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Endorsment di Barak Obama al suo ex vice Biden: saprà guidarci in un momento buio

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“Joe ha il carattere e l’esperienza per guidarci attraverso uno dei periodi piu’ bui. So che si circondera’ di persone in gamba, esperti, scienziati, ufficiali che vogliono fare un buon lavoro al governo, sanno come lavorare con i nostri alleati e metteranno sempre gli interessi del popolo americano sopra i loro”. Alla fine per Joe Biden e’ arrivato anche l’atteso endorsement di Barack Obama, con un video di 12 minuti filmato nella sua casa di Washington e postato online. Un endorsement che suggella la corsa alla Casa Bianca dell’ex vicepresidente e che arriva non casualmente all’indomani di quello del senatore socialista Bernie Sanders, che la scorsa settimana ha sospeso la sua campagna dopo essere rimasto l’unico rivale in una gara ormai persa. All’inizio delle primarie Obama aveva offerto consigli a chi glieli chiedeva ma aveva promesso di restare neutrale nella convinzione che dovessero essere gli elettori democratici a selezionare il loro ‘nominee’. Nello stesso tempo aveva chiarito che alla fine del processo sarebbe intervenuto non solo per sostenere il candidato e fare campagna insieme a lui ma anche per unire il partito. E’ quello che sta facendo ora, anche se i media sostengono che gia’ nelle ultime settimane ci sia stata la sua regia discreta nel tentare di convincere Sanders a mollare e a sostenere subito Biden, evitando un sostegno tardivo che rischiava di compromettere la vittoria, come successo nel 2016 con Hillary. Adesso per compattare il partito mancano la senatrice progressista Elizabeth Warren, finora l’unica candidata ritiratasi senza dare il suo endorsement a Biden, e la giovane star radicale Alexandria Ocasio-Cortez, che ha gia’ posto delle condizioni programmatiche. Ma intanto Obama cerca di mettere insieme i pezzi del puzzle. “Scegliere Joe come mio vice e’ stata una delle migliori scelte che abbia mai fatto ed e’ diventato un amico stretto”, ha spiegato l’ex presidente. “Sono orgoglioso di dargli il mio appoggio, credo che Joe abbia tutte le qualita’ di cui abbiamo bisogno in un presidente ora”, ha proseguito, lodando la sua empatia, la sua resilienza, la sua esperienza. E ricordando alcuni dei suoi piu’ validi aiuti nella gestione della crisi finanziaria, nel salvataggio dell’industria automobilistica, nella lotta all’influenza H1N1 e all’ebola, nel ripristinare la leadership Usa nel mondo contro altre minacce come la proliferazione nucleare e il cambiamento climatico. Ma Obama non dimentica di rendere omaggio a tutti i rivali di Biden e in particolare a Sanders, “un originale americano” che “ha consacrato la sua vita a dare voce alle speranze, ai sogni e alle frustrazioni dei lavoratori”. “Le sue idee, l’energia e l’entusiasmo che ha ispirato, specialmente tra i giovani, saranno cruciali nel muovere l’America in una direzione di progresso e speranza”, assicura Obama, tracciando poi una roadmap per una piattaforma che deve andare oltre l’Obamacare, accelerare sul clima e la green economy, correggere “le vaste ineguaglianze create dalla nuova economia”. Infine alcune frecciate contro i repubblicani che occupano la Casa Bianca e corrono per il Senato, che “non sono interessati al progresso ma al potere”. Nel mirino c’e’ soprattutto Donald Trump, anche se mai nominato: “Conta avere leader che sono informati, onesti e che cercano di unire la gente anziche’ dividerla”.

 

 

Ecco il testo in italiano dell’endorsment di Barak Obama a Biden nella corsa alla Casa Bianca 

Se c’è una cosa che abbiamo imparato come paese da momenti di grande crisi, è che lo spirito americano di prendersi cura l’uno dell’altro non può essere limitato alle nostre case, né ai nostri posti di lavoro, né ai nostri quartieri, o alle nostre case di culto ……. Bisogna riflettere anche nel nostro governo nazionale. Il tipo di leadership guidata dalla conoscenza e dall’esperienza; onestà e umiltà; empatia e grazia – quel tipo di leadership non appartiene solo ai nostri uffici dei nostri uffici di stato e sindaci. Appartiene alla Casa Bianca.

Ecco perché sono così orgogliosa di sostenere Joe Biden come presidente degli Stati Uniti.

Scegliere Joe come mio vicepresidente è stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Ha il personaggio e l’esperienza per guidarci in uno dei nostri momenti più bui e guarirci attraverso una lunga guarigione. E si circonderà di brave persone – esperti, scienziati e funzionari militari che sanno gestire il governo, lavorare con i nostri alleati e mettere sempre gli interessi del popolo americano al di sopra dei propri.

In questo momento, abbiamo bisogno di americani di buona volontà per unirsi in un grande risveglio contro una politica che troppo spesso è stata caratterizzata da corruzione, indifferenza, auto-spaccio, disinformazione, ignoranza e cattiveria. E per cambiarlo, abbiamo bisogno di americani di tutte le strisce politiche per farsi coinvolgere nella nostra politica e nella vita pubblica come mai prima d’ora.

Per quelli di noi che credono nella costruzione di un’America più giusta, più generosa, più democratica, dove tutti hanno una giusta occasione, che credono in un governo che tiene a cuore i tanti, e non solo i pochi, che amano questo paese e sono disposto a fare la nostra parte per assicurarci che sia all’altezza dei suoi ideali più alti – ora è il momento di lottare per ciò in cui crediamo.

E ho molto altro da dire sul perché Joe dovrebbe essere presidente nel video. Spero che tu gli dia un orologio. Allora spero che ti unisci a noi su JoeBiden.com e organizzi un piano per come ti farai coinvolgere.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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Mandato di arresto della Corte Penale Internazionale contro Netanyahu e Gallant: accuse e reazioni

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La Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso un mandato di arresto internazionale nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. La decisione riguarda le accuse legate alle azioni militari israeliane durante la guerra a Gaza e ha suscitato reazioni contrastanti a livello internazionale.

Le accuse della Corte Penale Internazionale

Secondo la Camera preliminare I della CPI, esistono fondati motivi per ritenere che azioni come il blocco dell’accesso a cibo, acqua, elettricità e forniture mediche abbiano creato condizioni di vita tali da causare la morte di civili nella Striscia di Gaza, inclusi bambini.

La corte ha precisato che, pur non potendo confermare tutti gli elementi necessari per configurare il crimine di sterminio come crimine contro l’umanità, ha riscontrato prove sufficienti per l’accusa di omicidio come crimine contro l’umanità.

La reazione di Israele

La decisione della CPI è stata duramente criticata dal presidente israeliano Isaac Herzog, che l’ha definita un “giorno buio per la giustizia e l’umanità”. Secondo Herzog, la decisione è “presa in malafede” e rappresenta una distorsione della giustizia internazionale.

Il presidente ha anche evidenziato che:

  • La corte “ignora la difficile situazione degli ostaggi israeliani” detenuti da Hamas.
  • Non considera l’uso di civili come scudi umani da parte di Hamas.
  • Trascura il diritto di Israele a difendersi dopo l’attacco subito.

Herzog ha inoltre accusato la CPI di schierarsi con il terrore anziché con la democrazia e la libertà, sottolineando il rischio di destabilizzazione regionale causato dall’”impero iraniano del male”.

Le implicazioni della decisione

La decisione della CPI ha messo in discussione il delicato equilibrio tra il diritto internazionale e la sovranità nazionale. Da un lato, le accuse sottolineano presunte violazioni del diritto umanitario internazionale; dall’altro, il governo israeliano sostiene che la corte stia ignorando le circostanze che hanno portato al conflitto, come gli attacchi subiti e la necessità di difesa.

Questo mandato di arresto solleva interrogativi su come le istituzioni internazionali possano bilanciare il perseguimento della giustizia con il riconoscimento delle complessità dei conflitti moderni.

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Spagna, imprenditore sotto inchiesta denuncia: diedi 350mila euro a ministro e consulente

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L’imprenditore Victor de Aldama (nella foto col premier, che non è sotto accusa in questa inchiesta), uno dei principali accusati della rete di corruzione e tangenti al centro dell’inchiesta nota come ‘caso Koldo’, ha tentato oggi di coinvolgere numerosi esponenti dell’esecutivo, mentre il Psoe ha annunciato azioni legali per diffamazione. In dichiarazioni spontanee oggi davanti al giudice dell’Audiencia Nacional titolare dell’indagine, de Aldama ha segnalato anche il premier Pedro Sanchez, che a suo dire lo avrebbe ringraziato personalmente per la gestione che stava realizzando a favore di imprese spagnole in Messico, della quale “lo tenevano informato”, secondo fonti giuridiche presenti all’interrogatorio citate da vari media, fra i quali El Pais e Tve.

Al punto che lo stesso presidente avrebbe chiesto di conoscerlo, per ringraziarlo, in un incontro che – a detta dell’imprenditore, presidente del club Zamora CF e in carcere preventivo per altra causa – avvenne nel febbraio 2019 nel quartiere madrileno di La Latina, durante un meeting socialista. Un incontro che sarebbe documentato nella fotografia con Pedro Sanchez, pubblicata da El Mundo il 3 novembre scorso. Il presunto tangentista avrebbe sostenuto che Koldo Garcia, da cui deriva il nome del ‘caso Koldo’, divenne consulente dell’ex ministro dei Trasporti, José Luis Abalos, per decisione dello stesso Sanchez. Avrebbe sostenuto, inoltre, di aver consegnato tangenti per 250.000 euro ad Abalos e per 100.000 euro Koldo Garcia, arrivando a dire “io non sono la banca di Spagna, state esagerando”, secondo le fonti citate.

La rete di corruzione si sarebbe avvalsa dell’ex segretario di organizzazione del Psoe, Santos Cerdàn, al quale Aldama sostiene di aver consegnato una busta con 15.000 euro. Il tangentista avrebbe affermato anche si essersi riunito in varie occasioni con la ministra Teresa Ribera, per un presunto progetto di trasformazione di zone della Spagna disabitata in parchi tematici, secondo fonti giuridiche citate da radio Cadena ser. Un progetto al quale avrebbe partecipato anche Javier Hidalgo, Ceo di Globalia e al quale fu presente, in almeno una riunione, Begona Gomez, moglie di Pedro Sanchez. Fonti governative, riportate da Cadena Ser, definiscono un cumulo di menzogne le dichiarazioni di Aldana, che “non ha alcuna credibilità” ed è in carcere preventivo, per cui punterebbe a ottenere un trattamento favorevole in una prevedibile condanna.

“Il presidente del governo non ha né ha avuto alcuna relazione” con Aldama, segnalano le fonti. “Tutto quello che dice è totalmente falso”, ha dichiarato da parte sua ai cronisti Santos Cerdàn, “Questo signore non ha alcuna credibilità, sta tentando di salvarsi dal carcere. Non ha alcuna relazione con il presidente del governo, io non ho ricevuto mai denaro da lui e non lo conosco”, ha aggiunto l’esponente socialista, annunciando azioni .giudiziarie. Lo stesso ha fatto il portavoce parlamentare del Psoe, Patxi Lopez, che ha confermato “azioni legali” del partito della rosa nel pugno “perché la giustizia chiarisca tutte queste menzogne”.

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