fontana unica, simbolo dell’arte e della cultura dell’antica città.

Un esempio di eleganza pompeiana

La Casa della Fontana Piccola è un autentico capolavoro. I suoi affreschi murari, con il celebre rosso pompeiano, e le decorazioni ricche di dettagli, raccontano la vita e i costumi dell’epoca. Ma ciò che rende davvero speciale questa dimora è la fontana visibile già dall’ingresso. Si tratta di un’opera d’arte decorata con tessere di pasta vitrea e valve di mollusco, con un sistema che faceva sgorgare acqua dalla bocca di una maschera tragica in marmo e dal becco di un’oca tenuta da un amorino in bronzo.

Storia e particolarità della domus

Costruita unendo due abitazioni precedenti, la casa aveva due ingressi su via di Mercurio, simbolo dello stato sociale elevato dei proprietari. Danneggiata dal terremoto del 62 d.C., fu quasi completamente affrescata in IV stile pompeiano, pochi anni prima dell’eruzione del Vesuvio. Le pareti laterali del peristilio presentano paesaggi mozzafiato, tra cui una veduta di città marittima, un tema molto in voga nella decorazione di giardini.

Esplorata tra il 1826 e il 1827 dall’architetto Antonio Bonucci, direttore degli scavi, la casa sarebbe appartenuta a Helvius Vestalis, un pomarius (mercante di frutta), secondo un’iscrizione elettorale trovata sulla facciata.

I restauri e gli interventi strutturali

La casa è stata oggetto di importanti lavori di restauro per preservarne la struttura e garantirne la sicurezza. Tra gli interventi principali:

  • Rinforzo strutturale delle travi in calcestruzzo dell’atrio principale, utilizzando materiali innovativi come il fibrorinforzo (FRP).
  • Impermeabilizzazione dei solai per prevenire infiltrazioni.
  • Revisione delle coperture, inclusa quella del peristilio, per proteggere la casa dagli agenti atmosferici.

Le coperture, già restaurate nel 1971, sono state riportate all’altezza originaria per restituire l’antica volumetria della dimora.

L’iniziativa “Raccontare i cantieri”

Con la riapertura della Casa della Fontana Piccola, prende il via una nuova stagione di “Raccontare i cantieri”, giunta alla sua quarta edizione. Ogni giovedì, fino al 17 aprile 2025, i possessori della MyPompeii Card potranno visitare i cantieri di restauro in corso nel Parco Archeologico, iniziando proprio dalla Casa della Fontana Piccola.

Conclusione

La riapertura della Casa della Fontana Piccola rappresenta non solo un recupero storico di grande valore, ma anche un’occasione per riflettere sulla continua necessità di valorizzare e preservare il nostro patrimonio culturale. Un appuntamento imperdibile per tutti gli amanti della storia e dell’archeologia.

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Cultura

Marino Niola premiato dal Gruppo del Gusto della Stampa Estera come divulgatore dell’autenticità agroalimentare italiana

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Il Gruppo del Gusto della Stampa Estera ha scelto L’Aquila per celebrare il 20° Premio dedicato all’eccellenza agroalimentare italiana, un traguardo prestigioso che quest’anno rende omaggio a Marino Niola, antropologo e divulgatore scientifico, nella categoria “Divulgatore dell’autenticità agroalimentare italiana”.

Il contributo di Marino Niola all’antropologia della gastronomia

Marino Niola (nella foto Imagoconomica in evidenza) , nato a Napoli nel 1953, è un antropologo della contemporaneità, noto per i suoi studi sulle pratiche devozionali, le trasformazioni culturali legate alla globalizzazione e, soprattutto, per il suo contributo alla comprensione dei riti e simboli della gastronomia contemporanea.

Docente all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Niola insegna discipline come Antropologia dei Simboli, Antropologia delle arti e della performance e Miti e riti della gastronomia contemporanea. È inoltre editorialista de La Repubblica, dove cura la rubrica “Miti d’oggi” sul Venerdì, e collabora con testate nazionali e internazionali come Il Mattino e Le Nouvel Observateur.

Tra i suoi numerosi saggi, si ricordano titoli come:

  • Si fa presto a dire cotto. Un antropologo in cucina (2009)
  • Homo dieteticus. Viaggio nelle tribù alimentari (2015)
  • Andare per i luoghi della dieta mediterranea (2017)
  • Mangiare come Dio comanda (2023).

Queste opere riflettono il suo impegno nel valorizzare la cultura alimentare italiana, esplorando le radici antropologiche e culturali che legano il cibo alle identità locali e nazionali.

Il Premio del Gruppo del Gusto

Il Premio del Gruppo del Gusto, giunto alla sua 20ª edizione, si propone di valorizzare e promuovere l’agroalimentare italiano a livello internazionale, grazie alla partecipazione di giornalisti esteri provenienti da 34 Paesi e 5 continenti. Marino Niola è stato selezionato per la sua capacità di divulgare l’autenticità e la tradizione agroalimentare italiana, combinando rigore scientifico e passione narrativa.

La cerimonia a L’Aquila

La premiazione si terrà sabato 23 novembre, alle ore 18, nella Sala ipogea del Consiglio Regionale d’Abruzzo, a L’Aquila. Durante l’evento, verranno premiate altre eccellenze del settore, tra cui:

  • Pasquale Imperato, azienda agricola “Sapori Vesuviani” (categoria “Produzione”);
  • Tenuta Vannulo (categoria “Esercizio legato all’alimentare da almeno 100 anni della stessa famiglia”);
  • Cooperativa Altopiano di Navelli (categoria “Consorzio/cooperative a difesa dei valori agroalimentari italiani”);
  • Associazione PIZZAUT (Premio speciale della giuria per l’inclusione lavorativa di giovani autistici).

L’importanza del riconoscimento

Il premio a Marino Niola sottolinea l’importanza di valorizzare le eccellenze italiane, non solo nella produzione agroalimentare, ma anche nella capacità di raccontare il legame profondo tra cibo, cultura e identità. L’impegno di Niola nel promuovere la dieta mediterranea e nel raccontare le tradizioni culinarie italiane lo rende una figura chiave nella diffusione internazionale del patrimonio enogastronomico italiano.

Grazie al suo lavoro, il professor  Niola contribuisce a consolidare l’immagine dell’Italia come culla di tradizioni culinarie uniche e radicate nella storia. Questo premio rappresenta un ulteriore riconoscimento del suo ruolo cruciale come ponte tra antropologia, cultura e divulgazione enogastronomica.

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